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Residenza fiscale all’estero: nuove regole, nuovi rischi


A cura di Roberto Manzi, consulente di Partner d’Impresa –
Le recenti modifiche legislative italiane in materia di residenza fiscale estera, introdotte con il Decreto Legislativo n. 209/2023 nell’ambito della Legge di Bilancio 2024, con successivi chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate tramite la circolare 20/E/2024 hanno comportato significativi cambiamenti per gli imprenditori che detengono la residenza fiscale all’estero.
La nuova normativa, infatti, ha cambiato i criteri di determinazione di quello che viene considerato come “domicilio” fiscale, spostando l’attenzione dagli interessi lavorativi ed economici ai legami affettivi, familiari e sociali del contribuente, i quali ora acquisiscono un peso maggiore.
In precedenza, l’iscrizione all’Aire (Anagrafe italiani Residenti all’Estero) e una presenza fisica all’estero per più di 183 giorni consecutivi, comprovata da documentazione, erano generalmente considerati come elementi sufficienti per dimostrare la non residenza fiscale nel nostro Paese. Tuttavia, le nuove disposizioni stabiliscono che l’iscrizione all’AIRE costituisce ora solo una presunzione relativa di perdita della residenza fiscale italiana; pertanto, il contribuente deve dimostrare anche l’assenza di legami significativi con l’Italia, come previsto dall’art. 43 del Codice Civile.
La residenza fiscale oggi quindi è primariamente intesa come il luogo delle relazioni familiari e personali, con una minore enfasi sulle relazioni economiche.
Paradosso: il divorzio per una maggiore serenità fiscale?
Il concetto di famiglia è ampio per l’Agenzia delle Entrate, includendo il coniuge o il convivente residente in Italia; i figli e l’unione civile ( ch viene equiparata al matrimonio). Avere moglie e figli in Italia, anche se non economicamente dipendenti, costituisce quindi un elemento di rischio. In caso di impossibilità di trasferire il coniuge all’estero il divorzio potrebbe essere considerato una soluzione per garantire maggiore serenità fiscale.
Anche il possesso di immobili in Italia può essere problematico se questi vengono utilizzati frequentemente o per lunghi periodi in specifici momenti dell’anno, testimoniando di fatto la presenza di legami affettivi nel nostro Paese, o se risultano essere caratterizzati da consumi elevati di energia e gas, indicando così la presenza in Italia non saltuaria. Analogamente, gli introiti derivanti dall’affitto e la gestione fiscale di immobili in Italia possono essere valutati negativamente se gli altri elementi che definiscono la residenza fiscale non sono soddisfacenti. Un uso sporadico dell’immobile con utenze a valori minimi o un affitto con spese tracciabili e coerenti con la propria residenza estera non crea invece difficoltà.

Le recenti modifiche legislative in materia di residenza fiscale all’estero hanno comportato significativi cambiamenti (Designed by Freepik)
Conviene disattivare le utenze non necessarie o utilizzare formule di utilizzo energetico a consumo ridotto. Se possibile, inoltre, sarebbe meglio evitare di mantenere veicoli immatricolati in Italia e registrare il loro utilizzo come occasionale e non abituale.
Consiglio: spostare attività economiche rilevanti nel Paese estero
Un altro aspetto considerato per l’assegnazione della residenza fiscale è il luogo in cui vengono svolte prevalentemente le attività lavorative ed economiche. Per controllare la coerenza di questi parametri il legislatore fa affidamento a indicatori di natura pratica, quali l’esistenza di contratti di affitto, la presenza del codice fiscale estero e i timbri sul passaporto, oltre alle verifiche dei movimenti bancari tra Italia ed estero. È quindi consigliabile spostare attività economiche rilevanti nel Paese estero (conti bancari, investimenti) e limitare l’uso di beni immobili o utenze quando non strettamente necessario.
Anche l’iscrizione a circoli culturali e sportivi in Italia può essere un elemento di valutazione. L’avere partecipazioni rilevanti in società italiane, soprattutto se si ricoprono ruoli attivi (ad esempio amministratore o socio operativo), può complicare la dimostrazione della residenza fiscale estera. Come risolvere questo aspetto in particolare? Bisogna valutare la possibilità di spostare gli investimenti e le partecipazioni a società nel Paese estero. Se non è possibile trasferirli, documentare che il ruolo svolto sia passivo (ad esempio quello di socio non operativo).
Conviene controllare i propri requisiti per essere in regola con la nuova normativa per non vedersi respingere la domanda di iscrizione all’AIRE in quanto, chi ha un’attività all’estero ma non è vi è iscritto rischia una multa da €200 a €1.000 per ogni anno di mancata iscrizione, fino a un massimo di 5 anni.
Come compilare regolarmente l’iscrizione all’Aire
Per una corretta iscrizione all’AIRE e per dimostrare l’effettivo trasferimento della residenza, è necessario presentare il modulo di iscrizione disponibile sul sito del Consolato Generale d’Italia nel Paese estero o sul portale FAST IT; copia del passaporto con relativi timbri di ingresso e uscita dal Paese; prove di residenza (come contratti di utenze registrate e visto rilasciato dal Paese ospitante); prova di attività lavorativa all’estero (se si è dipendenti un contratto di lavoro, se si è imprenditori o liberi professionisti una lettera di incarico professionale o una licenza commerciale).
Potrebbe essere richiesta la busta paga o l’estratto conto bancario per dimostrare le fonti di reddito. Sarà inoltre necessario dichiarare se famigliari e coniugi risiedono in Italia, se si hanno immobili utilizzati, affittati o non e se vi sono conti bancari con flussi di reddito rilevanti.