Imprenditori e patrimonio personale, le scelte per un futuro sereno

scritto da il 19 Agosto 2024

Post di Francesco Schimmenti, esperto fiscalista del network Partner d’Impresa

Il 21 agosto è la Giornata mondiale dell’Imprenditore, evento il cui scopo è creare consapevolezza sui temi dell’imprenditorialità. In Italia, secondo i dati più recenti datati luglio 2024 di  I-AER, Institute of Applied Economic Research, si registrano  oltre 4 milioni di imprese, di cui il 98% sono di piccole e medie dimensioni,  il vero principale motore dell’economia nazionale; un esercito di professionisti che crea occupazione nel Paese ma non ha chiaro in quale modo tutelare il proprio futuro, a causa di una scarsa educazione finanziaria.

A confermarlo i dati della Banca d’Italia del 2021, che attestano la scarsa propensione agli investimenti in rendite passive e fondi privati. Nei conti correnti delle imprese, secondo l’indagine realizzata, era presente infatti una cifra complessiva pari a 492 miliardi di euro, con un aumento della liquidità importante, pari a 95 miliardi di euro, rispetto a quanto evidenziato dalle ricerche effettuate negli anni precedenti.

Il tesoretto presente sui conti correnti tende a restare fermo per anni perché vi è un tipico atteggiamento prudenziale e una scarsa consapevolezza della perdita di valore del denaro legata all’aumento dell’inflazione e di quali siano gli strumenti fiscali a disposizione per tutelarsi maggiormente, perché spesso poco conosciuti e diffusi. Sempre secondo i dati di Banca d’Italia, infatti, meno del 5% degli imprenditori ha attivato un’assicurazione sulle persone chiave dell’azienda, in grado di compensare un qualsiasi inconveniente che potrebbe compromettere la continuità dell’attività.

Il gap previdenziale: uno dei motivi per cui non si riesce a chiudere l’attività

La pensione pubblica stimata per un imprenditore si prospetta inferiore rispetto al reddito percepito in attività e questo gap previdenziale è maggiore rispetto a quello che interessa i lavoratori dipendenti. Una situazione dovuta in parte al fatto che l’aliquota contributiva che viene versata è inferiore, ma anche a una maggiore instabilità reddituale e contributiva che si verifica nel corso della propria carriera.

I dati Istat più recenti (2021) sul numero dei lavoratori indipendenti che continuano a esercitare la professione dopo la pensione, conferma come gli imprenditori tendono generalmente a non interrompere la propria attività lavorativa: sono 444 mila e di questi i pensionati lavoratori indipendenti sono l’86,3%;  la quota è aumentata di circa due punti percentuali nell’ultimo biennio (2019-2020) prima dell’indagine. Il 56,3% è rappresentato da lavoratori autonomi, il 24,9% da liberi professionisti, il 7,1% da coadiuvanti nell’azienda familiare e il 6,0% da imprenditori. In ogni caso, la carriera imprenditoriale è costantemente caratterizzata da rischi e sfide, ma anche da grandissime opportunità.

imprenditori

Tuttavia, molti imprenditori si trovano alla fine della loro carriera senza un patrimonio personale solido, poiché hanno reinvestito tutto nel loro business. Concentrare gran parte del proprio patrimonio personale all’interno dell’azienda stessa è un errore purtroppo comune: occorre sempre separare le finanze personali da quelle aziendali. Esistono strumenti in grado di assicurare all’imprenditore la costruzione di un patrimonio personale duraturo, alcuni di questi permettono anche dei vantaggi fiscali. Eccoli illustrati di seguito.

Fondi di investimento – Investire in un piano pensionistico individuale (come un fondo pensione) è uno strumento di risparmio a lungo termine, progettato per aiutare ad accumulare denaro nel tempo. E’ un vero e proprio conto di risparmio in cui l’imprenditore versa del denaro nel corso della propria vita lavorativa, con l’obiettivo di riaverlo (in un’unica soluzione oppure tramite rendita mensile) quando deciderà di smettere di lavorare. Il denaro ovviamente viene investito in vari strumenti finanziari (azioni, obbligazioni oppure immobili) al fine di far crescere il capitale. Esistono alcuni vantaggi fiscali: il primo è certamente la deducibilità; i versamenti effettuati permettono di risparmiare imposte e abbattono il reddito imponibile; su redditi oltre 50.000 euro parliamo di un risparmio annuale del 43%.

Il secondo si avrà al momento della pensione; infatti i rendimenti ottenuti tramite forme pensionistiche sono normalmente soggetti a un’imposta agevolata rispetto a tutte le altre forme di investimento. Inoltre sul capitale e/o la rendita relativa alla pensione integrativa, sarà applicata un’aliquota del 15% (a oggi l’aliquota Irpef più bassa è del 23%), che si riduce dello 0,30% per ogni anno di permanenza nel fondo oltre il quindicesimo, fino a giungere addirittura a un minimo del 9%.

È consigliabile dunque iniziare a contribuire il prima possibile per beneficiare dell’interesse composto nel tempo oltre che della riduzione d’imposta. Esistono tantissimi prodotti sul mercato e la scelta corretta deve anche ricadere su un prodotto che non sia gravato da eccessivi costi (i quali pregiudicano il rendimento finale), in quanto l’obiettivo è costruire un capitale che nel tempo batta l’inflazione e cresca di valore. È importante quindi scegliere il fondo di pensione giusto, considerando il corretto orizzonte temporale e il grado di rischio che l’imprenditore sente di poter sostenere.

TFM, accantonamento di fine mandato – Un altro strumento utile allo scopo è certamente l’accantonamento di fine mandato (o TFM). È simile al TFR (Trattamento di Fine Rapporto) per i lavoratori dipendenti, ma è specifico per amministratori, manager e imprenditori. Durante il mandato lavorativo, l’azienda accantona una certa somma di denaro per ogni anno di servizio svolto e al termine del mandato il soggetto riceve l’importo accantonato, in un’unica soluzione oppure a tranches come se fosse una rendita. Il vantaggio fiscale in questo caso è duplice: per l’azienda gli accantonamenti annuali sono da subito pienamente deducibili fiscalmente. Il soggetto che invece riceverà le somme, pagherà le sue imposte solo quando riceverà le somme, beneficiando di una tassazione agevolata.

Va sottolineato che i vantaggi fiscali agiscono anche nel caso in cui l’operazione sia solo contabile e non venga concretamente accantonata alcuna somma: pertanto possono essere realizzate strategie finanziarie anche in questo senso, scegliendo di anno in anno come agire. Per sfruttare tutti i vantaggi occorre muoversi con attenzione perché la normativa è molto precisa e pertanto è fondamentale farsi seguire da professionisti esperti in materia.

Diritto d’autore – Se nel corso della propria vita l’imprenditore ha creato personalmente opere dell’ingegno e dunque brevetti, processi aziendali, formule oppure anche detiene particolari informazioni relative a esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, potrà vedersi riconoscere un compenso dall’azienda per il diritto di utilizzo di quanto sopra.

Tramite un accordo infatti, l’imprenditore otterrà delle royalties anche mensili, sfruttando il valore di quanto concesso all’azienda e anche in questo caso il vantaggio fiscale sarà duplice: completa deducibilità per l’azienda (quindi riduzione delle imposte da pagare), parziale detassazione fiscale per il reddito dell’imprenditore (non si pagano le imposte sul 25%) e completa detassazione previdenziale sugli stessi redditi (reddito esente ai fini INPS).

La consapevolezza di costruire un patrimonio personale

In ogni caso, al di là dei vari strumenti che sono certamente utili allo scopo, quello che occorre all’imprenditore durante la propria carriera lavorativa è la consapevolezza di dover costruire un patrimonio personale e la volontà di farlo.

Per concludere, pensare di concentrare tutto il valore del proprio patrimonio nell’azienda stessa, per poi cederla alla fine della carriera lavorativa è un grande rischio. Come primo aspetto occorre riuscire a trovare un acquirente sul mercato ed è possibile farlo solo se si è iniziato un percorso organizzativo di deleghe, automatizzazione dei processi e delle procedure che abbia reso l’azienda un soggetto autonomo dall’imprenditore stesso.

Secondo aspetto, nella trattativa dovrà essere individuato un prezzo congruo, in linea con gli utili, le potenzialità future e la capacità di generare liquidità dell’azienda stessa. Il prezzo incassato dall’imprenditore per la cessione dell’azienda, dovrà infine consentire allo stesso di vivere una vita agiata, almeno in linea con gli anni lavorativi.

La questione exit è dunque possibile ma non certamente scontata, molto meglio lavorare da subito per costruire un patrimonio personale che permetta di garantire un futuro sereno.

 

*Francesco Schimmenti è un professionista della divisione Fiscal del network Partner d’Impresa, rete nazionale di professionisti specializzati in diverse aree che offrono supporto alle imprese attraverso progetti di consulenza integrata in ambito legale, fiscale, consulenza del lavoro, privacy e sicurezza, ESG e finanza agevolata.