categoria: Vicolo corto
Inefficienza e noia ci spaventano. Così va in crisi l’immaginazione


Post di Alessandro Meneghella, economista e consulente strategico in Disal Consulting –
L’idea di un principio sottostante alla genialità ha governato il pensiero umano per secoli, con teorie ed esperimenti tanto affascinanti quanto controversi.
I filosofi greci attribuivano questo tratto a un eccesso di bile nera, uno dei quattro umori corporei teorizzati da Ippocrate. I frenologi, pseudo-scienziati dell’800, mappavano il talento nelle protuberanze del cranio, misurando quelli di figure illustri – tra cui Immanuel Kant – nella speranza di trovare una correlazione tra la morfologia ossea e l’intelligenza. Nel ‘900 alcuni psicologi di Stanford cercarono un principio di causalità tra un elevato quoziente intellettivo e dei risultati fuori dal comune. Nonostante il fascino che questi tentativi possano generare, i loro risultati non riscuotono lo stesso successo: la genialità continua a sfuggire a qualsiasi classificazione.
Ci tocca quindi abbracciare un approccio empirico e cercare una risposta ripercorrendo alcuni “colpi di genio” del passato.
Democrito teorizzò l’esistenza degli atomi, osservando la materia e interrogandosi sulla possibilità di scomporla all’infinito. Scrutando il moto di sole, luna e stelle, Anassimandro intuì che se questi corpi giravano intorno alla terra allora quest’ultima doveva essere sospesa nel vuoto – una conclusione rivoluzionaria in un’epoca in cui si pensava che il nostro corpo celeste galleggiasse sopra un enorme oceano. Stanco delle prospettive tradizionali, Leonardo tracciò con precisione una mappa aerea di Imola, misurando ogni angolo della città e riportandolo su carta per crearne una veduta dall’alto.
L’immaginazione ancora prima della conoscenza
Al di là di epoche e contesti, sembrano esserci alcuni tratti comuni che legano questi personaggi: il desiderio di contemplare la realtà, la lucidità di trovare associazioni tra fenomeni apparentemente distinti tra loro e l’ambizione di sfidare le convinzioni precostituite per disegnare nuovi ordini di pensiero. Insomma, prima ancora della conoscenza, ciò che ha portato l’uomo a valicare le colonne d’Ercole del sapere sembra esser stata l’immaginazione.
Ma che fine ha fatto questa capacità in un Occidente che ha prediletto la ragione all’intuito, la rapidità alla profondità di pensiero? Viviamo in un periodo di crisi dell’immaginazione in cui non ci concediamo più il lusso di annoiarci, e soprattutto non sentiamo più il bisogno di chiederci perché.
L’incubo dell’inefficienza, il terrore della noia
Dalle aule scolastiche ai luoghi di lavoro, l’ossessione per la produttività ha reso il raggiungimento di KPI e misuratori di performance la nostra ragione di vita. Terrorizzati dal perder tempo ci mettiamo alla costante ricerca di motivi, più o meno importanti, per definirci impegnati.
Gli stessi momenti liberi, se presenti, vengono subito riempiti di attività che ci distraggono dall’inesorabile scorrere improduttivo delle lancette dell’orologio – i social media hanno trovato la fonte del loro successo in questo. Infetti dal virus dell’efficienza, abbiamo dichiarato guerra alla noia senza renderci conto che questo stato d’animo è stato il brodo primordiale che ha permesso ai grandi intellettuali di astrarsi dalla realtà, vagare con la mente e, in ultima istanza, innovare.

L’ossessione per la produttività ha reso il raggiungimento di KPI e misuratori di performance la nostra ragione di vita (Designed by Freepik)
L’illusione di conoscere, la pigrizia di chiedersi il perché delle cose
A venir meno non è solo il tempo da dedicare all’immaginazione, ma la volontà stessa di interrogarsi sulle cose del mondo, di cercare argomentazioni che vadano oltre quelle preconfezionate da articoli e podcast.
Come osserva il filosofo Byung-Chul Han ne “La crisi della narrazione”, quando leggiamo una notizia, nella maggior parte dei casi, riceviamo anche una spiegazione. È proprio la presenza di quest’ultima che limita fortemente il nostro desiderio di speculare sulle cause dietro un fenomeno. Se ciò a cui siamo esposti ci arriva già con una conclusione fatta e finita, allora, l’immaginazione perde la sua utilità; la propensione alla scoperta cessa di esistere se non c’è un’America verso cui tendere.
Ricapitolando: abbiamo eliminato le occasioni per pensare in maniera disinteressata e, nel farlo, abbiamo perso il desiderio di spingerci oltre ciò che ci illudiamo di sapere. Viviamo in un’enorme biblioteca di Alessandria in cui diamo per scontato che la risposta alle nostre domande sia lì, tra qualche scaffale digitale che puntualmente non consultiamo perché “impegnati” in altro.
Ma come invertire la rotta e rispolverare un’abilità tanto sottovalutata quanto fondamentale per il progresso umano?
L’immaginazione e il senso di meraviglia tipico dell’infanzia
Potremmo guardare al passato, come abbiamo fatto poc’anzi, per comprendere la genialità; ma la risposta potrebbe essere tanto più semplice quanto più vicina. Basta aprire l’album dei ricordi e tornare a uno specifico momento della nostra vita: l’infanzia.
Il “fanciullino” guarda la realtà con occhi stupiti e non ha paura di esprimere ciò che pensa, perché svincolato da strutture e convenzioni. Questo senso di meraviglia lo porta a generare idee e riflessioni mai elaborate prima. Integrare una simile mentalità nella nostra vita di adulti potrebbe essere la chiave per ottenere un’eterogeneità di prospettive e dar forma a mondi più belli e creativi.
Risvegliare il bambino che è in noi per ritrovare la genialità
È così che nasce il quartiere delle Coriandoline nella città di Correggio, un’intera area che sembra uscita dal sogno di un bambino – e in effetti, è così. Nel 1995 l’architetto Luca Pantaleoni e la pedagogista Laura Malvasi chiesero a circa 700 ragazzi di disegnare le case dei propri sogni. Nel 2008 quel sogno è diventato realtà, dando vita a un intero quartiere fatto di abitazioni colorate, scivoli al posto delle scale e finestre grandi per guardare la pioggia.
Insomma, nello stato catatonico dettato dal regresso digitale, risvegliare il bambino che è in noi potrebbe aiutarci a saltare tra uno scaffale e l’altro della nostra biblioteca, alla disinteressata ricerca di una domanda con cui passare la giornata. Perché come diceva Schopenhauer:
“Ogni genio è un gran fanciullo, già per il suo guardare al mondo come a un che di estraneo. Chi nella vita non resta per qualche verso un fanciullo e diventa invece un uomo serio, sobrio, posato e ragionevole, sarà certo un bravo e utile cittadino di questo mondo, ma un genio non sarà mai.”
Bibliografia
Han, B.-C. (2017). La crisi della narrazione (A. Manzoli, Trad.).
De Bono, E. (2010). Piccolo manuale di creatività. Il pensiero laterale per pensare fuori dal coro.
Rovelli, C. (2020). Buchi bianchi.
National Geographic. (2019, aprile 25). Genius: Genetics, intelligence, and creativity.
National Geographic. (2021, maggio 4). Creativity and the mental benefits of boredom.
Time. (2019, maggio 22). The benefits of boredom: Why doing nothing is good for your mind.
Il Tascabile. (2018, novembre 9). Il quartiere dei bambini: Le Coriandoline di Correggio.