Futuro dell’acqua e nuove tecnologie: battere la siccità è possibile?

scritto da il 01 Luglio 2024

Post di Donato Pasquale, Responsabile Settore Water & Waste Water, Schneider Electric Italia – 

L’acqua,  risorsa che in molte aree del mondo eravamo abituati a considerare abbondante, in grado di rinnovarsi e liberamente disponibile – oggi si è trasformata in un bene sempre più a rischio a causa di vari fattori,  quali l’aumento della popolazione globale, la crescita della domanda legata all’industrializzazione, il cambiamento climatico, le conseguenze dell’inquinamento.

Sono sempre di più i paesi del mondo in cui la siccità si ripresenta in modo grave e prolungato. L’Italia stessa è il quarto paese europeo più a rischio in termini di stress idrico, come evidenziato dal Libro Bianco 2024 della community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti. Ciò ha conseguenze pesantissime: per la sola Sicilia, Coldiretti stima in questi giorni un danno da 200 milioni di euro per l’economia agricola a causa della siccità in corso, e una diminuzione del 50% nel raccolto del grano.

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Acqua, nuove infrastrutture, impatto delle emissioni: che fare?

Gestire in modo sostenibile l’acqua come risorsa finita, aumentando al contempo la sua disponibilità per tutti, pone una triplice sfida. Infatti, per assicurare un accesso universale all’acqua pulita, potabile dovremmo costruire nuove infrastrutture, di cui però dovremmo azzerare l’impatto di emissioni per garantire la sostenibilità; e dovremmo fare tutto ciò contenendo i costi del servizio fornito. Che fare?

Il “pallino” è nelle mani delle utility del settore, che potranno agire applicando strategie nuove, coadiuvate da tecnologie evolute e basate sulla sostenibilità. Il problema richiede un cambiamento incisivo, non un approccio incrementale: solo affrontando tutte le sfide in modo interconnesso si potranno creare i sistemi di gestione dell’acqua resilienti ed efficienti necessari per il nostro futuro.

Un elemento molto importante da tenere presente è la ricerca di un giusto equilibrio tra la necessità di sostenere gli investimenti, responsabilizzando anche agli utenti –  e la garanzia dell’accesso all’acqua, considerando che l’UNESCO ci dice che già due miliardi di persone, il 26% della popolazione mondiale, oggi non hanno un accesso sicuro all’acqua, mentre quasi la metà della popolazione fa fatica a permettersi i servizi essenziali.

Il dilemma del consumo di energia

Pensando all’ambiente, inoltre, bisogna considerare anche un altro tema: i consumi energetici. Il settore idrico consuma per funzionare circa il 4% dell’elettricità utilizzata a livello mondiale. Le emissioni correlate a questa energia, insieme alle emissioni dirette derivanti dai processi di trattamento delle acque reflue (metano, protossido di azoto…) hanno un impatto molto significativo: ed è allarmante che l’aumento della domanda e l’effetto del cambiamento climatico facciano prevedere da parte del settore un aumento del 30% di consumo energetico e emissioni dirette da qui al 2040.

Di fronte a tanta complessità, non è possibile pensare di separare tra loro i vari temi. L’introduzione di pratiche più efficienti, l’uso di energie rinnovabili, l’efficientamento del servizio idrico in sé vanno considerate in modo olistico: processi più intelligenti e soluzioni abilitate dal digitale oggi ci consentono di farlo.

Nuove tecnologie per l’acqua: universali, virtuali, resilienti

Il ciclo di vita tipico delle soluzioni di automazione nelle infrastrutture idriche è molto lungo, con aggiornamenti significativi ogni 10 o anche 20 anni: tempi che lo scenario odierno rende non più accettabili. Si devono trovare strumenti per intervenire in modo flessibile, con soluzioni alternative che risultino sostenibili nel lungo termine per offrire la necessaria resilienza.

Oggi questa possibilità esiste, grazie a un’evoluzione delle tecnologie di automazione e gestione dei servizi idrici che permette alle utility di separare il ciclo di aggiornamento delle infrastrutture fisiche (l’hardware) dal ciclo di aggiornamento del software, sfruttando la flessibilità di quest’ultimo per creare nuove applicazioni tutte le volte che ve ne sia bisogno e arrivare così ad avere infrastrutture idriche che possano adattarsi continuamente e migliorare, per lungo tempo, superando i limiti del passato.

L’importanza del software…

Questo consente, ad esempio, di ripetere aggiornamenti e aggiungere funzionalità in modo molto rapido, risparmiando anche migliaia di ore di lavoro e di progettazione – perché si possono riutilizzare applicazioni create una volta sola per distribuirle, via software, su reti che sono geograficamente ampie e complesse, con tantissimi componenti. Non solo: attraverso dati e software diventa possibile creare modelli virtuali delle infrastrutture idriche, che costituiscono una base comune e affidabile nel tempo su cui è possibile operare per sperimentare nuove strategie, fare aggiustamenti e anche impostare – grazie a algoritmi alimentati dai dati – strategie di manutenzione predittiva e di monitoraggio, che aiutino a evitare guasti e perdite idriche e a ridurre i consumi energetici e operativi nel loro insieme.

La nostra esperienza ci dice che una utility può arrivare a migliorare del 20% l’affidabilità operativa, può ridurre di almeno il 5% i consumi energetici e tagliare le perdite idriche della rete (che oggi sono mediamente poco meno del 40% in Italia, NdR). Oltre a poter dichiarare un aumento dell’Ebitda superiore al 20% nell’arco di tre anni.

… e l’importanza delle persone

Questi risultati non derivano soltanto dalla tecnologia. Per realizzare pienamente il potenziale, la tecnologia deve unirsi alle persone. In particolare, dobbiamo oggi creare una nuova generazione di professionisti che abbiano le competenze necessarie per gestire i servizi idrici con queste logiche guidate dai dati e dal software. Come e forse di più che in altri settori, la trasformazione digitale ha urgente bisogno di iniziative di formazione: i vendor hanno in questo senso un ruolo rilevante, potendo attivare, come fa anche Schneider Electric, percorsi educativi, di riqualificazione e di aggiornamento professionale ad hoc.

Creare ecosistemi circolari: da residuo a risorsa

Parlando delle sfide del settore idrico, abbiamo introdotto il tema citando anche il concetto di circolarità. In questo senso, in ambito idrico un tema importante è il riutilizzo delle acque reflue trattate – che, secondo dati UNEP, oggi vengono riutilizzate per l’11% del totale disponibile.  Creare un ecosistema dell’acqua circolare è un obiettivo che deve essere perseguito coinvolgendo, oltre alle utility, la filiera che utilizza l’acqua, a partire dai soggetti che ne consumano di più come l’industria – ed anche a tale scopo la digitalizzazione ha dimostrato di poter dare un contributo rilevante.

Ad esempio, la utility Aquapolo ha creato una importante iniziativa di riuso dell’acqua in Brasile, dedicata al riutilizzo delle acque industriali, supportata da tecnologie di gestione degli asset e piattaforme digitali Schneider Electric. Ogni litro di acqua riciclata prodotta, risparmia un litro di acqua potabile – e questa frase rappresenta, simbolicamente, l’obiettivo di tutto ciò che è possibile fare con la digitalizzazione applicata alle infrastrutture idriche: trasformare acqua inutilizzata o sprecata (perché non trattata, perché disperse in rete, perché gestite in modo inefficiente….) in acqua disponibile, coniugando sviluppo umano e sostenibilità con la crescita.