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Un’altra divergenza fra Usa e Ue: quella del mercato del lavoro
Sempre più avviate su strade economiche diverse, viene da chiedersi se le numerose divergenze che si stanno sviluppando fra Usa e Ue non finiscano con l’alimentare le pulsioni de-globalizzanti che ormai attraversano i due continenti e che si manifestano in tanti modi, ad esempio col notevole rallentamento del commercio internazionale. Una globalizzazione che crea economie divergenti, insomma, nega in qualche modo se stessa. E i politici, prima o poi, dovranno tenerne conto.
I fatti per ora ci dicono che alla crescente divergenza monetaria fra Usa e Ue, che in qualche modo ne ha generata un’altra nei settori bancari delle due aree, adesso se ne è aggiunta una ulteriore, che stavolta insiste nel segmento più sensibile della cosiddetta economia reale: il mercato del lavoro, che non vuol dire solo occupazione, ma anche produttività e distribuzione degli occupati nei settori produttivi.
Il fenomeno è meritevole di osservazione, tanto è vero che la Bce ne ha fatto oggetto di un approfondimento nel suo ultimo bollettino economico. I numeri sono ben riepilogati da questo grafico.
E potremmo sintetizzarli così: negli Usa è andata peggio durante la recessione, ma è andata meglio dopo. Adesso l’occupazione è più alta che nel 2007, al contrario di quanto accade nell’EZ, dove è più bassa. Per dirla con le parole della Bce, “in relazione al Pil, negli Stati Uniti il calo dell’occupazione durante la crisi è stato molto maggiore e la ripresa alquanto più sostenuta che nell’area dell’euro”.
Ma non solo, perché “negli Stati Uniti la crescita dell’occupazione rispetto al Pil è stata proporzionalmente maggiore che nell’area dell’euro anche durante la ripresa”. Si potrebbe liquidare questa divergenza col solito argomento che il mercato del lavoro Usa è assai più flessibile di quello medio dell’eurozona. E in parte può essere una spiegazione. Ma un’analisi più attenta a come, al di là degli indici, si sia distribuito nelle due economie l’aumento dell’occupazione, ci dice molto di più.
Un altro grafico mostra ad esempio che negli Usa il settore trasporti e commercio, dove si sono concentrati i maggiori aumenti occupazionali, ha assorbito molta più occupazione che nell’EZ che, al contrario, ha occupato più lavoro nel settore servizi alle imprese. Nell’area dell’euro, inoltre, il settore servizi non di mercato, nel quale ricadono la pubblica amministrazione sanità e istruzione, ha creato lavoro assai più che negli Usa ove, per converso, l’industria (escluse le costruzioni) ha creato più lavoro che in Europa.
Altra divergenza si osserva nell’industria delle costruzioni, che negli Usa ha originato circa il 15% dell’aumento dell’occupazione, nell’EZ è praticamente marginale. Questa scomposizione in settori, caratterizzati ognuno da diversi livelli di capacità produttiva, spiega bene anche l’altra divergenza che si rileva fra Usa e Ue all’indomani della crisi: quella dell’andamento della produttività, che si può osservare in quest’altro grafico.
È rimarchevole la circostanza che prima della crisi le curve della produttività avessero andamenti simili. “Il calo dei livelli di produttività a seguito della crisi è stato piuttosto pronunciato nell’area dell’euro, ma marginale e di breve durata negli Stati Uniti”, osserva la Bce. Quanto all’EZ “la produttività – nonostante la considerevole ripresa – rimane pressoché stagnante sui livelli antecedenti la crisi”.
In comune, Usa e Ue, hanno la circostanza che “la crescita della produttività ha registrato un calo pronunciato in entrambe le economie rispetto alle medie pre‑crisi”. “Tali rallentamenti – spiega la Bce – riflettono in parte la tendenza verso una crescita dell‘occupazione rispetto a quella del PIL superiore che nel periodo pre‑crisi. Più in generale, rispecchiano una considerevole e generalizzata decelerazione della produttività intrasettoriale in tutti i settori economici sia nell’area dell’euro sia negli Stati Uniti”. In sostanza, l’aumento dell’occupazione genera meno prodotto di prima. Dipende forse dalla circostanza che sono aumentati i lavori a tempo parziale, o gli occupati in settori meno produttivi. Ma in ogni caso quel che conta è che la crisi ha segnato uno spartiacque. Da quel momento Usa e Ue hanno preso strade diverse. Anche sul lavoro.
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