categoria: Distruzione creativa
Intelligenza artificiale, ecco come può farci capire ciò che è umano
Post di Valter Fraccaro, Presidente Fondazione SAIHUB (Siena Artificial Intelligence HUB) –
Bernard Berenson (1865 – 1959) è stato uno dei più rilevanti storici dell’arte del secolo passato. Statunitense di enorme ricchezza, scelse di vivere gli ultimi sessanta anni della sua vita a Firenze, nella meravigliosa villa I Tatti, poi da lui donata all’Università di Harvard che ora vi ha sede. Uomo di sterminata cultura, è ricordato spesso nei libri di un altro grande sapiente, Federico Zeri, che ne fu amico.
Racconta Zeri che una mattina, svegliato alla solita ora dal suo valletto, Berenson venne informato che il giornale radio aveva dato notizia dell’annuncio di Papa Pio XII di aver visto la Madonna in sogno. Lo studioso rispose: “In che stile?”.
Già, “in che stile” vediamo noi le cose, in particolare gli oggetti tecnici, gli automi? Non possiamo che vederli come espressione umana, in un mondo di cui ci percepiamo quale riferimento. Nei tanti discorsi che si sentono sul “rimettiamo l’uomo al centro”, viene dunque da chiedersi se mai lo si possa abbandonare, quel punto cruciale.
Un coccodrillo è al centro del suo mondo, così come lo è un ragno o un qualsiasi essere vivente. Per ognuno di essi, le proprie necessità sono il punto focale tramite cui passa ogni cognizione.
Le parole sono invenzioni della nostra specie
Ogni parola che noi usiamo è una invenzione della nostra specie: se diciamo arte sogno madonna stile evochiamo definizioni che possiamo capire solo noi. L’estinto Orso delle Caverne non sapeva di esserlo e questo suo nome è stato inventato migliaia di anni dopo la sua scomparsa dalla Terra.
Con le parole designiamo tutto ciò che conosciamo e persino ciò che non conosciamo (i popoli extraterrestri) o sappiamo non esistere (un suono senza durata). Insomma, già solo nel comunicare verbalmente ci appare chiaro che la centralità della nostra specie non è amovibile o rimovibile dal nostro pensiero.
Non si tratta di una volontà di emarginare il resto dell’universo, ma di un espediente implicito nel funzionamento della nostra mente, tesa a considerare prevalente su tutto il nostro bisogno primario di sopravvivenza.
Intelligenza artificiale: è giusto dire che impara?
Dunque, “in che stile” diverso possiamo vedere noi le cose, in particolare gli oggetti tecnici, come gli automi? Nessuno, verosimilmente. Infatti, più le loro capacità si approssimano alle nostre più ne parliamo usando espressioni e modi rivolti alle persone: “Oggi questo computer non ha voglia di funzionare!”, “L’auto non ne vuole sapere di partire!”, “Mi ha salvato il telefonino!” e così via. Gli diamo del tu e del loro antropomorfizzandoli, giungendo ad immaginare, a volte scherzosamente a volte seriamente, che abbiano una qualche forma di volontà.
Oggi diciamo dell’Intelligenza Artificiale (IA) che ad essa “insegniamo”, che “lei impara”, che “lei decide” e così via. Come dire che quando infiliamo il pane nel tostapane gli “insegniamo” qualcosa, quello “impara” a tostare e poi “decide” di ridarcelo pronto.
In realtà, un sistema di Intelligenza Artificiale ha metodi completamente diversi da quelli del nostro cerebro e verbi come insegnare, imparare e decidere sono del tutto inappropriati. Il punto è che non ne abbiamo altri di specifici, diversi da lunghe e inutili perifrasi: siamo al centro del nostro mondo e descriviamo la tecnica con termini riferiti a noi, soprattutto nei primi tempi dall’apparizione di ciò che è nuovo.
Le scoperte scientifiche cambiano il significato delle parole
C’è un’altra osservazione da fare. Le scoperte scientifiche e la loro trasposizione tecnica sono in grado di cambiare il significato delle nostre parole, anche di quelle che più sono rilevanti nel determinarci.
Ad esempio, “creatività”.
Vocabolario Treccani: “creatività s. f. [der. di creativo]. – Virtù creativa, capacità di creare con l’intelletto, con la fantasia. In psicologia, il termine è stato assunto a indicare un processo di dinamica intellettuale che ha come fattori caratterizzanti: particolare sensibilità ai problemi, capacità di produrre idee, originalità nell’ideare, capacità di sintesi e di analisi, capacità di definire e strutturare in modo nuovo le proprie esperienze e conoscenze.”
IA, competenze senza comprensione. Ma con capacità di sintesi
“Capacità di sintesi” è oggi una caratteristica della cosiddetta IA Generativa, in grado di riassumere un testo o creare una immagine pertinente a quanto è stato descritto dall’utente con linguaggio naturale. È un tipico esempio di ciò che è l’ Intelligenza Artificiale: competenza senza comprensione. Nel caso, è in grado di ricapitolare uno scritto pur non avendo la minima cognizione dell’argomento né di ciò che ne discende. Può vincere una partita a scacchi, ma non ha alcuna percezione di cosa sia per una persona “vincere” o “perdere”, nel senso dell’emozione legata a questo termine, e pur essendo capace di dare come output una esplicitazione di quella sensazione.
Resta che comunque la “capacità di sintesi” ce l’ha, quell’IA, e che quindi essa non è più prerogativa solo della nostra specie. Se è così, la definizione del Treccani resta vera, ma man mano che affiniamo le capacità degli automi essa si attaglierà sempre più anche alle loro facoltà.
Alla scoperta di ciò che è insostituibile nella nostra umanità
Abbiamo quindi davanti un tempo in cui le parole che definiscono ciò che è distintivo dell’umano andranno riviste e questo ci farà bene: in quella riduzione descrittiva scopriremo ciò che davvero è componente insostituibile della nostra umanità, che fino a qua avevamo messo insieme a cose che si sono rivelate solo capacità compilative, imitabili dal silicio che abbiamo reso abile senza trasferirvi nessuna conoscenza.