categoria: Res Publica
Il cammino sempre più tortuoso dell’autonomia differenziata
Non abbiamo ancora una sentenza da commentare, ma il comunicato stampa della Corte Costituzionale sulla legge di attuazione delll’autonomia differenziata è già di per sé molto esplicativo.
A primo occhio sembrerebbe una secca bocciatura per la legge approvata nel 2024 dal Parlamento, ma tutto sommato l’impalcatura del testo normativo regge. I rilievi sono importanti, ma il legislatore può superarli.
Le bocciature
La prima bocciatura data dalla Consulta alla Legge n. 86/2024 è di tipo generale , nel momento in cui afferma che l’autonomia non debba essere intesa come una mera distribuzione di funzioni legislative e amministrative, bensì “(…) deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini (…)”.
Tale affermazione rappresenta un macigno -definitivo- su tutta la narrazione che ha accompagnato l’argomento dal 2017 (se non prima) in poi, poiché smonta completamente la teoria dell’autonomia quale strumento per riequilibrare i cosiddetti residui fiscali tra territori (teoria incompatibile con il nostro ordinamento, come scritto qualche anno fa su questi pixel). Ciò sembrerebbe anche un avvertimento della Corte sulla possibilità di sindacare in futuro le singole intese Stato-Regione, qualora impugnate da altre regioni.
Oltre a quanto sopra, che funge da premessa al ragionamento della Consulta e viene in parte ripetuto nel primo bullet point sui rilievi di incostituzionalità, il comunicato affronta anche altri temi della legge.
Una buona parte dei rilievi è di tipo procedurale riguarda i LEP, che rappresentano il grande ostacolo nell’attuazione dell’autonomia. La Corte sostiene che la delega al Governo per la determinazione dei LEP sia troppo generica, che non si possano usare i DPCM per determinare o aggiornare i LEP, né che si possano modificare le aliquote di compartecipazione ai tributi tramite decreti interministeriali.
Un punto maggiormente “politico” riguarda invece la necessaria doverosità per le regioni firmatarie delle intese, e non la facoltatività, di concorrere agli obiettivi di finanza pubblica. Benché sia scontato che le regioni che otterranno la maggiore autonomia dovranno essere sempre soggette agli obiettivi di finanza pubblica, vi è una questione politica sottesa. Se la maggiore autonomia dovesse comportare una mancanza di gettito aggiuntiva per lo Stato, chi dovrà coprirla? E come? Non si capisce dalla legge, né si capirà dalla sentenza della Corte che rimanderà al legislatore la questione.
Le interpretazioni
Infine, il comunicato menziona anche alcune interpretazioni della legge medesima. La più rilevante appare quella relativa alla clausola di invarianza finanziaria, in merito alla quale la Corte richiede che “(…) si tenga conto del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi eurounitari.”
Si tratta di un accento ancora più forte su un problema evidente della legge. Per finanziare i LEP su tutto il territorio nazionale, servono risorse. Tante. Come si può garantire l’invarianza finanziaria? Chi sosterrà i costi?
I nodi irrisolti dell’autonomia differenziata
La pronuncia della Corte non metterà fine alle istanze territoriali di alcune regioni. Si sono schierate contro i ricorsi Veneto, Lombardia e Piemonte, che hanno un notevole peso economico e politico. Ma, dopo questa sentenza, il cammino dell’autonomia diventa ancora più tortuoso e appare oramai impossibile che possa vedere la luce in questa legislatura.
E non la vedrà nemmeno in futuro fino a che il capitolo risorse non verrà sgomberato, perché risulta evidente che non possa essere una riforma a costo zero. Qualcuno –lo Stato, le regioni firmatarie dele intese o le altre regioni-.dovrà sopportarne i costi.
X (giàTwitter) @francis__bruno