categoria: Res Publica
Strage di Bologna, l’importanza della memoria per una migliore civile convivenza
Quando entro all’Archivio Storico dello Stato all’Eur o all’Archivio Storico della Banca d’Italia per compiere alcune ricerche sento di svolgere una funzione importante: approfondire e scavare nel passato per illuminare il presente. Così oggi, 2 agosto, è importante ricordare la strage di Bologna di 37 anni fa, che causò la morte di 85 persone e più di duecento feriti. Secondo la sentenza definitiva della Corte di Cassazione del 23 novembre 1995, gli esecutori materiali della strage sono membri apicali dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR, gruppo della destra eversiva) come Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. La dinamica e i mandanti, nonostante i processi e le condanne, non sono mai stati chiariti.
Michele Sasso sull’Espresso ha così raccontato: «È un sabato quel 2 agosto di 36 anni fa. Le ferie estive che svuotano le città del Nord sono appena iniziate. Chi ha scelto il treno deve passare necessariamente per Bologna, scalo-cerniera per raggiungere l’Adriatico o puntare verso Roma. La stazione è affollatissima dalle prime ore del mattino. I voli low cost arriveranno solo trent’anni dopo. Alle 10 e 25 però il tempo si ferma: 23 chili di tritolo esplodono nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria. Le lancette del grande orologio, ancora oggi, segnano quel tempo e quella stagione di morte e misteri. Un boato, sentito in ogni angolo della la città, squarcia l’aria. Crolla l’ala sinistra dell’edificio: della sala d’aspetto di seconda classe, del ristorante, degli uffici del primo piano non resta più nulla. Una valanga di macerie si abbatte anche sul treno Ancona-Basilea, fermo sul primo binario. Pochi interminabili istanti: uomini, donne e bambini restano schiacciati. La polvere e il sangue si mischiano allo stupore, alla disperazione e alla rabbia. Tanta rabbia per quell’attentato così mostruoso e vile che prende di mira turisti, pendolari, ferrovieri. Perché nessuno anche in quei primi istanti ha mai dubitato sulla matrice terroristica della strage: l’odore dell’esplosivo era inconfondibile». Ricordo ancora le drammatiche immagini degli autobus trasformati in ambulanze, la disperazione ai funerali del presidente Sandro Pertini.
Eugenio Scalfari, il giorno dopo la strage di Bologna, scrisse: «Sin dall’inizio, un elemento era apparso chiaro: la strage portava il timbro tipico dell’attentato nero, del massacro indiscriminato che non ha altro obiettivo fuorché quello di destabilizzare la struttura civile del paese, esasperare gli animi, gettare nella confusione gli apparati dello Stato, diffondere disperazione e frustrazione» (Un demonio manovra questa follia, (in «La Repubblica», 3 agosto 1980).
E’ doveroso ricordare la piccola Angela Fresu, tre anni ancora da compiere, la più piccola delle vittime della strage di Bologna. Il cadavere della madre di Angela, Maria Fresu, ventiquattro anni, non venne trovato. Solo alcuni mesi dopo fu rinvenuto un brandello del suo corpo sotto un treno. Probabilmente la donna si trovava in sala d’aspetto sopra la bomba che la disintegrò.
Oggi Angela Fresu sarebbe vicina a compiere 40 anni. Quale lavoro avrebbe intrapreso Angela? A me piace immaginarla come insegnante in una scuola media, paziente con i ragazzi, desiderosa di trasmettere il suo sapere alle nuove generazioni, ansiose di futuro.
Come ha scritto di recente Marco Vitale «l’esercizio della memoria è fondamentale per l’uomo, per il processo di civilizzazione, per la vita e lo sviluppo delle comunità, per la ricerca della propria identità individuale e collettiva». Dispiace vedere quanto ostracismo si stia sviluppando nella nostra cultura nei confronti della storia. Anche nelle scuole di economia aziendale la componente storica è in via di esaurimento. La stessa storia economica, secondo la testimonianza autorevole di Giuseppe Berta, non se la passa bene.
Lo storico francese Max Gallo appena scomparso diceva: «Scrivo affinchè i morti non siano seppelliti dall’oblio». Ebbene, anche in uno spazio come Econopoly – che ha come payoff “numeri idee e progetti per il futuro” – si deve avere la consapevolezza che «il futuro ha un cuore antico» (Carlo Levi, cit.), che per una miglior civile convivenza e per il progresso economico il ricordo è fondamentale.
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