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Progetti nel turismo (in Italia): come finanziare un’idea e crescere?
Post di Raffaello Zanini, fondatore del portale PlanetHotel.net, Senior Consultant in Hotel Development –
John F. Kennedy ha detto: “Ogni programma di azione porta con sé costi e rischi, ma questi sono minori dei costi e dei rischi che alla lunga porta una confortevole inazione”.
L’esame dei progetti approvati e finanziati dal PNRR conferma che il nostro turismo resta oggetto di piccoli interventi di piccoli imprenditori.
Infatti l’elenco dei principali progetti finanziati comprende 500 milioni ad un fondo nel turismo della BEI, 150 milioni destinati a Cassa Depositi e Prestiti per un fondo acquisizione immobili, 114 milioni destinati ad un Hub del turismo digitale (italia.it), e 20 milioni per il turismo delle radici.
Tutti questi fondi sono destinati a finanziare una lunga lista di piccoli progetti.
Tra i beneficiari dei finanziamenti PNRR vengono poi una serie di soggetti pubblici con interventi di tipo immobiliare, ad esempio la costruzione di scuole per il turismo.
Molto dopo si incontra il primo progetto privato: la valorizzazione del borgo medievale Cardina, in Lombardia, agriturismo Villa Sassi, finanziato con 534.000 euro su un totale di progetto pari a 3,82 milioni.
Un altro progetto cui vanno 361.000 euro, per un intervento totale pari a 2,81 milioni, è quello di Villa Eden, di nuovo in Lombardia.
Un PNRR privo di visione
Seguono interventi più piccoli a riprova che il PNRR turismo, predisposto dall’allora ministro Franceschini non aveva capacità di visione, e non si proponeva di indicare una nuova direzione dello sviluppo turistico.
Mancano progetti importanti in grado di innovare l’offerta italiana, e di preparare “strutture” eventualmente da vendere ai fondi stranieri quanto mai desiderosi di acquistare oggetti di valore in Italia.
Mancano interventi di rinnovo urbanistico che dovrebbero occuparsi della ristrutturazione di porzioni di città turistica, per i quali è utile una modifica delle leggi sui fondi comuni di investimento immobiliare introducendo il concetto di fondo immobiliare turistico, allo scopo di accorpare proprietà troppo frazionate.
Le tre condizioni per la trasformazione della città turistica
Per la trasformazione della città turistica, e perché il turismo italiano possa svilupparsi come in altri paesi mediterranei, ad esempio la Spagna e la Grecia, sono necessarie tre condizioni:
1. Servono progetti dettagliati pronti per essere realizzati, che siano abbastanza grandi da poter attrarre i capitali interessati ad operazioni importanti: l’ordine di grandezza dovrebbe essere quello dei 100 milioni di euro.
In questo è fondamentale intervenire sulle questioni fiscali, giuridiche e burocratiche.
2. I progetti richiedono imprenditori visionari, che preferiscano il rischio all’inazione, che credano nell’ innovazione dell’offerta turistica, e siano in grado di investire l’equity necessaria a farli decollare: in Italia non può nascere un Elon Musk, e se nasce in Italia si trasferisce presto altrove. Però possono crescere alcune decine di imprenditori medi che investano sul territorio italiano, anche usando veicoli stranieri, europei o extraeuropei. Imprenditori che devono uscire dagli schemi finanziari italiani (alcuni già ci sono).
3. Infine i capitali.
a. La trasformazione della città turistica richiede capitali ingenti che possono essere raccolti sul mercato sia attraverso VC, fondi, o essere ottenuti come finanziamento bancario. Strada non facile, perché i fondi stranieri non sono disponibili ad occuparsi di “sviluppo” proprio per l’eccessiva burocrazia italiana, mentre le banche stanno riducendo l’investimento nell’immobiliare, richiedono garanzie accessorie e un’equity troppo alta.
b. In alternativa è possibile, anche partendo da una equity percentualmente limitata, strutturare operazioni finanziarie destinate a generare i profitti che poi saranno investiti nel progetto stesso. Questo è ciò che normalmente fanno gli imprenditori anglosassoni, favoriti anche da leggi bancarie molto meno limitative di quelle europee, in collaborazione con società specializzate in investimenti e trading. Si tratta di soluzioni apparentemente complicate per chi non le conosce, che possono sembrare troppo rischiose, ma che sono proprie di un metcato finanziario da cui noi italiani siamo esclusi.
Per questo bisogna appoggiarsi ad una rete consolidata di relazioni, esclusivamente fuori dell’Italia, con soggetti che gestiscono grandi capitali finanziari, rete che oggi, dopo anni di costante ricerca e selezione, il gruppo cui partecipo ha ben sviluppato.
Un gap culturale. Ma cosa serve per crescere?
In America, a Singapore, a Londra, nel sud est asiatico è normale finanziare progetti imprenditoriali accedendo a soluzioni che richiedono una cultura finanziaria non banale, mentre in Italia siamo legati mani e piedi a dirigenti bancari che o non conoscono queste soluzioni o le riservano a pochissimi clienti importanti.
Questa è la difficoltà che incontra l’imprenditore italiano, difficoltà principalmente culturale, propria anche degli imprenditori di maggior successo, anche degli imprenditori più ricchi, che si trovano ad affrontare un mondo completamente nuovo con gli strumenti della finanza che usavano i nostri nonni.
In sintesi: per crescere serve l’imprenditore e un bel progetto in un range dai 20 ai 100 milioni di euro o più, e un minimo di equity per avviarlo. Starà al consulente individuare i partner che possono poi decidere se investirci direttamente o suggerire delle soluzioni diverse per finanziarlo.