categoria: Econopoly
Il futuro del design è inclusivo e responsabile. Ecco perché
Post di Nicolò Volpato, CEO & Founder di Tangible –
Il termine design è spesso frainteso. Non si tratta soltanto di estetica, di far apparire qualcosa bello e coinvolgente, ma è un concetto molto più ampio: è un approccio alla comprensione e risoluzione dei problemi, un processo che cerca di creare soluzioni utili, funzionali, accessibili e inclusive. Quando pensiamo al design in relazione all’usabilità, ci troviamo di fronte a un binomio che ha il potenziale di generare un valore significativo per le persone, non solo migliorando la qualità delle esperienze digitali – e non – ma anche cambiando in meglio la loro vita quotidiana.
L’usabilità — ovvero la qualità della fruizione da parte delle persone di un prodotto o servizio — non può e non deve essere intesa come una dimensione accessoria, bensì una componente essenziale e integrale che deve essere considerata fin dal primo momento, ossia già in fase di progettazione. Inoltre, non si tratta di un esercizio accademico, ma di un metodo pratico che porta risultati concreti sia per le persone, sia per le aziende: una fruizione più efficace e più soddisfacente si traduce in vantaggio competitivo per il business, e spesso in miglioramento della percezione di un brand.
Tradotto in pratiche progettuali quotidiane, tutto parte da alcune domande: per chi stiamo progettando? Quali sono i bisogni e le aspettative delle persone che utilizzeranno il nostro prodotto o servizio? Rispondere a questi interrogativi è fondamentale per adottare una prospettiva centrata sull’utente, prevenendo problemi e migliorando l’esperienza complessiva.
Se poi estendiamo il concetto di utente a persona, ad essere umano, ecco che la prospettiva diventa più ampia e contempla il progettare per tutti, il progettare per l’accessibilità e l’inclusione.
Design e usabilità richiedono di creare soluzioni che funzionino non solo per chi ha maggiori competenze tecnologiche, ma anche per chi si trova in difficoltà o in una situazione di vulnerabilità e per chi ha meno familiarità con il digitale. La progettazione, in tal senso, equivale ad abbracciare una visione etica del nostro lavoro: infatti, progettare per includere tutti significa dare a ciascuno l’opportunità di accedere, partecipare e interagire; significa rendere umana la tecnologia, semplificarne e allargarne l’accesso, ridurre le barriere; significa dare priorità non tanto all’introduzione di nuove tecnologie, ma all’adozione delle nuove tecnologie da parte delle persone, affinché innovazione e impatto vadano di pari passo.
Questo aspetto è particolarmente rilevante quando ci troviamo di fronte a servizi digitali che, se mal progettati, rischiano di lasciare indietro molte persone. Creare una piattaforma digitale che rispetti i principi di design inclusivo e usabilità significa abbattere le barriere e offrire un servizio che sia veramente a misura di tutti gli individui. Ad esempio, nel contesto attuale dell’amministrazione e della sanità pubblica, il design e l’usabilità sono al centro dei processi di digitalizzazione dei servizi offerti.
Con una serie di interventi mirati, l’obiettivo è garantire che i sistemi siano accessibili a tutti – incluse le persone con disabilità – intuitivi, facili da navigare e in grado di fornire risposte rapide ed efficaci. Inoltre, la facilità di replicazione consente di estendere rapidamente queste soluzioni ad altre amministrazioni, amplificando l’impatto positivo sulla società.
In questi contesti, l’usabilità diventa un valore cardine, capace di fare la differenza tra un’esperienza positiva e una frustrazione, tra un’informazione chiara e un disservizio. L’obiettivo è andare oltre la conformità normativa, attuando una trasformazione che renda i servizi più efficaci e umani.
Nel campo del design, è evidente che stiamo vivendo un momento in cui è necessario ampliare la prospettiva, andando oltre il concetto di “user-friendly”. Una progettazione efficace deve essere rispettosa, empatica e attenta alle molteplici necessità di chi utilizzerà i prodotti. È un cambio di passo che non riguarda solo i designer, ma che coinvolge l’organizzazione nel suo complesso: manager, decisori aziendali, responsabili della customer journey, product e project manager. Solo con una collaborazione condivisa e cross-disciplinare si può garantire che il design e l’usabilità diventino un motore di valore reale, per la comunità e per le imprese.
Spostare l’approccio da reattivo a proattivo è fondamentale per mettere il design e l’usabilità — o ancora meglio, l’esperienza delle persone che fruiranno i nostri servizi — al centro della strategia aziendale. Non si tratta solo di rispondere ai problemi dopo che si sono verificati, piuttosto di anticipare le esigenze degli utenti, fare ricerca, osservare, conoscere e comprendere le persone, prevenire criticità e lavorare per migliorare l’esperienza complessiva. Questo cambio di paradigma trasforma il design e l’usabilità da strumenti operativi a veri e propri motori di valore, contribuendo non solo al raggiungimento degli obiettivi aziendali, ma anche al miglioramento tangibile dei servizi offerti e della soddisfazione degli utenti.
In un mondo in cui le nuove generazioni chiedono ai brand un maggiore allineamento sul piano dei valori e in cui scegliamo prodotti e servizi anche, se non primariamente, per i benefici emotivi e valoriali che generano e non per quelli meramente funzionali, il futuro del design è inclusivo e responsabile: sta a noi abbracciare questa visione e lavorare insieme per creare prodotti e servizi che migliorino la vita quotidiana delle persone.