categoria: Res Publica
L’innovazione e le imprese italiane nelle Considerazioni Finali di Visco
Sulla scrivania del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco è a portata di mano il volume di E. Brynjolfsson e A. McAfee “La nuova rivoluzione delle macchine. Lavoro e prosperità nell’era della tecnologia trionfante” (Feltrinelli, 2015), manifesto delle trasformazioni benefiche della tecnologia digitale, redatto da due autorevoli membri del Massachussetts Institute on Techology (Mit).
Visco nelle sue Considerazioni Finali – quest’anno per la prima volta anticipate rispetto alla naturale data del 31 maggio – è rimasto colpito dalle riflessioni dei due professori del Mit e torna spesso sul tema della tecnologia come imprescindibile fonte di crescita economica: “La politica monetaria da sola non può garantire una crescita economica duratura ed elevata. (…) Nel medio termine la creazione di nuovo reddito, nuova domanda e nuove opportunità di lavoro dovrà essere sostenuta da interventi e riforme volti, fin da ora, a innalzare la produttività e il potenziale di crescita. Il progresso tecnologico comporta una forte espansione delle attività che richiedono conoscenze elevate e nuove competenze”.
Sul fronte dell’innovazione, Visco non manca di criticare all’interno del sistema delle imprese, quelle meno disposte a investire nelle nuove tecnologie: “I risultati delle imprese più efficienti, che hanno aumentato le vendite sui mercati esteri, investito e realizzato innovazioni, contrastano con quelle di una parte considerevole del sistema produttivo, caratterizzata da una scarsa propensione a innovare e da strutture organizzative e gestionali più tradizionali”.
Esiste un ritardo italiano, “accentuato nei settori industriali a più elevato contenuto tecnologico”. Le imprese devono ripartire da qui; oltre a investire nella contabilità direzionale che consente immediatamente di avere sotto controllo l’andamento gestionale, devono investire per sviluppare attività innovative, anche con la collaborazione delle migliori università.
Il rischio che la tecnologia e l’innovazione distruggano posti di lavoro va mitigato tramite percorsi di riqualificazione e nel miglioramento dei livelli di istruzione e nelle competenze funzionali dei lavoratori (e studenti). Lord Kelvin, citato da McAfee, ha scritto: “Quando puoi misurare ciò di cui stai parlando, ed esprimerlo in numeri, ne sai qualcosa, ma quando non puoi esprimerlo in numeri il tuo sapere è misero e insoddisfacente”.
Visco ne è consapevole e scrive che “per migliorare i programmi di insegnamento, accrescerne la qualità e indirizzare le risorse dove sono più necessarie, non si può prescindere da una valutazione sistematica e approfondita dei servizi offerti e delle conoscenze acquisite”.
Il messaggio è certamente indirizzato al mondo della scuola per cui la valutazione è una variabile aleatoria e le prove Invalsi sono da boicottare. Se un fenomeno non viene misurato, significa che non ci interessa. Tutti gli insegnanti sono interessati alle conoscenze dei loro allievi? Non ci pare.
La chiusura delle Considerazioni Finali ricorda alcuni predecessori di Visco, come Donato Menichella – Governatore “del miracolo economico” – e Carlo Azeglio Ciampi, che ripetevano a piè sospinto l’espressione “Sta in noi”. L’italiano è invece bravissimo nel trovare scuse ed alibi per non agire, per continuare in modo inerziale, per non correggere i propri comportamenti non adeguati ai tempi.
Visco scrive che “sta a ciascun Stato membro (della UE, ndr) esercitare il proprio ruolo nell’interesse collettivo (…). Nel dibattito tra Paesi, talvolta difficile e teso, si fa meglio ad ascoltare chi dimostra di far bene a casa propria, di onorare appieno i propri impegni”.
La credibilità si guadagna con i risultati ottenuti, con la coerenza dei comportamenti, non con parole al vento. Se l’Italia agisce a favore del sistema economico attuando le riforme strutturali – su cui insiste Mario Draghi ogni volta che parla in pubblico – ne avrà solo da guadagnare nel consesso europeo.