Target price: come calcolare un obiettivo di prezzo con le trendline

scritto da il 12 Dicembre 2024

Gli obiettivi di prezzo in Borsa, definiti in inglese pomposamente target price, sono quanto di più volubile ci possa essere.

Pur essendoci una normativa ferrea per giornalisti e analisti finanziari in realtà si tratta sempre e comunque di fare un processo alle intenzioni.

E che sia analisi tecnica o che sia analisi fondamentale ogni somaro può ragliare come meglio crede, me compreso, si intende.

Quindi gli obiettivi di prezzo sono sempre da prendere con le molle.

E io certo non voglio salire in cattedra per raccontarvi qualcosa che mi sono inventato ieri sera ma un ragionamento logico che porterà ad una conclusione forse inattesa per i più.

Con l’analisi fondamentale si stima il prezzo di una azione attraverso due metodi: valutazione “intrinseca”, ovvero fatta con i flussi di cassa futuri scontati al presente e la valutazione per multipli di bilancio (o per comparazione). Per scontare i flussi di cassa futuri al presente prima devi stimarli e ovviamente sapere in anticipo quanto fatturerà una azienda tra 3 o 5 anni è una impresa ardua. Poi devi calcolare un tasso di sconto più o meno ragionevole. Ed infine rimane lo scoglio del valore terminale, ovvero dell’ultimo flusso di cassa che presuppone che l’azienda venga venduta o liquidata o comunque è necessario comunque dare un valore agli asset aziendali.

come calcolare un obiettivo di prezzo

Fonte: www.emiliotomasini.it

Capirete che non è impresa di poco conto ed è la ragione per cui l’85% delle valutazioni di azienda a Wall Street viene fatta con i multipli di bilancio, il cui principe è il rapporto prezzo / utili per azione che tutti coloro che frequentano la borsa conoscono.

La ragione di questo primato è la semplicità sia di calcolo che di comprensione: bastano pochi dati di borsa e di bilancio per avere una misura della qualità dell’azione.

Quello che invece in pochi sanno è che il rapporto prezzo / utili per azione da solo non vale niente perché deve essere confrontato con la distribuzione di frequenza di aziende peers. Solo in quel caso possiamo capire se ha un valore estremo sia verso l’alto (sopravvalutato) sia verso il basso (sottovalutato).

Usato da solo o confrontato con medie storiche di aziende che non siano “gemelle” o di indici di aziende può diventare un’arma di distruzione di massa.

Ma veniamo agli obiettivi di prezzo con l’analisi tecnica: qui la varietà dei metodi di calcolo, più o meno magici, è stupefacente e c’è persino chi cerca di divinare il futuro con i fondi di caffè.

Ovviamente bisogna prendere con le pinze tutto ciò che non è scientifico ma nel fare questo dobbiamo ricordarci che cosa è l’analisi tecnica.

L’analisi tecnica è un corpus di metodologie derivate dall’esperienza quando ancora i grafici si tracciavano con la matita e il righello copiando i prezzi dal Wall Street Journal che arrivava via posta.

Quindi non dobbiamo prendere per oro colato tutto quello che ci è stato tramandato empiricamente da quando i mercati di grano si trovavano a Chicago per negoziare il grano a metà del 1800 perché ovviamente le regole del pollicione possono essere giuste o sbagliate quando le si analizza con gli strumenti statistici di oggi.

Tra le diverse regole del pollicione che l’analisi tecnica cosiddetta “classica” ci ha tramandato c’è il calcolo della proiezione di prezzo partendo dalla rottura di una trendline.

La trendline è una linea di tendenza che si traccia congiungendo almeno i due massimi più recenti (breakout rialzista all’interno di un ribasso) o congiungendo i due minimi più recenti (breakout ribassista all’interno di un rialzo).

Non c’è niente di magico in questo: di solito quando si ha una rottura di una trendline si ha un nuovo massimo superiore a quello precedente in caso di rialzo e un nuovo minimo inferiore a quello precedente in caso di ribasso e quindi si ha un cambiamento di tendenza.

In altre parole la rottura di una trendline è una regola del pollicione per capire che un mercato sta cambiando direzione.

Un metodo tradizionale dell’analisi tecnica “classica” per calcolare l’obiettivo di prezzo è quello di calcolare la distanza massima tra la trendline decrescente che congiunge due massimi decrescenti e il punto di minimo (vedasi il grafico qui sotto).

In caso di rialzo l’obiettivo è dato dal punto di massimo superiore a una trendline che congiunge due minimi a loro volta crescenti. Per pura fortuna sull’SP500 futures questa tecnica ha azzeccato gli obiettivi di prezzo negli ultimi mesi e di seguito pubblico un esempio illuminante:

Sp500 futures

Figura: Grafico dell’SP500 futures e-mini con un esempio dell’estate 2024 di obiettivo calcolato con la proiezione della massima ampiezza sotto la trendline discendente (fonte www.emiliotomasini.it )

La ragione di questo comportamento a mio modo di vedere può essere spiegata solamente pensando al meccanismo di funzionamento dell’elastico: se il ribasso è stato forte il recupero sarà altrettanto forte.

Ma fin qui sono ragionamenti che trovate su qualsiasi libro di analisi tecnica che ovviamente vi consiglio di consultare per approfondire la materia.

Quello che non c’è scritto invece è cosa succede quando non ci sono delle trendline da rompere al rialzo o al ribasso, cioè ad esempio in un mercato come quello attuale che vede gli indici correre al rialzo senza paura e senza sosta.

Al massimo in un mercato fortemente rialzista troveremmo delle congestioni orizzontali costituite da delle doppie V rovesciate o dritte. Ecco, siamo arrivati al punto dove vi volevo portare.

Se ci pensate un attimo in realtà quando troviamo una congestione a doppia V rovesciata (denominata rettangolo o triangolo simmetrico o wedge dall’analisi tecnica tradizionale) non stiamo facendo nient’altro che congiungere con una retta due minimi e due massimi cioè stiamo tracciando delle trendline.

Quindi se qualche lettore all’inizio di questo articolo si fosse chiesto a qualche diavolo di banalità io volessi arrivare e soprattutto per quale magia la proiezione della trendline funziona ha in queste righe la risposta.

Tra l’obiettivo di  una rottura di una trendline, un triangolo e un testa e spalla abbiamo sempre a che fare con una linea tracciata tra un massimo e un altro massimo (o tra un minimo e un altro minimo) e uno spazio che dal testa e spalla al triangolo corrisponde sempre e comunque alla massima distanza tra la trendline e l’oscillazione che le sta sopra o sotto.

Conclusione: a livello concettuale abbiamo risolto il mistero degli obiettivi di prezzo tracciati con le trendline riconducendoli all’interno dell’alveo dell’analisi tecnica tradizionale, almeno per chi voglia crederci ovviamente.

X (già Twitter) @EmilioTomasini

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