Università, perché la tecnologia può ridurre le disuguaglianze

scritto da il 28 Aprile 2025

Post di Christian Drammis, CEO e fondatore di thefaculty – 

Negli ultimi dieci anni, l’università italiana ha visto mutare radicalmente il suo scenario, da un lato gli investimenti di oltre 2 miliardi[1] del PNRR nella digitalizzazione dimostrano che l’innovazione non è una novità improvvisa, ma una direzione strutturale.

Dall’altro proseguono la fuga di cervelli e le disuguaglianze territoriali. Secondo i dati Istat, su un milione di nostri connazionali espatriati tra il 2012 e il 2021, un quarto ha una laurea[2]. Inoltre, in regioni come Calabria, Sicilia e Campania più del 20% dei giovani tra i 18 e i 24 anni abbandona precocemente gli studi, con una media nazionale che si attesta al 12,7%, superiore a quella europea (9,6%)[3].

Personalizzare i percorsi e coinvolgere chi è rimasto indietro

Oggi, l’accesso all’istruzione accademica non è più solo una questione di merito o desiderio, ma una partita giocata tra opportunità e soprattutto orientamento. La tecnologia, in questo contesto, ha un ruolo fondamentale: mappare interessi, prevedere traiettorie, personalizzare i percorsi, coinvolgere chi è rimasto indietro.  Per realizzare tutto questo serve una visione chiara e una nuova cultura dell’orientamento equa, continua e centrata sullo studente.

Questa infrastruttura in espansione rischia infatti di rimanere distante, opaca, tecnocratica, se non viene accompagnata da una guida accessibile per chi si affaccia per la prima volta a questo mondo. Il vero nodo, infatti, non è solo ampliare l’offerta formativa, ma rendere ogni percorso comprensibile, navigabile, agibile. Oggi per uno studente scegliere l’università significa orientarsi tra centinaia di corsi, sigle, piani di studio, titoli e sbocchi lavorativi, spesso con informazioni frammentate o eccessivamente tecniche. La complessità, se non è mediata, si trasforma in esclusione.

tecnologia

La tecnologia deve essere uno strumento per l’inclusione, capace di adattarsi ai bisogni individuali e integrare il sistema educativo tradizionale (Designed by Freepik)

Per valorizzare ulteriormente l’investimento pubblico mirato a rendere le università più moderne e connesse al mercato del lavoro, occorre dare agli studenti una guida. La tecnologia, quindi, va resa cultura condivisa e tradotta in strumenti di orientamento accessibili, continuativi, capaci di tenere conto del background di ciascuno. Perché l’accesso alla conoscenza non può più essere un privilegio riservato a chi ha gli strumenti giusti in partenza ma deve diventare un diritto reale, operativo, quotidiano: questo diventa possibile costruendo con empatia progettuale, visione educativa e una regia sistemica che metta davvero al centro chi apprende.

Tecnologia: come renderla uno strumento utile per l’orientamento

Il settore EdTech sta crescendo anche in Italia, con l’adozione di strumenti digitali per la formazione, sia a scuola sia in università, e con applicazioni che vanno dal microlearning ai sistemi predittivi basati sull’intelligenza artificiale. Il PNRR ha destinato oltre 2 miliardi di euro[4] alla digitalizzazione della scuola, tra formazione dei docenti e infrastrutture. Ma la vera domanda è: come rendere questi strumenti utili anche per l’orientamento?

La tecnologia può mappare interessi, prevedere traiettorie, suggerire percorsi realistici. Può aiutare a trasformare l’orientamento da evento a processo, da presentazione PowerPoint a esperienza interattiva. Esistono già piattaforme, proprio come thefaculty, che oggi integrano simulazioni di test d’ingresso, microlearning, e gamification offrendo funzioni innovative per supportare studenti, università e scuole, con l’obiettivo di democratizzare l’istruzione, rendendo l’apprendimento accessibile a tutti, senza barriere economiche o sociali.

La tecnologia deve essere uno strumento per l’inclusione, capace di adattarsi ai bisogni individuali e integrare il sistema educativo tradizionale, trasformare i contenuti tradizionali in risorse coinvolgenti e quotidiane. L’obiettivo è costruire un’istruzione personalizzata e orientata al futuro. In un contesto in cui il capitale umano è sottoutilizzato e il disallineamento tra formazione e lavoro penalizza i giovani, è fondamentale investire in un orientamento intelligente e mirato.

L’orientamento non deve solo informare, ma anche coinvolgere

Uno dei concetti chiave che può rivoluzionare l’accesso agli studi è quello della gamification, ossia di usare le meccaniche del gioco per rendere l’apprendimento e l’orientamento più ingaggianti, misurabili, motivanti. La gamification permette agli studenti di apprendere in modo più coinvolgente e meno ansiogeno, grazie a feedback immediati, premi simbolici e sfide, stimolando curiosità ed esplorazione prima della performance. L’obiettivo principale è guidare i giovani attraverso esperienze formative digitali, di qualità, meglio se gratuite. Solo così si può costruire davvero un ponte tra scuole e università.

Simulazioni e percorsi adattivi per rivoluzionare l’orientamento

Proprio riguardo l’orientamento verso l’università, un’altra area di intervento è quella della preparazione ai test d’ingresso, dove le piattaforme digitali per l’orientamento degli studenti giocano un ruolo chiave attraverso percorsi personalizzati progettati per rafforzare l’abitudine allo studio e all’autovalutazione. Sono possibili simulazioni reali dei test di ammissione, con domande inedite e feedback immediati, così da monitorare in modo costante i propri progressi. L’approccio si fonda sul microlearning, con sessioni brevi e frequenti affiancate da approfondimenti strutturati, pensati per consolidare le conoscenze in modo efficace e per migliorare la capacità di autovalutazione, una delle skill fondamentali per chi si approccia al mondo dell’istruzione accademica. Anche gli Atenei e i docenti stessi ne traggono vantaggio, grazie a un contatto diretto con i futuri studenti facilitato dal digitale.

Una nuova infrastruttura per la mobilità sociale

L’università va pensata come un’infrastruttura nazionale di orientamento o il rischio è che i miliardi investiti in innovazione e ricerca non raggiungano il capitale umano che più ne avrebbe bisogno. Serve una visione in cui scuola, università, imprese e tecnologia collaborino per costruire un ecosistema in cui la scelta del proprio percorso sia davvero informata, continua e personalizzata. Dove l’orientamento sia parte integrante della didattica sin dalle scuole superiori e in cui le simulazioni, i percorsi adattivi, l’interazione “gamificata” non siano extra, ma standard.

La transizione digitale dell’istruzione non è più un’ipotesi, ma una realtà in movimento. Se sapremo governarla con responsabilità e visione, potremo finalmente trasformarla in ciò che davvero conta: una leva per ridurre le disuguaglianze, aumentare la mobilità sociale, e dare a ogni studente la possibilità di diventare ciò che ha il potenziale di essere.

[1] Piano Scuola 4.0

[2] Istat – Rapporto sulle migrazioni 2024

[3] Istat – Report livelli istruzione

[4] Piano Scuola 4.0