Le scommesse elettorali sono davvero i sondaggi del terzo Millennio?

scritto da il 15 Novembre 2024

Post di Beatrice Bonini e Giulia Leila Travaglini, dottorande in Scienze politiche presso la Columbia University, New York –

Non l’hanno visto arrivare. Stiamo parlando dei noti sondaggisti americani, come Nate Silver e FiveThirtyEight, che prevedevano un testa a testa con Harris in vantaggio. Ma Trump si è preso tutto: il Senato, la Camera, gli Swing States e, con grande probabilità, il voto popolare. Nel frattempo, in tantissimi si sono riversati su piattaforme di scommesse politiche come Betfair, Kalshi, Polymarket, diventate legali in USA poco prima delle ultime elezioni. Le scommesse sulla gara alla Casa Bianca, che hanno raggiunto oltre 3 miliardi di dollari, prevedevano invece una vittoria netta per Trump.

E’ possibile che i mercati delle scommesse siano in grado di prevedere i risultati elettorali in modo più preciso dei tradizionali sondaggi, costruiti su avanzati strumenti statistici ed econometrici e da esperti del settore? I sondaggi vengono usati per descrivere i trend su una popolazione di interesse intervistando un numero ristretto di persone rappresentative della popolazione (spesso si tratta di campioni di meno di 2000 intervistati per popolazioni da 250 milioni). Le scommesse politiche, a cui partecipano invece milioni di utenti, sono paragonabili a qualsiasi altra scommessa: l’utente scommette denaro su chi vincerà una determinata competizione.

Gli esperti versus la saggezza delle masse (e le scommesse)

Affinché i sondaggi siano predittivi, alcune assunzioni statistiche e comportamentali devono essere soddisfatte. Attraverso il cosiddetto random sampling, secondo cui ogni cittadino ha la stessa probabilità di essere selezionato per partecipare a uno studio, si dovrebbe, teoricamente, raggiungere la rappresentatività del campione. Nella pratica, però, gli esperti devono anche utilizzare strumenti correttivi, tra cui i pesi di ponderazione, che sono oggi diventati uno dei metodi più semplici ma di cui i sondaggisti non possono più fare a meno.

Per capirne la funzione, immaginiamo un collegio elettorale con 5000 elettori di origine asiatica e 5000 di origine ispanica. Assumiamo che ne vengano intervistati 300 del primo gruppo e 100 del secondo: la risposta degli ispanici sarà fatta “pesare” di più per riflettere il fatto che in un campione ideale avremmo lo stesso numero di intervistati da entrambi i gruppi.

La questione della rappresentatività, che può sembrare facilmente risolvibile con qualche calcolo matematico, è in realtà un punto molto critico: in un mondo fatto di corpi elettorali sempre più eterogenei, diventa sempre più complesso trovare campioni realmente rappresentativi. Inoltre, alcuni sottogruppi sono molto differenziati anche al loro interno. Basti pensare ai Latini: dai Cubani in Florida, tendenzialmente in favore di Trump, ai portoricani di New York offesi dai commenti al Madison Square Garden durante il suo comizio.

(Designed by Freepik)

Tutti questi fattori obbligano i sondaggisti a correggere errori sistematici sempre più grossolani che rendono i loro sondaggi sempre meno accurati, come evidenziato da Damodaran, Professore di NYU, su un recente suo post.

D’altro canto, le scommesse potrebbero essere in grado di superare questi problemi. Grazie all’aggregazione di un alto numero di informazioni, si può arrivare infatti a previsioni più precise rispetto a quelle fatte da esperti, nonostante le loro conoscenze specialistiche. Damodaran introduce infatti il concetto della “saggezza delle masse”. Riprendendo le ricerche di studiosi come Phil Tetlock, spiega che “le migliori previsioni arrivano solitamente da coloro che sanno molte cose in modo superficiale, piuttosto che da quelli, che hanno conoscenza dettagliata, ma in una singola disciplina”.

L’attenzione con incentivo economico?

Anche assumendo che i campioni dei sondaggi siano rappresentativi, per fare previsioni accurate, è necessario che accurate siano le risposte dei partecipanti. L’economia comportamentale ci insegna che ci sono diversi motivi per cui un intervistato potrebbe non rispondere in modo veritiero alle domande di un sondaggio. Tra questi, c’è il cosiddetto “social desirability bias”, la tendenza degli intervistati a esprimere opinioni che sono socialmente desiderabili, omettendo o addirittura negando alcune prese di posizioni che si ritengono pericolose o non accettate dalla società.

Ad esempio, alcuni intervistati potrebbero non voler dire apertamente che non hanno votato alle ultime elezioni, se ritengono che non sia socialmente accettata la mancata partecipazione al voto. Altri bias sono generati dal cosiddetto “effetto Hawthorne”: alcune persone potrebbero infatti cambiare attitudini e comportamenti quando sanno di essere oggetto di studio.

Infine, è importante quello che viene solitamente definito “response bias”: tipologie specifiche di persone tendono infatti a partecipare a questi studi, che spesso sono sistematicamente diverse sotto vari aspetti da coloro che si rifiutano. In questa tornata elettorale, Trump aveva scoraggiato i propri supporter a rispondere ai sondaggi, dichiarandoli “fake”. Secondo AAPOR, l’associazione dei sondaggisti americani, questo potrebbe aver amplificato il problema del response bias, e di conseguenza, reso i sondaggi meno affidabili.

Una differenza sostanziale tra sondaggi e mercati politici è che questi ultimi funzionano su logiche di investimento: i partecipanti scommettono denaro sui risultati con l’intento di guadagnare. Questo li porta a essere meno soggetti ai bias comportamentali citati sopra. L’incentivo a guadagnare, infatti, fa sì che la scelta di scommettere su Harris o Trump rifletta le impressioni sul sentimento generale, e non sia basata sulla propria opinione o intenzione di voto, spesso influenzata dai bias descritti sopra o dalla poca attenzione nelle risposte.

Dinamicità delle scommesse

Un altro punto rilevante è la staticità dei sondaggi rispetto alla dinamicità delle scommesse. Infatti i sondaggi catturano quella che è la fotografia delle attitudini e delle preferenze degli intervistati in uno specifico momento, mentre i mercati delle scommesse e quelli finanziari, essendo dinamici, sono in grado di catturare le reazioni alle notizie in tempo reale.

I dati sulle scommesse assomigliano quindi a un video, più che a una fotografia, e riprendono l’evoluzione del sentiment in un arco di tempo, invece che in un solo momento. Tuttavia, va tenuto in considerazione che I mercati possono essere influenzati da manipolazioni, come nel caso di un investimento da 30 milioni di dollari a favore di Trump, che ha alterato significativamente le probabilità di vittoria sulle piattaforme di scommesse.

Sarà questo un unicum nella storia delle previsioni elettorali o le scommesse politiche saranno protagoniste dei prossimi appunti elettorali?