categoria: Vicolo corto
La scienza, l’etica e la responsabilità di creare il nostro futuro
Post* di Valter Fraccaro, Presidente Fondazione SAIHUB (Siena Artificial Intelligence HUB) –
La tecnica è tra le cose che differenziano la specie umana. Anzi, per molti versi è quella basilare: se un marziano fosse atterrato nella savana africana di qualche centinaio di migliaia di anni fa, avrebbe potuto distinguere i nostri progenitori in quanto erano gli unici esseri che riuscivano ad usare un oggetto per generarne un altro, usando una pietra per scheggiarne un’altra, o raccogliendo da terra un legno e trasformandolo in bastone per sorreggersi o per scavare il terreno.
Nata indipendentemente dalla scienza, ora la tecnica ne è applicazione.
La tecnica non è un fine della scienza, così come la scienza non produce valori, né libertà, né felicità dell’uomo. Non esiste un suo scopo etico.
Essa non ha uno scopo trascendente, esterno a sé, finalizzato, teleologico. Il suo scopo è immanente, del tutto interno. Scopo della scienza è tanto il cercare quanto il trovare, cercare e trovare la verità riguardo il suo specifico oggetto di analisi.
Siamo da più di un secolo nel tempo della razionalizzazione, parola che vuol dire più cose, tra cui:
- – l’ottimizzazione di ogni processo;
- – la specializzazione della conoscenza;
- – la definizione razionale, precisa il più possibile dei fenomeni, delle loro cause, degli elementi a contorno.
Quella razionalizzazione è tipica della scienza moderna, quella in forma matematica che conosciamo da qualche secolo e che usa il “metodo scientifico” come strumento d’azione.
È con quella che è stata portata avanti l’evoluzione della tecnica, tanto che l’utilità ne è diventata una caratteristica, per certi versi il suo carattere straordinario.
Da più di un secolo la scienza è il motore della società, agente del cambiamento, fondamento dell’economia contemporanea, modello del “lavoro che vale”, tanto più potente quanto più è incondizionata.
La scienza è “lavoro dello spirito”, come la definì Weber all’inizio del secolo scorso, ed è insieme l’attività di massima produttività possibile per l’umano, proprio perché è basata sulla scelta, sul “beruf” per dirla con Weber, cioè con la vocazione, essendo un’attività che non si può fare “a comando”.
Poiché quella produttività può essere convertita in prodotti e consumi, il legame tra attività scientifica ed economia risulta evidente.
Oggi il rapporto tra queste due entità è inscindibile e l’unica forza che può regolarlo è la politica.
Questo è il punto fondamentale dello sviluppo sociale dei prossimi tempi, tanto più incidente quanto più l’economia acquisisce potenziale controllo sulla scienza.
Inoltre, la scienza è un elemento basilare per la costruzione del futuro, come lo è stata ogni conoscenza che l’uomo ha maturato nella sua storia di specie.
Se questa è la scienza, quale etica può governarla?
È del tutto chiaro che nella testa di chi fa ricerca non esistono “soggetti” che non possano essere indagati, dunque l’etica in che modo riguarda la scienza?
Per provare a dare una risposta, vediamo di intenderci su cos’è “etica”. In forma semplice, credo si possa dire che l’etica è l’insieme di quei valori che in un certo tempo e in una certa cultura una società utilizza per stabilizzare le diverse spinte emotive, intellettuali, civili, religiose.
Si può ricorrere anche ad una similitudine: come la statica si applica per gli edifici e gestire le diverse forze affinché essi non crollino, così l’etica è l’insieme di regole che si creano per gestire adeguatamente le spinte, tanto più quando esse sono contrastanti tra loro.
E possiamo anche dire che l’etica è il fondamento del futuro.
E il futuro cos’è?
È stato detto che il futuro è ciò che i futuri chiedono ai presenti, sottolineando la responsabilità di chi vive nei confronti di chi ancora non è, ma si può anche dire in maniera più diretta che il futuro è ciò che i futuri vivranno in seguito alle decisioni dei presenti.
Se è così, allora è oggi e qui che convergono la scienza, la tecnica, l’etica: tutti elementi che pre-determinano il futuro.
La scienza, dunque la tecnica, devono avere un’etica?
L’etica, anche in quanto scelta personale, influenza l’agire umano, quindi anche quello di chi fa ricerca, ma va detto che la scienza non si è mai fermata davanti ai divieti imposti su ciò che non dovesse essere studiato. In questo, essa ha sempre preservato, anche con costi notevoli, la propria libertà di indagare qualsiasi fenomeno, persino quelli che sembravano extra-scientifici, cioè dovuti, ad esempio, ad apparenti superamenti delle leggi fisiche o chimiche.
È piuttosto sul modo di fare scienza che l’etica può agire, come si vede quando ci si confronta con le norme esistenti sull’uso della sperimentazione sugli animali o sulle persone.
Esiste sicuramente anche un’etica dell’applicazione tecnica della conoscenza, ma oltre ad essa e in una visione più ampia, vi sono effetti che vanno oltre e che hanno a che fare con la percezione umana.
Per esempio, si pensi alla possibilità dell’Intelligenza Artificiale di giungere al riconoscimento facciale del singolo individuo e del suo comportamento, arrivando persino ad interpretarne in anticipo le intenzioni.
Su questo ci sono e ci saranno leggi specifiche: come in altri casi il diritto positivo, con la sua capacità di agire istantaneamente, anticipa il cambio etico della società: si vieta un comportamento (quello del guardiano, del censore) prima che vi sia un condiviso sentimento che esso è tanto inappropriato da renderlo “in sé” scorretto.
Resta però il nostro essere umani, e questo è uno stato indifferibile, non separabile dalla nostra stessa esistenza come “singole persone” ancora prima che come “società”.
La tecnologia che ci osserva e il condizionamento che ne consegue
Si supponga che, camminando per strada nel centro di una città, una persona ponga attenzione a tutte le telecamere che la circondano: può sapere che esistono leggi che vietano di usarle contro di essa, può persino fidarsi di quelle leggi e di chi quelle telecamere le usa, ma come può sentirsi certa di non essere osservata, visto che non esiste modo logico di dimostrare che essa non sia vista, guardata, spiata, persino anticipata nelle sue intenzioni?
Quella persona non potrà che comportarsi in conseguenza di quella pressione, persino ignorandola o sfidandola, ma comunque restando il dubbio ineliminabile di essere il soggetto di un’attenzione malevola, esistente o comunque estremamente favorita dalla sola presenza di quelle telecamere. Insomma, basta che esista quell’apparato di potenziale osservazione perché una persona ne sia condizionata.
Etica, scienza, futuro, potere
Il conflitto tra il singolo e il connubio scienza/tecnica sta tutto qui e per questo ci vuole tanto il rispetto dell’etica nel “fare la scienza” quanto la capacità di comunicare sempre più con tutti, facendo in modo che il dibattito sul come, non sul cosa, sia sempre più esteso ed informato, anche quando è difficile, anche quando la polarizzazione sembra conquistare terreno.
Descritto così il presente, appare come l’etica non sia il limite della scienza ma lo spazio entro il quale l’uomo esercita la propria capacità di comprendere il mondo e insieme la responsabilità di creare un futuro in cui non si trasformi il potere in puro dominio e il tempo in solitudine.
*Intervento “Il limite per l’innovazione: questioni di Etica”, al convegno “Dall’uomo alla macchina pensante: integrazione, ibridazione o sostituzione?”, Padova – 28 maggio 2024