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Fisco globale per i crypto-asset? Tutte le mosse di Europa e Ocse
Post di Antonio Lanotte, Chartered Tax Adviser e Senior Auditor, International Tax Advisor e Business Consultant, Of Counsel Deotto Lovecchio & Partners e nel BOA di Vernewell Group –
Con l’entrata in vigore del Regolamento MiCA, l’Unione Europea si posiziona come una delle prime aree al mondo con un quadro normativo chiaro e completo per il mercato dei crypto-asset. Questo regolamento limiterà in modo significativo le attività delle società offshore non regolamentate, che finora hanno potuto operare senza controlli adeguati e in modo spesso opaco.
MiCA richiede che tutte le società che offrono servizi relativi ai crypto-asset rispettino standard di sicurezza, trasparenza e protezione dei consumatori, che verranno applicati uniformemente in tutti i Paesi membri. Le aziende conformi al MiCA avranno un importante vantaggio competitivo all’interno dell’UE. Con le nuove restrizioni, le società non regolamentate, molte delle quali basate offshore, perderanno l’accesso al mercato europeo, lasciando più spazio a operatori regolamentati e legittimati. Questo potrebbe portare a un consolidamento del settore, dove le imprese conformi al MiCA attireranno maggiore fiducia da parte dei consumatori e degli investitori, aumentando così la loro quota di mercato.
Le incertezze normative per i crypto-asset su scala globale e il MiCA
In un contesto globale caratterizzato da incertezze normative per i crypto-asset, la chiarezza fornita dal MiCA potrebbe trasformare l’Europa in un polo attrattivo per capitali e talenti. Investitori istituzionali, start-up innovative e professionisti del settore crypto sono sempre più alla ricerca di mercati regolamentati, dove il rischio normativo è più basso e le prospettive di crescita sono stabili.
Il MiCA potrebbe quindi incentivare nuove imprese e investitori a trasferire le loro operazioni nell’UE o a fondare nuove società all’interno dei suoi confini. Inoltre, la presenza di un regolamento uniforme consente alle aziende registrate in un Paese membro di operare liberamente in tutta l’UE, aprendo nuove opportunità di espansione per le società che rispettano MiCA e favorendo la scalabilità dei loro servizi a livello europeo.
Il quadro normativo definito dal MiCA potrebbe anche accelerare i progetti di tokenizzazione di asset come immobili, opere d’arte e strumenti finanziari tradizionali, rendendo l’UE un centro di innovazione per i servizi finanziari basati su blockchain (vedi anche, tokenizzazione, ecco perché è il futuro della finanza). Con una normativa chiara e una fiscalità altrettanto concorrenziale, le imprese possono esplorare e sviluppare nuovi modelli di business, riducendo il rischio normativo e garantendo una protezione dei consumatori e degli investitori.
La tokenizzazione offre infatti nuove possibilità di investimento, con il potenziale di aumentare la liquidità e l’accesso ai capitali per molti settori. In un momento in cui molte economie globali stanno cercando nuovi motori di crescita, questo tipo di innovazione potrebbe costituire un’opportunità per il rilancio economico e tecnologico dell’UE, portando vantaggi sia agli investitori che alle imprese.
Armonizzazione regolamentare e armonizzazione di carattere fiscale
Con la certezza normativa, i vantaggi per la sicurezza nazionale dei “crypto-assets” e della tecnologia blockchain cresceranno in maniera esponenziale. Alcuni di questi vantaggi includono il monitoraggio più efficace dei requisiti del commercio internazionale e l’applicazione delle sanzioni. In particolare, l’uso di blockchain e processi di tokenizzazione migliora notevolmente la tracciabilità delle catene di approvvigionamento (supply chains).
A tal proposito, il Crypto-Asset Reporting Framework (CARF), pubblicato dall’OCSE il 10 ottobre 2022, rappresenta un tentativo di standardizzare la tassazione e la trasparenza fiscale per i crypto-asset a livello internazionale. Questo framework ha come obiettivo principale quello di stabilire regole uniformi per la rendicontazione e la condivisione di informazioni sui crypto-assets tra le autorità fiscali dei vari paesi, facilitando la raccolta di dati relativi alle transazioni e ai redditi generati da tali attività.
Il CARF si basa su alcuni quadri normativi già esistenti e consolidati
- 1. Uno standard comune di rendicontazione (CRS) dell’OCSE. Il CRS richiede alle istituzioni finanziarie di segnalare le informazioni sui conti finanziari detenuti da contribuenti non residenti alle autorità fiscali del paese di residenza del titolare del conto. Il CARF amplia questo concetto includendo i fornitori di servizi di crypto-asset, affinché trasmettano informazioni sulle transazioni e sugli asset posseduti dagli utenti.
- 2. Raccomandazioni della Financial Action Task Force (FATF). La FATF ha stabilito linee guida globali per contrastare il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Le raccomandazioni della FATF includono requisiti di conoscenza del cliente (KYC) e di antiriciclaggio (AML) per gli intermediari finanziari. Il CARF adotta questi principi per garantire che i fornitori di servizi legati ai crypto-asset possano verificare l’identità degli utenti e registrare le transazioni in maniera conforme.
- 3. Inclusione delle Regole KYC. Il CARF richiede ai fornitori di servizi di crypto-asset di raccogliere informazioni dettagliate sugli utenti (nome, indirizzo, residenza fiscale) e di verificare l’identità dei clienti in base agli standard KYC, rendendo così il settore dei crypto-asset più trasparente e controllabile.
Il CARF introduce un quadro di riferimento comune per la tassazione dei crypto-asset, che mira a colmare le lacune fiscali attuali causate dalla mancanza di normative uniformi. In particolare, mira a contrastare l’evasione fiscale e a prevenire che individui e aziende utilizzino i crypto-asset per nascondere redditi o capitali, creando una rete di sorveglianza internazionale basata sulla cooperazione tra paesi.
Il CARF potrebbe portare numerosi vantaggi, ma presenta anche delle sfide, in altre parole: a) il quadro aumenta la trasparenza fiscale e garantisce che le autorità fiscali abbiano accesso alle informazioni necessarie per valutare i redditi derivanti dai crypto-asset. Questo potrebbe portare a un aumento delle entrate fiscali e migliorare la conformità fiscale; b) l’implementazione del CARF richiederà un adeguamento significativo dei sistemi di raccolta dati dei fornitori di servizi di crypto-asset e delle autorità fiscali.
Inoltre, in assenza di una regolamentazione coordinata a livello globale, alcuni paesi potrebbero ritardare o scegliere di non adottare queste raccomandazioni, indebolendo l’efficacia del CARF. Con il CARF, l’OCSE pone le basi per un approccio collaborativo alla tassazione dei crypto-asset, cercando di adattare il quadro fiscale internazionale alle nuove tecnologie finanziarie.
Se adottato ampiamente, il CARF potrebbe contribuire a rafforzare la fiducia dei governi e dei contribuenti nei mercati dei crypto-asset, creando una maggiore stabilità e regolamentazione del settore. Il CARF rappresenta, quindi, un passo importante verso la creazione di un sistema di tassazione internazionale per i crypto-asset, che potrebbe evolversi ulteriormente con l’adozione di normative complementari e specifiche in ciascun paese.
L’OCSE aggiorna il CARF con un nuovo schema XML e nuove FAQ
L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) ha recentemente rilasciato ufficialmente l’atteso XML Schema per il Crypto-Asset Reporting Framework (CARF) insieme a una serie di domande frequenti (FAQ) di supporto. Questo aggiornamento introduce dettagli chiave, tra cui il trattamento degli scambi non depositari e della finanza decentralizzata (DeFi) e un approccio standardizzato alla segnalazione delle transazioni di crypto-asset. Uno degli aspetti più attesi dell’aggiornamento del CARF è il trattamento dei fornitori di servizi non detentivi “non-custodial service providers”.
Sebbene le piattaforme decentralizzate (DEX) non siano più esplicitamente menzionate nelle ultime FAQ, vi sono chiarimenti significativi in merito ai cd non-custodial exchanges. Secondo l’OCSE, i non-custodial service providers, che possono includere i DEX (Decentralized Exchange), possono essere considerati Reporting Crypto-Asset Service Provider (RCASP) se offrono servizi che facilitano le transazioni di scambio per i clienti, compresa la fornitura di piattaforme di trading. Questo sviluppo è significativo per i DEX, che sono stati a lungo un’area grigia nelle discussioni sulla regolamentazione globale.
Sebbene siano in arrivo indicazioni più dettagliate, il riconoscimento da parte dell’OCSE dei non-custodial exchanges nell’ambito del CARF evidenzia che le piattaforme decentralizzate non sono automaticamente esenti da questi obblighi. Si tratta di capire cosa l’autorità di regolamentazione intenda per fornitore di servizi che esercita un “controllo” e/o un “controllo sufficiente” su una piattaforma di trading. Forse l’aggiornamento di maggior impatto è il rilascio dello schema XML per il reporting dei crypto-assets. Lo schema introduce diverse categorie di transazioni chiave quali ad esempio:
- 1. Airdrops;
- 2. Redditi da staking e mining;
- 3. Prestiti di criptovalute;
- 4. Trasferimenti da altre RCASP;
- 5. Vendite di beni o servizi;
- 6. Altro.
Standardizzando queste categorie, lo schema mira a portare maggiore trasparenza alle transazioni di assets digitali, aiutando le autorità fiscali a valutare le passività fiscali in modo più efficace, soprattutto considerando che alcuni tipi di trasferimento sono tassati in modo diverso all’interno delle giurisdizioni che vi prendono parte.
Per i CASP e i VASP, questo schema fornisce un quadro per standardizzare la rendicontazione, offrendo uniformità tra le varie giurisdizioni. Se da un lato questo potrebbe migliorare la compliance fiscale globale, dall’altro le sfide pratiche di implementazione nei Paesi in via di sviluppo rimangono un problema. Dopo tutto, l’implementazione dei regimi di rendicontazione è un processo piuttosto macchinoso che richiede molte competenze tecniche. Sarebbe auspicabile che l’OCSE affrontasse ulteriormente la questione senza introdurre requisiti normativi diversi per i Paesi in via di sviluppo.
L’obiettivo deve essere quello di introdurre una procedura di rendicontazione e di elaborazione il più possibile armonizzata e semplice. Il quadro CARF estende ai CASP e ai VASP i rigorosi requisiti di rendicontazione fiscale tipici delle istituzioni finanziarie tradizionali. Questo controllo normativo avrà probabilmente un impatto sulla finanza decentralizzata e sui “non-custodial services “, e le aziende di questi settori dovrebbero iniziare a prepararsi a questi nuovi standard. I primi scambi di dati ai sensi del quadro CARF sono previsti per il 2026, il che significa che i CASP e i VASP devono agire subito per garantire la conformità a questi standard globali.
Crypto-asset e Direttiva DAC8 nel Mercato Unico
La direttiva DAC 8 rappresenta un passo avanti significativo nella regolamentazione dei crypto-assets in Europa, con l’obiettivo di allineare le norme dell’Unione Europea agli standard OCSE e al Crypto-Asset Reporting Framework (CARF). Questa direttiva è pensata per migliorare lo scambio di informazioni fiscali tra i paesi membri, semplificando la raccolta e il trasferimento di dati e riducendo gli oneri amministrativi per i fornitori di servizi, garantendo al contempo una maggiore trasparenza fiscale.
La DAC 8 richiede che i fornitori di servizi di crypto-assets, noti come CASP (Crypto Asset Service Providers) e CAO (Crypto Asset Operators), raccolgano e condividano informazioni sulle transazioni, come trasferimenti di crypto-assets e dettagli sugli utenti. Questo include il numero di identificazione fiscale (Tax Identification Number o TIN), il che rappresenta un’aggiunta significativa rispetto ai requisiti attuali. L’inclusione del TIN nei dati obbligatori facilita l’identificazione dei contribuenti, riducendo l’evasione fiscale e migliorando la tracciabilità delle transazioni.
Una novità della DAC 8 rispetto ad altre normative, come il regolamento MiCA, è l’inclusione di due categorie di soggetti: 1. Crypto Asset Service Providers (CASP) ovvero fornitori di servizi come exchange, wallet provider e altre piattaforme che facilitano la compravendita e la gestione dei crypto-assets. Questi soggetti, già regolamentati dal MiCA, potranno operare in tutta l’UE grazie al passaporto europeo ottenibile con l’autorizzazione in uno Stato membro; 2. Crypto Asset Operators (CAO) ovvero operatori di crypto-assets che gestiscono o supervisionano transazioni e trasferimenti senza necessariamente offrire servizi diretti ai consumatori finali.
L’inclusione dei CAO risponde alla necessità di una regolamentazione più ampia e completa, che copra anche gli operatori che, pur non essendo CASP, hanno un ruolo significativo nelle transazioni di crypto-assets. L’obiettivo primario della DAC 8 è quello di armonizzare la rendicontazione delle attività di crypto-assets nell’UE, offrendo vantaggi chiave quali ad esempio:
- 1. Miglioramento dello Scambio di Informazioni Fiscali. Allineandosi con il CARF, la DAC 8 facilita uno scambio di informazioni standardizzato tra i paesi membri e con paesi non UE, favorendo una maggiore tracciabilità delle transazioni e contrastando l’evasione fiscale.
- 2. Riduzione degli Oneri Amministrativi. La DAC 8 mira a ridurre i costi e la complessità amministrativa per le aziende, standardizzando i requisiti di rendicontazione. L’armonizzazione permette ai CASP autorizzati di operare in tutta l’Unione senza dover soddisfare requisiti aggiuntivi o duplicati nei vari Stati membri.
- 3. Maggiore Sicurezza e Fiducia. L’introduzione di standard più severi per l’identificazione degli utenti e la raccolta di dati riduce il rischio di attività illecite, aumentando la fiducia del pubblico e degli investitori nei mercati dei crypto-asset.