categoria: Res Publica
Parità di genere: il congedo di paternità tra equità ed efficienza
Post di Livia Di Raimondo Metallo per INSIGHT –
Claudia Goldin, storica ed economista dell’Università di Harvard, ha vinto il premio Nobel per l’Economia 2023 per i suoi studi sul gender gap. Goldin ha dato un nome ai principali fattori che hanno influenzato la partecipazione delle donne al mercato del lavoro nel corso della storia, fornendo una mappa da cui partire per leggere e migliorare le differenze di genere. Goldin dimostra come il divario salariale tra uomo e donna accresca proprio in corrispondenza della nascita del primo figlio e che, per questo motivo, la pillola anticoncezionale abbia costituito un punto di svolta per la partecipazione femminile al mercato del lavoro. La narrazione di Goldin intreccia il ruolo femminile all’interno del mercato del lavoro con il ruolo di responsabilità che viene storicamente affidato alle donne all’interno del nucleo familiare.
Occupazione e maternità: un confronto europeo
Nel 2022, in Italia l’occupazione femminile ammonta al 55%, ricoprendo l’ultimo posto, contro percentuali di gran lunga superiori nel resto d’Europa, dal 71% della Francia fino al 79% della Svezia. Difatti, nel confronto europeo emerge come le donne italiane con un figlio risultino occupate molto meno spesso di quelle con 3 figli in altri paesi. L’attenzione ricade in particolare sul ruolo che i figli ricoprono nella vita lavorativa delle madri: circa il 18% delle donne lavoratrici, smette di lavorare dopo la nascita di un figlio. Così, ci si interroga sul ruolo che, parlando di parità di genere, un adeguato supporto alla maternità può avere nel combattere la bassa occupazione femminile, a cominciare dal congedo parentale.
Parità di genere e congedo parentale: come va in Italia
Il congedo parentale è un periodo di astensione facoltativa dal lavoro messo a disposizione per un periodo cumulato tra i due genitori di massimo dieci mesi (di cui un solo mese viene retribuito all’80% della retribuzione media giornaliera, mentre i restati mesi al 30%). A tale facoltà si sovrappone l’obbligo del congedo di maternità, il quale prevede un periodo di astensione dal lavoro di circa 5 mesi, retribuito circa all’80%.
Questo trattamento è dovuto anche in caso di affidamento di minore: si intuisce così che il diritto concesso sia legato, oltre che a motivazioni di natura sanitaria, anche ad una necessità di accudimento del figlio. Difatti sembra naturale la previsione anche di un periodo di congedo di paternità obbligatorio, che ha tuttavia una durata pari a 10 giorni (retribuiti al 100%), con la finalità di garantire, si legge dalle indicazioni Inps, “una più equa ripartizione delle responsabilità di assistenza tra uomini e donne”.
Parità di genere e congedo parentale: come va in Europa
L’equità della cornice italiana sembra non particolarmente spiccata, vista l’effettiva disparità del congedo concesso. Tuttavia, la realtà italiana riguardo a questo aspetto della parità di genere sembra essere in linea con gli standard europei: la media arriva ad appena 1,4 settimane di congedo per gli uomini con pochi esempi eccezionalmente virtuosi. Tra questi si distingue la Spagna con 12 settimane, seguita da Portogallo, Austria e Slovenia (Figura 1).
È necessario evidenziare che tali dati mostrano solo una parte delle possibilità concesse ai neogenitori. Di fatti, nel caso dell’Italia non viene considerano il congedo facoltativo. Tuttavia, quest’ultimo ha nei fatti una rilevanza scarsa. Dalla Figura 2 emerge come una ridotta percentuale dei beneficiari del già ridotto congedo obbligatorio abbia usufruito anche di un ulteriore congedo: nel 2021 in Italia appena l’1,8% ha richiesto un ulteriore periodo facoltativo.
Il ruolo dei privati
Sulla richiesta dei congedi facoltativi pesa anche la loro limitata retribuzione. Ecco perché è di forte incoraggiamento il ruolo crescente che i privati iniziano a svolgere nelle politiche inerenti la parità di genere. Barilla ha di fatti da poco introdotto il congedo parentale di 12 settimane retribuito al 100% in tutte le filiali del mondo. Così, in Italia, i dipendenti Barilla di genere maschile possono usufruire di 12 settimane anziché di 10 giorni, indicando la possibilità che possano svolgere un ruolo rilevante nell’equilibrio familiare e nella redistribuzione dei compiti di cura.
L’efficienza va di pari passo
Non si tratta solo di equità, ma anche di efficienza: il dato dell’occupazione femminile è rilevante anche perché si tratta pur sempre di una sorta di “fuga di cervelli” dentro le mura domestiche. Nell’inquadrare i lavoratori quali input utili alla crescita aziendale, non è efficiente lasciare che tale capitale umano venga disperso, anziché sfruttato. Con un congedo parentale più equo è plausibile che il bilanciamento delle responsabilità sociali porti ad aumentare l’incentivo sia dal lato dell’offerta di lavoro femminile, sia dal lato della domanda di lavoro e del processo di selezione. D’altra parte, accrescere l’occupazione femminile è efficiente per l’intero sistema economico, soprattutto quello italiano. Far sì che il maggior numero di persone occupabili diventino occupate è il principale obiettivo per rendere il sistema pensionistico italiano sostenibile, dato l’ormai consolidato invecchiamento della popolazione.
Occupazione e congedo di paternità
Sulla relazione tra congedo e occupazione femminile, sono interessanti i risultati mostrati da Johanne Bacheron, giovane dottoranda in economia presso l’Aix-Marseille School of Economic. Bacheron ha studiato l’introduzione del congedo parentale in un campione di 10 paesi europei, mostrando un effetto di lungo periodo positivo: in media la policy aumenta del 17% il tasso di occupazione delle madri. Inoltre, è positivo e significativo in alcuni paesi del campione, tra cui l’Italia, anche l’effetto sul numero di ore lavorate.
Così, proprio da questi studi è utile partire per alimentare il dibattito sulla disparità di genere, costruendo misure capaci di migliorare l’equità della società in cui viviamo, apportando beneficio all’economia nel suo insieme.