Twin transition e Pmi, cosa manca nell’offerta dei professionisti?

scritto da il 24 Ottobre 2024

Post di Francesca Parisi, ricercatrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI e dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale della School of Management del Politecnico di Milano

Gli studi professionali di avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro, oltre a essere per le PMI italiane il principale interlocutore con la Pubblica Amministrazione nella gestione degli adempimenti e delle attività amministrative, rappresentano in molti casi anche “dei consulenti di fiducia”. In virtù del solido rapporto fiduciario di cui godono e della profonda conoscenza delle dinamiche aziendali, infatti, i professionisti si delineano come delle importanti figure in grado di supportare le imprese nella strada verso nuovi modelli di produzione e consumo, come la twin transition (transizione digitale e green).

Secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI della School of Management del Politecnico di Milano, il 65% delle PMI italiane dichiara di aver collaborato con soggetti esterni nei propri progetti di trasformazione digitale. Tra queste, un terzo si è rivolta agli studi professionali giuridici ed economici, soprattutto per la gestione di attività amministrative (81%) e, a distanza, per la ricerca di strumenti di finanziamento (41%), la formazione sui temi digitali diretta al personale (32%), la pianificazione economico-finanziaria (18%) e la consulenza strategica (16%).

Se, da un lato, questi dati confermano la rilevanza del ruolo dei professionisti nel percorso di digitalizzazione delle PMI italiane, dall’altro suggeriscono che il loro contributo è ancora troppo limitato ai processi di supporto (come l’attività amministrativa), non intervenendo nelle attività cruciali collegate alla pianificazione strategica o, comunque, alle attività di indirizzo più delicate. Tra le PMI che dichiarano di non aver fatto ricorso ai professionisti nei propri progetti di trasformazione digitale, infatti, oltre l’85% afferma di non ritenerli gli interlocutori idonei a questo tipo di attività.

È, quindi, legittimo chiedersi se gli studi professionali possano esercitare con più intensità un ruolo di guida per le PMI nel percorso di transizione digitale e dell’ormai sempre più interconnessa transizione green.

professionisti

Il ruolo dei professionisti a supporto della Transizione Digitale e Green delle PMICampione: 565 PMI italiane; Fonte: rilevazione tramite survey, Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI (marzo 2024)
Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano (www.osservatori.net)

I dati dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale suggeriscono di sì. Esaminando l’impatto dei servizi degli studi professionali sulla catena del valore delle imprese clienti – secondo l’autovalutazione espressa dagli studi – emerge una concentrazione sui processi di supporto, in particolare nell’area amministrativa (gestione civilistico-fiscale e del personale). Come prevedibile, gli studi multidisciplinari e di grande dimensione (con organico superiore a 30 persone) dimostrano invece una presenza più ampia e diffusa in tutte le aree della catena del valore dei clienti, che si spiega con il possesso di competenze più trasversali e con una cultura manageriale e imprenditoriale superiore, dovuta anche a un minor timore nei confronti della leva collaborativa come fattore di sviluppo.

L’impatto dei servizi degli studi sulla catena del valore dei clienti
Campione: 2.177 Studi professionali italiani; Fonte: rilevazione tramite survey dell’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale, maggio 2024
Osservatori Digital Innovation – Politecnico di Milano (www.osservatori.net)

Competenze e collaborazioni sono infatti alcuni degli elementi chiave per ampliare l’offerta dei servizi e soddisfare bisogni diversificati, compresi quelli della sfera digitale e della sostenibilità ambientale e sociale.

Per citare alcuni di questi servizi, coerenti con le linee strategiche dettate dal PNRR per lo sviluppo del sistema paese: oscilla tra il 6% e il 13% (il valore massimo si raggiunge negli studi multidisciplinari) la quota di studi che afferma di aver sviluppato una linea di servizio dedicata alla gestione di bandi e incentivi legati all’innovazione digitale, transizione verde e sostenibilità sociale, mentre è ancora elevata la quota di studi non interessati a investire su questa linea strategica (dal 39% dei multidisciplinari al 63% dei legali).

Percentuali simili emergono anche per i servizi formativi sulla gestione e la cultura dell’innovazione digitale, transizione verde e sostenibilità sociale, offerti dal 4-8% degli studi e di scarso interesse per il 46-63%. Anche sui servizi per supportare l’internazionalizzazione delle imprese emergono dei margini di miglioramento, dato che si ferma al 10% la quota di studi che li propone nel proprio portafoglio, contro il 67-79% di studi non interessati a svilupparli.

Infatti, in linea con quanto dichiarato dalle PMI, è ancora contenuto il numero di studi che collabora con i propri clienti nell’ambito della digital transformation. Nello specifico, tra il 10% e il 25% degli studi supporta l’imprenditore nella valutazione di proposte progettuali effettuate da altri soggetti, tra il 5% e il 20% presta assistenza alle imprese sugli aspetti amministrativi/burocratici di accesso alle fonti di finanziamento (bandi, incentivi), mentre meno del 10% propone proattivamente progetti e investimenti valutandone gli impatti economici, finanziari e di business. Tra gli studi che non collaborano con le imprese clienti nell’ambito della digital transformation, il 35-48% afferma di non avere le competenze adatte in studio, mentre il 25-46% ritiene che i propri clienti non abbiano questa necessità.

Eppure, come principali ostacoli alla digitalizzazione dei propri clienti, gli studi identificano la difficoltà nel percepire il digitale come una leva per lo sviluppo (23-46%) e la carenza di adeguate competenze digitali in azienda (29-46%). Su quest’ultimo punto, in particolare, l’opinione dei professionisti conferma quanto dichiarato dalle PMI, secondo cui l’assenza di adeguate competenze digitali al proprio interno rappresenta il principale ostacolo alla digitalizzazione.

Ciò significa che, pur intravedendo l’esigenza di servizi specialistici che supportino le imprese clienti nell’affrontare consapevolmente la transizione digitale e verde, il mercato degli studi professionali non è del tutto pronto a rispondere? E se così fosse, si starebbe preparando a farlo?

Per quanto riguarda l’introduzione di nuove competenze e conoscenze, oscilla tra il 3% dei commercialisti all’8% dei multidisciplinari la quota di studi che afferma di aver assunto soggetti con competenze diverse dalla propria professione, mentre si aggirano attorno al 14%-25% gli studi che hanno sviluppato collaborazioni stabili con soggetti con competenze diverse dalla propria professione. Il 43%-50% di studi non ha ancora attivato azioni su questo tema ma sta pensando di farlo, mentre rimane una parte di studi (22%-36%) che si dichiara “a posto così”.

In aggiunta, una quota compresa tra il 35% e il 50% degli studi (24% nei multidisciplinari) afferma di non avere volutamente inserito giovani negli ultimi due anni, nonostante ciò possa contribuire a portare nuove competenze e prospettive con cui arricchire la dimensione culturale dello studio e, di conseguenza, il portafoglio servizi.

In relazione alla necessità di farsi percepire dalle imprese come un supporto autorevole nell’area della transizione digitale e green, è opportuno che gli studi interiorizzino di più queste stesse tematiche, attraverso prassi più diffuse all’interno delle loro organizzazioni. Ecco allora che, proprio da questi aspetti, gli studi professionali dovrebbero e potrebbero partire per adeguare sempre più la propria offerta alle esigenze – espresse o ancora latenti – delle imprese, aprendosi a nuove abilità, più ampie rispetto a quelle storicamente presidiate. Ciò consentirebbe loro di accrescere la propria presenza nelle aree vitali delle imprese, più vicine alle fonti di generazione di valore, favorendo così la fidelizzazione della clientela e migliorando la propria competitività.