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E adesso la Germania cresce solo grazie alla domanda interna
Le ultime rilevazioni dell’istituto tedesco di statistica, relative ai dati di import ed export a novembre 2016, mostrano che l’uno e l’altro sono in crescita rispetto a novembre 2015 rispettivamente del 3,5 e del 3,9%, dopo gli aggiustamenti stagionali e del calendario, con il saldo commerciale mensile sostanzialmente stabile intorno ai 20-21 miliardi. In valore il dato dell’import gennaio-novembre è praticamente immutato (875,9 miliardi nel 2016 a fronte degli 876 del 2015) e quello dell’export lievemente in crescita (da 1.101 a 1.110). Ma in generale sembra confermato il trend di stabilizzazione del commercio estero tedesco, che gli osservatori giudicano sempre meno propulsivo, se non addirittura recessivo, per la crescita del prodotto. A spingere l’economia tedesca, insomma, è sempre più la domanda interna e sempre meno il commercio estero.
Tale tendenza viene sottolineata anche da uno studio recente di Deutsche Bank che sottolinea come la buona forma domestica tedesca abbia permesso, nel 2016, all’economia di attraversare senza troppi scossoni il sostanziale dimezzamento del commercio internazionale, ossia una delle voci storicamente propulsive per crescita tedesca. “L’economia – scrive DB – è stata capace di gestire il calo crescente del commercio internazionale, che si è più che dimezzato di nuovo nel 2016 in termini reali”. Un andamento che si spiega con tante ragioni, ma soprattutto col grande impatto provocato dal calo della domanda statunitense. Questo grafico, che mostra le componenti del Pil tedesco, mostra infatti con chiarezza come l’export abbia dato un contributo negativo alla crescita nel 2016 e lo dovrebbe dare anche nel 2017.
Ciò malgrado nell’anno appena trascorso l’economia è cresciuta sostanzialmente in linea col passato. DB stima che il Pil 2016 si collocherà intorno al 2%, dopo l’1,6 e l’1,7 dei due anni precedenti. E tale risultato si deve proprio “alla crescita robusta della domanda domestica”, incentivata da alcuni fattori temporanei, a cominciare dalle retribuzioni reali cresciute di più grazie all’inflazione bassa, circostanza quest’ultima che i dati recenti sui prezzi al consumo indicano come giunta al termine. In ogni caso, questa congiuntura favorevole ha promosso la crescita del consumo privato, aumentato del 2% nel 2016, che, sommandosi al +4% del consumo pubblico ha dato un bel calcione alla crescita dell’economia, compensando la congiuntura negativa della domanda estera, cresciuta solo del 2% a fronte del 5% del 2015. Va ricordato che il grosso della spesa pubblica è dovuta alle necessità dei rifugiati, che ha provocato un aumento della domanda del governo persino superiore a quella che si registrò durante la crisi finanziaria. Un aiuto considerevole è arrivato anche dall’industria delle costruzioni, godendo la Germania di un boom immobiliare che ormai dura da qualche anno.
Le prospettive di domanda estera, ulteriormente incupite dopo le elezioni di Trump e il forte spirare di venti protezionisti, rischiano di annebbiare anche l’anno nuovo, con la complicazione che le aspettative delle imprese, peggiorate dall’incertezza, rischiano di avere ripercussioni sugli investimenti in macchinari e attrezzature, che com’è noto impattano sulla costruzione del Pil. Non a caso nelle previsioni sia l’export netto che gli investimenti si ipotizza contribuiranno negativamente alla cresciuta del Pil. Per questo che DB vede un 2017 con crescita in calo, fra l’1,4 e l’1,8, anche in considerazione dell’esaurirsi di alcuni fattori stagionali. In teoria, per bilanciare il venir meno di questi fattori, il paese dovrebbe continuare a spendere, puntando sempre più sulla domanda interna invece che su quella estera. Facile a dirsi. Riuscire è un altro paio di maniche.
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