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Immigrati e lavoro, il naufragio (tra Decreto flussi e Carta blu)
Post di Pietro Derossi, avvocato, responsabile del Team di Diritto dell’Immigrazione e Mobilità Globale presso Lexia –
Secondo i dati Istat, nel 2023 la popolazione italiana è diminuita di circa 250.000 unità rispetto all’anno precedente, con una proporzione di circa 1 nascita ogni 1,8 decessi, un trend che si riflette in una riduzione della forza lavoro giovanile. Conseguentemente, il numero di pensionati è aumentato, con un rapporto di circa 1,3 lavoratori per ogni pensionato, ben al di sotto della media europea.
Questo squilibrio demografico contribuisce alla carenza di manodopera, con una domanda di lavoratori che non trova adeguata risposta nel mercato interno. Tanto che secondo i dati rilasciati da Unioncamere e Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a novembre sono circa 205mila le ricerche di personale per cui le imprese dichiarano difficoltà di reperimento, pari al 47,9% del totale delle assunzioni in programma.
A fronte di questi dati, il Governo ha messo in atto delle misure che sembrerebbero volte ad attrarre maggiore forza lavoro straniera sia per professioni c.d. altamente qualificate, sia per mestieri più tecnici o manuali.
Vediamo cosa si è fatto e cosa ancora non funziona.
Il lavoro straniero altamente qualificato: numeri bassi e burocrazia inefficace
I dati mostrano che nel 2023, su un totale di circa 39.000 ingressi per lavoro, solo circa 7.000 riguardavano lavoratori altamente qualificati. Questo dato è particolarmente significativo, considerando che, a differenza del lavoro non qualificato, i lavoratori altamente qualificati non sono soggetti a limiti numerici annuali imposti dal Decreto flussi. In altre parole, pur non essendoci un limite per l’ingresso di professionisti altamente qualificati provenienti da paesi extra-UE, i numeri sono decisamente più bassi rispetto agli ingressi per lavori “non qualificati”.
La causa di questo paradosso va ricercata nei limiti procedurali che ostacolano l’ingresso di professionisti qualificati.
Carta blu europea: laurea o non laurea, che cosa succede
Ad esempio, tra le regolamentazioni più importanti in materia di manodopera qualificata straniera, vi è la disciplina della cosiddetta Carta Blu Europea, un permesso di soggiorno di matrice Europea rilasciato a cittadini extra UE che ricevano un’offerta di lavoro subordinato da parte di un datore di lavoro Italiano.
Originariamente, questo permesso di soggiorno era rilasciabile solo nei confronti di chi avesse almeno una laurea triennale. A partire dal 28 Marzo 2024, con la dichiarata intenzione di attrare più lavoratori qualificati dall’estero, la Carta blu è stata riformata ed è divenuta teoricamente accessibili anche da parte di chi, pur in assenza di un titolo di laurea, abbia un’esperienza professionale di almeno 5 anni “paragonabile” ad un titolo di laurea .
Tuttavia, l’assenza di criteri chiari su cosa significhi un’esperienza “paragonabile” crea una grande incertezza, che spesso scoraggia i datori di lavoro dall’investire investire mesi di tempo per la domanda di ingresso del lavoratore.
I tempi lunghi delle Prefetture
Già, perché i tempi sono lunghi: per legge la Prefettura ha fino a 90 giorni per decidere sulla domanda. In caso di esito positivo verrà rilasciato un nulla osta, con cui si potrà chiedere un visto, che il Consolato ha 30 giorni per rilasciare. Ottenuto il visto, il lavoratore può fare ingresso in Italia ma deve ancora ottenere un appuntamento con la Prefettura per la firma del cosiddetto contratto di soggiorno e il rilascio del codice fiscale. Considerando anche tutto il tempo necessario a preparare i documenti per presentare la domanda e dare avvio al procedimento.
In media, c’è quindi una tempistica di almeno 6 mesi prima che il lavoratore straniero possa iniziare a lavorare. Ma a volte va anche peggio, le Prefetture non rispettano il termine di 90 giorni e le domande rimangono nel cassetto per un anno prima che qualcuno le esamini, o vengono del tutto dimenticate. Non esistono rimedi efficaci contro questi ritardi.
L’incombenza della Carta blu, che complica la procedura
Un altro grosso limite procedurale risiede nell’onere di dimostrare l’indisponibilità di un lavoratore idoneo già presente in Italia attivando una ricerca con l’ufficio di collocamento provinciale. Questo prima di assumere un nuovo lavoratore dall’estero, attraverso una procedura formale con l’ufficio competente.
La norma ha carattere generale ma fino a marzo 2024 veniva largamente disapplicata dalla Prefetture in caso di domanda di nulla osta per lavoro altamente qualificato (Carta blu). Infatti, sebbene il proposito di favorire l’occupazione di chi sia già in Italia è in principio condivisibile, la regola in questione rappresenta un grave appesantimento procedurale senza che possa in alcun modo servire il proposito che si prefigge.
Questo perché l’azienda che si adopera per sponsorizzare una lunga e complicata procedura di visto nei confronti di un lavoratore, è fortemente motivata ad inserire nel proprio organico quello specifico lavoratore, per ragioni che trascendono il possesso formale delle qualifiche richieste. Se l’azienda intendesse fare una selezione tra profili possibili e disponibili sul territorio la farebbe e si risparmierebbe un procedimento di immigrazione lungo e costoso.
Per giunta, anche nel caso in cui si trovi un candidato astrattamente idoneo il datore di lavoro può sempre rifiutarlo scartando il Cv come non sufficiente o rigettando la candidatura a seguito di colloquio. Non c’è ovviamente alcun vincolo nell’assunzione di chi formalmente possieda le qualifiche necessarie.
Per ragioni che non si comprendono, dunque, il Governo, con l’adozione dell’ultima circolare applicativa della Carta blu nella sua più recente formulazione, ha imposto l’espletamento di questa incombenza senza possibilità di eccezione, con conseguente ulteriore estensione delle tempistiche. Il rischio è che sommando ai problemi preesistenti i problemi introdotti con questa circolare, la nuova Carta Blu, invece che diventare uno strumento maggiormente utilizzato, continui ad essere “bella da vedere ma difficile da usare”.
Lavoro non qualificato e Decreto flussi: troppi abusi del sistema
Sul fronte del lavoro manuale e tecnico, il Governo ha cercato di rispondere al crescente bisogno di manodopera attraverso l’ampliamento delle quote per l’ingresso di lavoratori non qualificati, che vengono definite dal Decreto flussi. In particolare, nel triennio 2023-2025, sono stati previsti 136.000 ingressi, con un ulteriore aumento a 165.000 nel 2025.
Nonostante l’aumento delle quote, il numero effettivo di ingressi continua ad essere ben inferiore alle aspettative. Nel 2023, ad esempio, sono stati rilasciati solo 39.000 permessi di soggiorno per lavoro, un numero ben al di sotto delle quote disponibili .
Le cause di questo paradosso sono molteplici, ma una delle principali riguarda un diffuso fenomeno di frodi. Molti lavoratori fanno infatti ingresso in Italia e non trovano più il datore di lavoro, che sparisce senza dare alcuna giustificazione circa la perdita di interesse all’assunzione.
Gli sponsor che spariscono e l’aumento degli irregolari
In questi casi, l’iter non può concludersi e la persona o torna nel proprio Paese o rimane irregolarmente in Italia. Questo è un fenomeno molto frequente, di cui si hanno continue testimonianze dirette dalle tante persone che scrivono al nostro Studio in cerca di un rimedio che purtroppo non esiste. C’è poi un aspetto anche più triste. Molto spesso, quando il datore di lavoro sparisce le persone straniere lamentano anche di avergli già pagato molti soldi affinché “sponsorizzasse la loro domanda”.
Il Governo ha introdotto alcune misure per cercare di evitare le pratiche fraudolente, come la pre-compilazione delle domande per una scrematura anticipata nonché una preclusione triennale all’invio di altre domande di nulla osta nei confronti di quei datori che non danno effettivamente inizio al rapporto di lavoro. Ma è opportuno che vengano introdotte anche severe sanzioni pecuniarie per scoraggiare in modo definitivo i datori di lavoro che, truffando le persone straniere intenzionate a lavorare in Italia, compromettono il funzionamento dell’intero sistema.
Il danno e la beffa per gli imprenditori interessati ad assumere
A causa di queste condotte, infatti, la procedura diventa assai più lenta per tutti per la necessità di smaltire anche le tantissime domande formalmente corrette ma sostanzialmente fittizie. E tanti imprenditori realmente interessati all’assunzione rischiano per giunta di rimanere esclusi per l’esaurimento delle quote.
Possiamo quindi concludere che, sebbene il Governo abbia fatto alcuni passi in avanti aumentando le quote di ingresso previste dal Decreto flussi per lavoratori non qualificati ed apprestando un allargamento formale della categoria di lavoratori altamente qualificati che possono fare ingresso senza limiti di ingressi, le barriere burocratiche, la lentezza del procedimento, le incertezze e i rischi di abusi spiegano le grosse difficoltà nel sopperire alla carenza di lavoratori.