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L’Eurobond è morto, viva l’Eurobond
L’attività finanziaria sicura, il cosiddetto safe asset, rappresenta all’interno di qualsiasi sistema finanziario un elemento di determinante importanza per il suo funzionamento, non solo per la capacità di essere in ogni momento liquidabile, o per essere il più sicuro strumento di trasferimento di ricchezza nel tempo, ma per il fatto di avere un rendimento inversamente correlato all’avversione al rischio presente nel sistema. Maggiore l’avversione al rischio, maggiore il valore del safe asset (e quindi minore il suo rendimento) che rappresenta così l’ancora di sicurezza alla quale aggrapparsi quando tutto sembra crollare.
Nella zona euro, prima della grande crisi finanziaria del 2008, i titoli di Stato dei singoli Paesi membri erano percepiti dal mercato come le attività sicure dell’intera area. Ogni singolo Stato poteva collocare sul mercato i propri titoli a tassi d’interesse sostanzialmente identici agli altri. La finzione che un titolo di Stato greco potesse avere lo stesso rendimento del titolo di Stato tedesco è stata però intaccata con la crisi del 2008 ed è poi definitivamente caduta con la dichiarazione di Deauville dell’ottobre 2010. Fino a Deauville la narrativa presentata al mercato era che non vi fosse alcuna “necessità, probabilità, o anche desiderabilità“ di ristrutturare qualsiasi debito sovrano della zona euro. Dopo Deauville, dopo che è stato ufficialmente dichiarato che il debito greco doveva essere ristrutturato, la zona euro non è stata più quella precedente. Si è attivato infatti quel doom-loop tra crisi bancaria e del debito sovrano che ha portato ad un passo dall’esplosione della zona euro.
Evitato il cataclisma finanziario si è poi raggiunto un equilibrio differente rispetto a prima, che in parte ricalca la situazione ante-euro: l’attività sicura dell’intera zona è ritornata ad essere il titolo di Stato tedesco. I titoli degli altri Paesi membri hanno rendimenti differenti rispetto a quello tedesco in funzione di quanto è il rischio percepito. Questa situazione, che può sembrare naturale dato il diverso livello di rischiosità dei singoli debiti sovrani, rappresenta però, se valutata in funzione della partecipazione dei singoli Stati ad un’unione monetaria, un equilibrio instabile allo stesso modo di quello precedente il 2008.
Per capire l’instabilità della situazione attuale si può far riferimento al cosiddetto “trilemma della sicurezza della zona euro” (fig.1) presentato in un recente working paper dell’ESRB (Comitato europeo per il rischio sistemico).
Fig.1 Safety trilemma of the eurozone. Trilemma della sicurezza della zona euro. Tratto da Ad van Riet (2017), “Addressing the safety trilemma: a safe sovereign asset for the Eurozone”, ESRB Working paper series, No.35
Secondo questo trilemma non si può avere contemporaneamente la stabilità finanziaria dell’area euro, libertà di circolazione dei capitali, e safe asset nazionali. Solo due delle tre opzioni possono essere contemporaneamente soddisfatte e se la scelta vuole essere quella della conservazione della moneta unica (e pertanto la libera circolazione dei capitali e la stabilità finanziaria) deve essere necessariamente trovato uno strumento sovranazionale che funzioni da safe asset.
Al momento quello strumento è rappresentato dalle riserve della BCE, emesse in larga quantità nell’ambito dei vari interventi compiuti in questi anni. Le riserve della Banca Centrale Europea però sono acquisibili soltanto dalle istituzioni finanziarie che partecipano all’Eurosistema. Istituzioni estere o non finanziarie (quali ad esempio i fondi pensione e le assicurazioni) non vi hanno accesso. La funzione di safe asset per tutti i soggetti che non hanno accesso alle riserve di banca centrale è, come detto, svolta essenzialmente dal titolo di Stato tedesco. In questa situazione, se dovesse presentarsi una nuova crisi finanziaria, è estremamente probabile che si riaccendano gli stessi flussi transfrontalieri che hanno portato ad un passo dalla distruzione il sistema della moneta unica.
Ci dobbiamo pertanto chiedere in quale modo può essere risolto il trilemma della sicurezza affinché possa essere superato l’equilibrio instabile raggiunto.
Il trilemma della sicurezza viene risolto, in maniera più logica, introducendo un’entità fiscale sovranazionale che emetta titoli di credito. Un’unica entità sovranazionale che accentri specifiche funzioni fiscali di tassazione e spesa e che emetta titoli governativi sovranazionali risolverebbe sia il problema della mancanza di uno strumento di assorbimento degli shock asimmetrici all’interno dell’area euro, sia il problema della mancanza di un safe asset comune. Questo tipo di soluzione, che viene generalmente inquadrata con la formula di Unione fiscale e Eurobond, è non solo improbabile nelle condizioni attuali, ma anche profondamente antistorica.
Allora cosa fare?
Tra i vari strumenti presentati, due sono quelli verso i quali si vanno concentrando i maggiori sforzi di implementazione: i Blue Bond/Red Bond e gli European Safe Bond.
La prima soluzione, presentata originariamente dal think tank Bruegel, si basa sul segmentare i titoli di Stato emessi da ciascun Paese in due parti. Una prima parte, cosiddetta blu, sarà la parte più sicura del debito pubblico, quella che può essere ristrutturata solo dopo che l’altra parte, quella rossa, sia stata completamente azzerata. In questo modo, con una tranche rossa sufficientemente grande, si mette al riparo gli investitori da perdite sulla parte blu.
Il principale problema riguarda il fatto che non tutti i debiti pubblici possono essere trattati e segmentati allo stesso modo. Se per i titoli di stato tedeschi e degli altri Paesi con rating AAA si possono avere tranche senior sufficientemente ampie, pari alla quasi totalità del debito, per quanto riguarda Paesi con rating più bassi, quale ad esempio l’Italia, si stima che la tranche senior non possa esser più grande del 20-25% dell’intero stock del debito. Inoltre, rimanendo una differenziazione nazionale degli emittenti, rimane sempre aperta la porta alla possibilità che, in casi di particolare stress finanziario, le varie tranche senior nazionali possano essere percepite dal mercato come differentemente rischiose, dando luogo ad una situazione analoga a quella 2011.
Per ovviare a tali problematiche sta ricevendo particolare attenzione la proposta dei cosiddetti European Safe Bond (ESBies). Originariamente presentata nel 2011 in un working paper da nove economisti raggruppati sotto la sigla Euro-nomics Group, lo studio sulla fattibilità di questa tipologia di bond interessa ormai le principali istituzioni comunitarie, BCE e ESBR in testa. Il principio che sta alla base di questi bond è abbastanza semplice ed è lo stesso delle numerose emissioni di titoli CDO (fig.2).
Fig 2. Schema di bilancio dell’entità emittente European Safe Bonds (ESBies) e European Junior Bonds (EJBies). Tratto da Brunnermeier, M.K., S. Langfield, M. Pagano, R. Reis, S. van Nieuwerburgh and D. Vayanos (2016), “ESBies: Safety in the tranches”, ESRB Working Paper series, No. 21
Si prevede di utilizzare un’entità esistente, o di nuova creazione, che si occupi di comperare i titoli di Stato dei Paesi membri secondo quote per nazionalità e limiti di ammontare predefiniti. I titoli così acquisiti faranno da collaterale alle sue passività, distinte in passività senior, European Safe Bond (ESBies), i nuovi safe asset comuni della zona euro, e passività junior, European Junior Bond (EJBies), quelle che per prime assorbiranno le eventuali perdite nel caso si verifichino una o più ristrutturazioni di debiti sovrani.
Dai calcoli fatti dal gruppo di economisti, una tranche junior del 30% renderebbe la parte senior più sicura del titolo di Stato tedesco, ma con un ammontare in circolazione ben più elevato. La tranche junior viceversa avrebbe una rischiosità di poco superiore a quella delle singole tranche junior nazionali di Italia e Spagna.
Tralasciando alcune debolezze che lo strumento presenta relativamente al fatto di avere un ammontare di titoli di Stato fisso e prestabilito da acquisire (non legato quindi all’effettiva domanda di safe asset), oltre al fatto di ridurre la liquidità dei titoli di Stato di alcuni Paesi, il principale problema che può incontrare la sua adozione è essenzialmente di natura politica, rappresentando una forma di condivisione del rischio, anche se in forma molto modesta rispetto a quella dei cosiddetti “Eurobond”, che ha già sollevato preoccupazioni da parte tedesca.
La strada sembra però tracciata. Gli organismi europei sanno benissimo che le parole del 2012 – “la BCE è pronta a fare tutto il necessario per preservare l’euro” – possono avere un senso ed una effettiva credibilità solo se viene risolto il trilemma della sicurezza dotando la zona euro di un safe asset sovranazionale.
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