categoria: Draghi e gnomi
Ecco più Europa per le commissioni interbancarie, con prevedibili conseguenze
Nei giorni scorsi, Fineco ha comunicato ai propri clienti la variazione delle condizioni contrattuali applicate alle carte di credito Classic e Link: a partire dal 1° maggio, per entrambi i prodotti sarà previsto un canone annuale di 19,95 euro – quello sinora vigente per la carta Link è di 9,95 euro, mentre la carta Classic è gratuita. La banca attribuisce quest’adeguamento all’entrata in vigore del Regolamento UE 2015/75, con cui le istituzioni comunitarie hanno calmierato il livello delle commissioni interbancarie praticate sui pagamenti elettronici.
In particolare, il tetto – pari allo 0,3% dell’importo della transazione per le carte di credito e allo 0,2% dell’importo della transazione per le carte di debito – riguarda gli schemi di pagamento “a quattro parti”, come Visa o Mastercard, in cui la transazione è mediata da due soggetti: la banca emittente, che fornisce lo strumento di pagamento al pagatore (tipicamente un consumatore); e la banca acquirente, che accetta il pagamento per conto del beneficiario (tipicamente un esercente). Viceversa, i meno diffusi schemi “a tre parti”, come American Express, prevedono l’interposizione di un unico soggetto che emette le carte di pagamento e amministra le convenzioni con gli esercenti.
Negli schemi a tre parti, poiché le due funzioni coincidono, non si pongono problemi di ripartizione della commissione di pagamento. Negli schemi a quattro parti, invece, la banca acquirente – che riceve il pagamento e incamera la relativa commissione – deve remunerare la banca emittente che, con la sua autorizzazione, consente la buona riuscita della transazione. Questo compenso è detto “commissione interbancaria”.
La ratio del Regolamento è a prima vista seducente: contenendo le commissioni interbancarie si potranno contenere le commissioni di pagamento e, così, i prezzi finali. Tuttavia, calmierare i prezzi è una soluzione tanto elementare quanto sbagliata, perché si regge sull’assunto che gli operatori si adeguino supinamente ai desiderî del legislatore. Confondere le intenzioni alla base di un provvedimento con le sue effettive conseguenze è un errore assai frequente nell’elaborazione di politiche pubbliche.
Nel caso in discussione l’errore è stato duplice. Da un lato, era illusorio ritenere che gli esercenti (e la grande distribuzione in particolare) avrebbero traslato ai consumatori i minori esborsi attraverso una riduzione dei prezzi finali. Dall’altro, le commissioni interbancarie sono un’importante fonte di ricavo per le banche emittenti: era facile prevedere che la loro riduzione si sarebbe tradotta in un aumento dei costi fissi o dei tassi d’interesse (o persino, a valle, in una riduzione dell’offerta di carte di pagamento).
Dove non arriva la logica economica, dovrebbe arrivare l’analisi positiva: Spagna, Australia e Stati Uniti avevano già sperimentato le conseguenze negative di un intervento sulle commissioni interbancarie e, prima dell’introduzione del Regolamento, molti analisti hanno denunciato la concreta eventualità che la reiterazione di quelle misure su scala continentale avrebbe comportato gli stessi problemi. Per esempio, Europe Economics stimava per l’Italia una decurtazione complessiva delle commissioni interbancarie pari a 494 milioni di euro, interamente compensata per le banche da maggiori costi ai clienti e destinata a generare per i venditori un risparmio di 454 milioni di euro. In altre parole, l’effetto pratico della misura sarebbe stato quello di un trasferimento netto di risorse dai consumatori alla grande distribuzione per mezzo miliardo di euro.
È chiaro, allora, che iniziative come quella di Fineco non possano soprendere. Come rilevato da Iain Murray, peraltro, reazioni analoghe sono state annunciate in tutta Europa. Nel Regno Unito, per esempio, Santander ha incrementato le spese di tenuta dei conti correnti, una strategia seguita anche da Société Générale, Crédit Mutuel e BNP Paribas in Francia; da PKO BP in Polonia; da Jyske Bank in Danimarca. Sempre nel Regno Unito, Tesco, Capital One e RBS hanno ridimensionato i propri programmi di fidelizzazione, mentre HSBC ha aumentato il tasso d’interesse applicato alla propria carta di credito Premier. In Polonia, ING Bank Slaski ha eliminato i prelievi gratuiti al bancomat. Se questi esiti siano da attribuire all’avidità delle banche o all’insipienza del legislatore, è una conclusione che affido volentieri al lettore.
Twitter @masstrovato