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Il crollo delle banche (italiane ed europee) che induce a gridare al complotto
Dall’inizio dell’anno Deutsche Bank perde il 32%, Credit Suisse 40,6%, Société Générale il 33,62%, le banche italiane nel complesso scendono pedissequamente – IntesaSanPaolo -19,65%, Unicredit -34% (prezzi del 15 febbraio alle 15.45) – ma c’è sempre qualcuno – più gonzo degli altri, che finge di non vedere, né sentire, e grida al complotto. Uno di questi è il capogruppo di Forza Italia alla Camera dei Deputati, Renato Brunetta, che si è lasciato prendere la mano: “Ancora una volta, l’attacco parte dal nord, dall’Europa tedesca. Parte con la volontà di colpire il nostro sistema bancario che in pancia ha una grossa quantità di titoli pubblici e rispetto a ciò abbiamo l’inerzia del governo: Renzi e Padoan non stanno facendo nulla”.
Che dire? Spesso stare in silenzio aiuta a non dire castronerie. Ad ogni modo, tornano in mente le lucide parole del governatore della Banca d’Italia Guido Carli: “Una delle eredità più persistenti della cultura autarchica, fascistica, è senza dubbio la sindrome del complotto internazionale. Quando gli squilibri interni raggiungono una dimensione tale da intaccare la fiducia, ecco che scatta questa mentalità difensiva, ecco il complotto internazionale, ecco comparire gli speculatori, i disertori, i pescecani che portano all’estero interi pezzi della ricchezza nazionale… La tesi che denuncia piani destabilizzanti, orditi da circoli occulti della finanza internazionale, dimostra come dal profondo della cultura italiana emerga un rifiuto istintivo per l’apertura dei mercati, per le regole della concorrenza, della libera impresa, il rifiuto del principio secondo cui il cittadino ha il diritto di esprimere un voto quotidiano sull’operato del governo, della classe politica, scegliendo se convogliare il proprio risparmio sui Titoli della Repubblica o su quelli di altri Stati” (Cinquant’anni di vita italiana, con Paolo Peluffo, Laterza, 1993).
Twitter @beniapiccone