Si occupa di risk management bancario, con esperienze maturate nel credito, nella finanza e nel trading su derivati. È attivo come blogger e collabora in report sull'economia italiana; come ricercatore indipendente è autore di articoli e paper in ambito economico e monetario. Il suo interesse per l'economia nasce con il crollo dello SME, cui seguono studi formali in materia. Dal 2006 rivolge particolare attenzione alla Scuola Austriaca sostenendone, non acriticamente, la diffusione. Fra i suoi interessi: i rapporti tra conoscenza economia e cultura, ordine economico e libertà individuale, Central Banking e concorrenza monetaria.
Si sta facendo strada l'idea che, per quanto la “debolezza” dell'euro possa essere uno stimolo all'export, l'importanza di tale stimolo vada a ridursi fino a livelli addirittura trascurabili.
L'idea in sé ha alcune ragioni che sono state raccontate anche da Paolo Bricco sul Sole 24 Ore del 1 aprile (“Opportunità per gli investimenti. Impatto ancora limitato sull’export”). In termini semplici, ci stiamo muovendo verso gradi maggiori di apertura, importando quote sempre maggiori di materie e semilavorati da aree economiche (e valutarie) a cui sarà poi diretto l’export della produzione conseguente. I vantaggi all'export...
Nel post precedente ho avviato un percorso logico di valutazione del rendimento delle emissioni obbligazionarie (elenco variegato comprendente i famosi o famigerati bond subordinati) delle quattro banche su cui il Governo è intervenuto con il decreto Salva-Banche a fine dicembre scorso, che ho chiamato sinteticamente le “Bad4”. Dopo aver visto che tutto sommato le emissioni obbligazionarie delle “Bad4” non si allontanano troppo dalla media del settore, ho fatto notare la generale tendenza al ribasso, e suggerito che, se c'è una variabile che coinvolge tutto il mercato, questa è la politica monetaria. Riparto da qui.
La...
Una delle regole fondamentali della finanza è che a maggior rischio deve corrispondere maggior rendimento e viceversa (anche se un oggettivo prezzo del rischio non esiste). Finché tutto va bene, nessuno si preoccupa. Quando le cose vanno male, ad esempio quando una banca “salta”, chi ci rimette i soldi comincia a riflettere se il gioco sia valso la candela. Non a caso qualcuno ha rifiutato di sentirsi chiamato “speculatore” per aver sottoscritto un subordinato di Banca Etruria che rendeva il 2%. Bene, siamo certi che il rischio di certi prodotti non sia adeguatamente compensato? E se è così, la colpa è solo dell'emittente e...
La questione dei famosi subordinati azzerati è ormai indirizzata verso una soluzione politica (un fondo con cui rimborsare alcuni obbligazionisti selezionati in base a criteri politici di “sensibilità”). Resta da vedere cosa discenderà dalla via giudiziaria, ché accanto ai casi clamorosi mi aspetto una ampia gamma di gradazioni di “sprovveduti speculatori”. Parallela corre l'indagine sulle origini dei dissesti, la mala gestio che ha reso l'attivo delle banche tanto fragile da portarle al default. Da qui, secondo la narrazione comune, le conseguenze negative sul passivo delle banche.
Ma il nesso causale può essere visto anche...
Diciamolo, il limite all'uso del contante è solo una scocciatura tra le tante per chi è deciso ad evadere. E può semplicemente essere al netto un freno alle transazioni. Alzare il limite da € 1.000 a € 3.000, in ogni caso, non scioglie l'impostazione sudamericana della politica italiana, ed il confronto europeo resta impietoso (parlo del confronto con i Paesi più esemplari, non con la Grecia che può essere un “modello” eventualmente solo per gli estimatori di Chavez). D'altra parte finché la politica si balocca sui possibili strumenti di evasione invece che sulle cause, questo è il massimo che possiamo...
A settembre la BCE ha pubblicato il working paper di Adam e Zhu “Price level changes and the redistribution of nominal wealth across the euro area". In effetti il paper racconta anche qualcosa in più in merito ai rapporti con il resto del mondo, alla disomogeneità interna dell'Europa, ed al peso della “storia inflazionistica” dei Paesi membri.
La logica è in sé perfino banale: il creditore si avvantaggia della deflazione e subisce come un danno l'inflazione; viceversa il debitore. Capito chi è cosa, è immediato capire chi e quanto perde/guadagna a seguito di un movimento uniforme di tutti i prezzi. Il paper tralascia i...
Una delle prime cose che si imparano nei corsi di politica economica è che davanti a n obiettivi si deve disporre di almeno n strumenti. L'esempio classico è dato dagli obiettivi di crescita economica e stabilità dei prezzi, da perseguire separatamente attraverso le politiche fiscale e monetaria: la sola politica monetaria dovrebbe “allentarsi” per stimolare l'economia, creando però tensioni sui prezzi, ed allo stesso tempo “restringersi” a fini di stabilità monetaria, frenando però l'economia. Da qui segue un'ampia letteratura sul coordinamento di politiche monetarie e fiscali.
Per molti versi anche l'Unione Europea può...
L'Unione Europea e la sua moneta sono prodotto del pensiero di Hayek? Per qualcuno sì. D'altra parte c'è chi si lamenta di vivere in un mondo ed ancor di più in una Italia prede del liberismo (o neoliberismo, perché allungare le parole ne incrementa la solennità), si può veramente dire di tutto.
Né Hayek né la sua nemesi Keynes hanno potuto esprimersi sull'argomento, quindi chiunque può lanciarsi in esegesi ed estrapolazioni per tirare il pensiero di questo o quello dalla parte che più gli conviene. Detto questo, resta comunque molto difficile imputare ad Hayek la paternità di questo mostro burocratico votato all'accentramento...
Sembra che per la Grecia qualsiasi scenario sia possibile, dalla capitolazione ai piedi dell’euro alla risurrezione della dracma. Una sorta di via di mezzo è la doppia circolazione di euro e dracma, ipotesi che potremmo vedere in nuce già se la Grecia in default si trovasse “costretta” ad emettere propri “assegnati” a fianco della circolazione di euro ormai razionato.
Questa via di mezzo prevede una circolazione solo domestica della dracma (a stampa greca) in modo da risolvere le problematiche di tesoreria e solvibilità della Grecia senza rinunciare alla UE e all’euro (a stampa europea). D’altra parte il desiderio di una...
La vicenda sui tassi di cambio cui sono state protagoniste Citigroup, JP Morgan, Barclays, RBS, UBS e Bank of America è certamente una brutta storia, ma serve più come trama per un film (“The Wolf of the Cartel”) che per filosofeggiare su etica, finanza ed amenità regolatorie come fa la stampa italiana.
Il tema è stato affrontato più ragionevolmente, ad esempio, sul Financial Times lo scorso 20 maggio: la “manipolazione” sui cambi era costituita dalla “applicazione di 'forti mark-up' ai prezzi senza che i clienti ne fossero a conoscenza”; le banche – in specie Barclays – hanno “rivelato alla concorrenza...