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Imprese e fallimento nei primi 5 anni: ecco gli errori da evitare
Post di Massimo Martinini, consulente imprenditoriale e fondatore di Pillole di Business –
Il panorama imprenditoriale in Italia è un mix esplosivo di passione e ostacoli. Con oltre 5,9 milioni di imprenditori in campo, ogni anno vediamo nuove imprese nascere… e purtroppo anche tante chiudere. I numeri parlano chiaro: quasi il 30% delle nuove aziende si ferma entro i primi tre anni, e oltre il 50% scompare nei cinque anni successivi. Infatti, secondo Eurostat, nel secondo trimestre del 2024 si è registrato un incremento del 3,1% nelle dichiarazioni di fallimento delle imprese nell’Unione Europea rispetto al trimestre precedente.
Questo aumento è accompagnato da un calo delle registrazioni aziendali, scese del 2,1% nello stesso periodo.
E l’Italia non è l’unico paese a dover affrontare un’emorragia di aziende.
In tutta l’Unione Europea, si è registrato un aumento significativo dei fallimenti, con punte che raggiungono il 40,8% in Ungheria e il 24,6% in Estonia.
In questo contesto, il nostro paese si colloca nella media europea, con un incremento del 5,2% dei fallimenti, in contrapposizione ai dati positivi della Croazia e della Danimarca, che mostrano rispettivamente una diminuzione del -23,6% e del -15,9%.
Gli errori più comuni che portano al fallimento
Un progetto imprenditoriale che funzioni nel 2024 si basa su tre pilastri fondamentali: la conoscenza del mercato, l’innovazione costante e la capacità di adattarsi ai cambiamenti. Comprendere il proprio pubblico e anticiparne le esigenze è, quindi, cruciale. E con oltre 99.280 imprese attive in Italia al 2024, non basta essere presenti sul mercato, bisogna distinguersi, offrendo un valore aggiunto rispetto alla concorrenza.
Una delle principali cause di fallimento è la mancanza di una pianificazione strategica. Molti imprenditori partono con entusiasmo, ma senza una rotta chiara.
I numeri parlano chiaro: 2.070 fallimenti rappresentano un chiaro indicatore delle sfide finanziarie e operative che molte imprese si trovano ad affrontare, mentre 11.000 liquidazioni volontarie solo nel 2023 testimoniano un malessere crescente tra gli imprenditori, costretti a prendere decisioni difficili e abbandonare le loro attività.
La pianificazione non è solo un obbligo burocratico, ma una necessità strategica.
Un business deve avere obiettivi definiti e una strategia (seppur minima) che contempli analisi di mercato, valutazione dei competitor e identità del cliente.
E secondo dati Istat, solo un’azienda su quattro effettua regolarmente analisi di dati al suo interno.
Le difficoltà finanziarie rappresentano un altro dei principali ostacoli insormontabili per gli imprenditori italiani.
La gestione del flusso di cassa è cruciale e, spesso, gli imprenditori non prestano la dovuta attenzione alla pianificazione economica.
Creare un budget, monitorare le entrate e le uscite e anticipare i costi imprevisti sono azioni fondamentali per garantire la sostenibilità economica dell’azienda e prevenire il fallimento.
Senza una solida gestione finanziaria, le piccole imprese rischiano di trovarsi in situazioni di crisi.
Inoltre, la sottovalutazione delle competenze imprenditoriali può rivelarsi fatale. La capacità di attrarre e mantenere clienti è essenziale, ma richiede conoscenze specifiche di marketing e vendita.
Gli imprenditori devono sviluppare abilità nel posizionamento del proprio brand e nella creazione di valore per i clienti.
La differenziazione rispetto alla concorrenza non è solo una questione di prezzo, ma di proposta di valore e identità aziendale.
L’importanza della formazione continua
Le soft skills rappresentano un’altra area cruciale spesso trascurata, ma essenziale per il successo imprenditoriale.
Competenze come la comunicazione efficace e la capacità di lavorare in team influenzano profondamente l’andamento di un’azienda.
Un imprenditore deve essere in grado di motivare il proprio team e gestire i conflitti, e la formazione continua in queste aree è fondamentale per costruire un ambiente di lavoro positivo e produttivo.
Già nel 2022, la partecipazione degli adulti a programmi di formazione in Italia si è fermata al 9,6%, con un lieve calo dello 0,3% rispetto all’anno precedente. Questo dato è ben al di sotto degli obiettivi fissati dalla Commissione Europea, che mira a raggiungere il 47% di partecipazione entro il 2025. La scarsa partecipazione alla formazione evidenzia, quindi, la necessità di un impegno maggiore nel promuovere le soft skills, affinché le aziende possano prosperare in un mercato sempre più competitivo.
Tecnologia e pianificazione strategica
La resistenza all’innovazione rimane l’ultimo scoglio per gli imprenditori italiani.
In un mercato in continua evoluzione, la capacità di adattarsi è cruciale.
Innovare significa non solo lanciare nuovi prodotti, ma anche migliorare i processi interni e le strategie di comunicazione.
Se si pensa che, secondo i dati Istat, il 47,9% delle PMI (48,7% quelle europee) utilizza almeno un software gestionale, ma solo il 13,6% condivide i dati elettronicamente con i fornitori o i clienti all’interno della catena di approvvigionamento (23,5% la media Ue), è chiaro come il nostro Paese sia ancora restio all’utilizzo di tecnologie a livello quotidiano.
Anche la mancanza di competenze frena l’adozione delle tecnologie di intelligenza artificiale (IA): è un ostacolo per il 55,1% delle imprese che hanno preso in considerazione l’utilizzo delle tecnologie IA senza poi adottarle.
Gli imprenditori devono rimanere aperti al cambiamento e pronti a rispondere alle esigenze del mercato.
In generale, circa il 25% delle PMI digitalizzate almeno a un livello “di base” si distingue per un utilizzo limitato delle tecnologie, basato principalmente su un uso combinato di Internet da parte dei dipendenti, cloud computing e social media. Queste aziende, tuttavia, non adottano software gestionali né utilizzano tecnologie di intelligenza artificiale o di analisi dei dati.
L’innovazione deve diventare parte integrante della cultura aziendale.
Navigare nel mondo dell’imprenditoria non è mai un’impresa facile, specialmente in un contesto complesso come quello italiano.
La chiave per non correre verso il fallimento e diventare statistiche rimane quella di investire in una pianificazione strategica robusta, affinando le competenze imprenditoriali e mantenendo un’apertura al cambiamento.
Perché in un’epoca in cui innovazione e adattamento sono le uniche certezze, ogni imprenditore ha l’opportunità di costruire non solo un’azienda, ma un futuro solido e sostenibile.