categoria: Res Publica
Ottimismo, dal Pnrr al Mes ecco come si costruisce
I giovani hanno bisogno di ottimismo. Per vivere in maniera degna, le nuove generazioni devono poter sperare – con convinzione – in un futuro migliore. Devono porsi mete che sentono possibili. Quando il contesto è avverso, è impossibile essere ottimisti. Se ogni ambizione si fa utopia, le frustrazioni si cronicizzano in cinismo e sfiducia.
Il contesto italiano è avverso da decenni: irrilevanza geopolitica … Nel sistema internazionale, la collocazione odierna comporta rischi di arretramento (Imf, 2023ab; Wb, 2023ab; Ocse, 2023ab). In assenza di cambi strutturali, il trend sembra ineludibile: a livello globale, i giochi li faranno Stati Uniti e Cina; in Europa, Germania e Francia. L’Italia rischia di non sedersi neppure al tavolo.
… economia in stagnazione. Negli ultimi 20 anni il Pil è cresciuto a una media annuale dello 0,46 per cento [1]. Negli ultimi sei anni, la media è scesa allo -0,20 per cento (Istat 2022 e 2023a). Nel triennio 2023-25, la crescita è stimata tra lo 0,8 e l’1,2 per cento (Mef, 2023ab; Imf, 2023c; Wb, 2023f; Ocse, 2023b). I prezzi al consumo sono aumentati su base annua ben al di sopra del 2,0 per cento – obiettivo della Banca centrale europea (Bce) – ma l’economia è stagnante, “giapponesizzata” [2] (Takatoshi, 2016).
I prossimi anni sono a rischio. Come può un giovane essere ottimista? Gli ingredienti per la gestazione di una crisi ci sono tutti: crescita ferma, rigidità strutturali irrisolte, assenza di riforme, aumento di debito [3] e spread, fine del Qe della Bce (chi comprerà i titoli di Stato? [4]), economia esposta a shock esterni e rischio di elezioni anticipate.
Il governo ha il dovere di creare un contesto socioeconomico favorevole. I policy-makers devono saper gestire la complessità, con politiche solo apparentemente antitetiche. In primis, chi governa deve assumersi l’importante responsabilità di rafforzare il ruolo dell’Italia nel contesto globale e di strutturarne il futuro in Europa. In secundis, di concerto con l’Unione europea (Ue), vanno approvati: 1) un progetto pluriennale, per sviluppare il paese nel lungo periodo; e 2) un’assicurazione, in caso di crisi nel breve periodo. Infine, è essenziale che il governo favorisca soluzioni locali che contrastino l’omogeneizzazione culturale che lo sviluppo comporta – specie in un sistema global-capitalistico.
L’Italia ha bisogno dell’Europa, e viceversa. È interesse dell’Italia che l’Ue diventi un leader globale, capace di ridefinire il proprio rapporto con gli Stati Uniti e la Cina, ma anche con la Russia e con il Regno Unito post-Brexit. In Italia, i giovani avranno un futuro migliore solo se il paese è leader in Europa e membro pensante dell’Ue, capace di proposte di riforma [5] che risolvano le asimmetrie di potere che attualmente favoriscono Germania [6] e Francia.
Piano pluriennale: il Pnrr. Il ‘Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza’ (Pnrr o Recovery and Resilience Plan) [7] deve fondarsi su una visione strategica per il paese che ponga come priorità [8] la modernizzazione dell’economia e il rilancio del tessuto sociale (IT CdD, 2023). L’attuazione [9] del piano è essenziale per la crescita potenziale di lungo periodo – e, di conseguenza, per la sostenibilità del debito pubblico [10] – ma procede a rilento. Priva di tecnici capaci, la maggior parte delle amministrazioni ha fatto (e speso) meno del previsto. Senza la volontà politica di dotarsi di risorse umane adeguate, gli obiettivi finali sono a rischio [11].
Assicurazione: Mes. Il ‘Meccanismo Europeo di Stabilità’ (Mes, conosciuto anche come ‘Fondo salva-stati’) [12] protegge dalle crisi – del debito sovrano e bancarie – i paesi membri che, pur avendo un debito pubblico sostenibile, hanno difficoltà a finanziarsi sui mercati [13]. È insomma un assicuratore di ultima istanza, che – garantendo liquidità – previene i rischi di contagio o di default. L’applicazione di condizionalità lievi all’uso delle risorse (es: sì a sanità, istruzione, mercato del lavoro e crescita; no a quota 100, al reddito di cittadinanza, al salvataggio di Alitalia, etc.) non è una punizione, aiuta in primis i cittadini italiani: è nell’interesse del debitore rendere conto dei soldi presi in prestito.
Favorire soluzioni locali, profittando delle opportunità. A livello nazionale, per gestire la perdita di sovranità e l’indebolimento delle identità locali (Rodrik, 2007, 2011) il governo deve attenuare l’approccio tecnocratico di “best practice” e far prevalere le ‘competenze autoctone’ e la sperimentazione (Rodrik, 2000). Oltre ad adottare le riforme del Pnrr, nei prossimi anni è essenziale: 1) trasformare la vulnerabilità della collocazione geografica della Penisola in un ‘atout geopolitico’ [14]; 2) risolvere l’odierna incompatibilità tra le politiche energetiche e quelle di sicurezza, realizzando infrastrutture per diventare hub europeo e ridurre la dipendenza energetica (fra le più alte in Europa e freno allo sviluppo [15]); e 3) favorire con politiche concrete (per esempio: incentivi fiscali, finanziamenti e agevolazioni) il nesso tra creatività, capacità di innovazione e imprenditorialità – da sempre punto di forza della Penisola.
L’ottimismo si costruisce. L’ottimismo va costruito e guadagnato – come la felicità (Epicuro, 2014). Bisogna coltivare il proprio giardino (Voltaire, 2013) [16], con capacità e diligenza – per arrivare a saggezza e virtù (Platone, 2001 e 2007; Aristotele, 2015 e 2016; Cicerone, 2012; Kant, 2004). Per essere ottimisti, la speranza è insufficiente, la spensieratezza un limite. Ci vuole un desiderio realizzabile, che – attraverso l’impegno quotidiano – si trasformi in un obiettivo raggiungibile (Seneca, 2017ab).
Per riportare ottimismo sul futuro del paese, ci vuole un sapiente mix di Pnrr, Mes e soluzioni locali. “L’ottimista vede opportunità in ogni pericolo, il pessimista vede pericolo in ogni opportunità”, pare abbia detto Churchill. “È meglio essere ottimisti ed avere torto piuttosto che pessimisti ed avere ragione”, pare abbia detto Einstein. In altre parole, le aspettative vanno gestite, perché hanno un ruolo decisivo nel determinare gli esiti a venire. L’Italia deve essere capace di costruire un futuro che ispiri i suoi giovani. Nel panorama geopolitico, il governo deve saper al contempo coltivare il progetto europeo e relazioni bilaterali strategiche. A livello nazionale, il contesto socioeconomico deve puntare sull’identità e sulle specificità culturali, e favorire chi si impegna [17] (Pareto, 1919). La posta in gioco è alta; è arrivato il momento di dimostrare che il carattere emerge nei momenti chiave.
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Linkedin Alessandro Magnoli Bocchi
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NOTE
[1] Tra la crisi finanziaria del 2008 e il 2013, il Pil è diminuito di 10 punti percentuali, contro i 2 nell’Eurozona (Ez); la produzione industriale è scesa di circa 25 punti, contro i 10 dell’Ez (Panetta, 2018); gli investimenti sono crollati del 30 per cento, quasi il doppio dell’Ez (Hallerberg and Gandrud, 2017; Istat, 2023a; Mef, 2023ab).
[2] I sintomi sono inequivocabili: la disoccupazione – ben al di sopra dei livelli pre-crisi e della media dell’Ez – indebolisce i redditi reali e la domanda aggregata (Panetta, 2021). Il tasso di disoccupazione, all’ 8,8 per cento nel 2022, è previsto in crescita al 9,3 nel 2023 – ben al di sopra dei livelli pre-crisi (6,1 nel 2007) e alla media dell’area euro (7,0). Il tasso di occupazione è stabile al 60,3 per cento (Istat, 2023b). L’invecchiamento della popolazione riduce i consumi e aumenta i risparmi (Ce, 2023b). La fiducia di consumatori e imprese è bassa (Istat, 2022 e 2023c). Nonostante il campanello d’allarme delle crisi bancarie negli Usa e in Svizzera, molte banche diventeranno zombi banks (Panetta, 2018). Il Pil pro capite è fermo su valori di fine-1990, la crescita rimane al di sotto del potenziale, i tassi d’interesse reali restano vicini allo zero e permangono tendenze deflazionistiche (Takatoshi, 2016).
[3] Il rapporto tra deficit e Pil è previsto al 3,9 per cento nel 2023 (1,5 nel 2019). A novembre 2022, il debito pubblico è cresciuto a 2.765 miliardi di euro (+69,9 miliardi rispetto a novembre 2021, con un incremento del 2,6 per cento). Nel Q3-2022 il rapporto tra debito e Pil ha raggiunto il record storico di 146,3 per cento; tale valore è il secondo più alto della zona euro dopo la Grecia (177,4). Valori di riferimento: media Ez: 91.3, criterio di Maastricht: 60.0 (Imf, 2023bc; Istat, 2023a; Eurostat, 2023; Mef, 2023b; Trading Economics, 2023abc).
[4] Nel prossimi 12 mesi, l’emissione netta sui mercati di titoli a medio-lungo termine sfiorerà i 410 miliardi (Mef, 2023b).
[5] In particolare, sono necessaire riforme delle norme europee, tra cui: 1) una struttura più flessibile del patto di stabilità e crescita (Psc) che, a gennaio 2024, verrà ripristinato dopo una sospensione di 3 anni – con l’obiettivo di aumentare gli investimenti produttivi e ridurre l’austerità; 2) la progressiva condivisione dei rischi a livello europeo – attraverso l’istituzione di: i) Eurobonds; ii) Unione bancaria, con il trasferimento della vigilanza dalle autorità nazionali a quelle europee; e iii) uno schema unico di assicurazione dei depositi; 3) l’Unione dei Mercati di Capitali, grazie alla creazione di un mercato unico dei capitali, al di sopra delle normative nazionali; e 4) una chiara normativa europea in materia di aiuti di Stato.
[6] Per esempio, in assenza delle riforme sopracitate, la Germania accetterà di finanziare la condivisione dei rischi a livello europeo (mutualizzazione) solo in cambio di un consolidamento della leadership di Berlino.
[7] L’Italia è il principale beneficiario dei fondi europei per un totale di 191,5 miliardi di euro, tra risorse a fondo perduto e prestiti a tasso agevolato. A tali risorse il Governo ha aggiunto investimenti complementari per 30,6 miliardi di euro, per un totale di 222,1 miliardi di euro (circa il 10 per cento del Pil). Il Pnrr prevede investimenti in sei aree strategiche: 1) digitalizzazione; 2) transizione ecologica; 3) infrastrutture; 4) istruzione e ricerca; 5) sanità; e 6) inclusione e coesione – per promuovere riforme nella: a) pubblica amministrazione; b) giustizia; c) semplificazione; e d) competitività.
[8] L’agenda è nota: bisogna migliorare la competitività a lungo termine e attrarre investimenti, con politiche fiscali anticicliche a supporto di riforme strutturali, quali: 1) riduzione delle tasse; 2) maggior spesa in infrastrutture, istruzione e sanità; 3) ristrutturazione dei sistemi giudiziario e bancario; 4) riforma del sistema legislativo e della legge elettorale; e 5) riduzione delle rendite di posizione, allineando i salari con la produttività.
[9] Da qui al 2026, per ottenere i fondi (suddivisi in 10 rate), l’Italia dovrà realizzare 527 obiettivi. Quasi un terzo (154 su 527) degli obiettivi sono riforme, tra cui 59 leggi – di non facile approvazione. Alcuni esempi: 1) la riforma del ‘Codice degli Appalti pubblici’; 2) la riforma della ‘Carriera degli insegnanti’; e 3) l’adozione della ‘Legge sulla concorrenza’, con provvedimenti nei campi: i) delle reti di telecomunicazione; ii) delle reti di distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale; iii) della gestione dei porti; e iv) delle concessioni autostradali (Galli e Tucci, 2021; MiSE, 2023b; PCdM, 2023ab).
[10] La sostenibilità del debito pubblico richiede un’economia in ripresa, un’inflazione in discesa ma soprattutto un tasso di crescita nominale superiore al un costo medio del debito (Mef, 2023b; Imf, 2023c) .
[11] Nei primi quattro mesi del 2023 sono stati spesi 1,2 miliardi sui 32,7 programmati per l’intero 2023. Dei 191,5 miliardi totali ne sono sinora stati spesi 25,7 – il 13,4 per cento. Tale dato è tuttavia ‘gonfiato’ dai crediti d’imposta automatici, senza i quali il tasso di realizzazione è del 6,4 per cento. Gli investimenti pubblici languono e la Commissione europea (Ce) non ha sbloccato la terza tranche di trasferimenti (19 miliardi).
[12] Approvato il 25 marzo 2011 dal Consiglio europeo per aiutare i Paesi dell’Ez a superare la crisi finanziaria, ha un capitale di 80,5 miliardi di euro – versato dagli Stati membri in proporzione alle rispettive quote di capitale della Bce – ed è autorizzato a raccogliere oltre 700 miliardi sul mercato obbligazionario, grazie a garanzie sottoscritte dagli stessi Stati. L’Italia partecipa con 14,28 miliardi versati e ha sottoscritto garanzie per 125 miliardi. Quando un Paese in difficoltà fa richiesta di aiuto, il Consiglio dei governatori, formato dai ministri delle Finanze dell’area Euro, decide all’unanimità, o – solo in caso sia a rischio la stabilità finanziaria ed economica dell’area dell’euro – con una maggioranza dell’85 percento. I diritti di voto sono proporzionali al capitale sottoscritto: Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15 per cento, e dunque detengono il diritto di veto. Il Mes offre diversi tipi di aiuto: 1) prestiti economici; 2) acquisti di titoli di Stato; 3) linee di credito precauzionale; e 4) prestiti per la ricapitalizzazione delle banche in crisi. Le condizioni dei prestiti sono minime per i paesi che rispettano le prescrizioni del Patto di stabilità, ma prevedono riforme strutturali per i paesi più indebitati. Per esempio, le linee di credito precauzionale non prevedono misure correttive e sono riservate ai Paesi che si trovano in momentanea difficoltà ma non hanno problemi di stabilità. Le linee di credito a ‘condizionalità rafforzata’ sono destinate ai Paesi che presentano squilibri macroeconomici e/o finanziari, e rendono obbligatorio un programma di riforme strutturali.
[13] Tra il 2011 e il 2016 vari paesi ricorsero al Mes: A) Grecia – tra il 1999 e il 2011 una diminuzione delle entrate fiscali, un aumento della spesa pubblica e un calo di competitività portarono il debito pubblico dal 98.9 al 175.2 percento del Pil (Trading Economics, 2023c). Incapace di rifinanziarlo e a rischio di uscire dall’Ez, il governo greco ottenne dall’Ue assistenza finanziaria per 203,8 miliardi – pagati in tre riprese 2010-2013, 2012-2014 e 2015-2018 e da restituire entro il 2060. Il 60 percento degli aiuti fu destinato a ricapitalizzare le banche e a ridurre i crediti deteriorati, il 40 percento rifinanziò il debito pubblico (il Mes oggi detiene il 50 percento del debito pubblico greco). Le condizioni – riforme per rafforzare crescita, garantire la sostenibilità fiscale; incrementare l’efficienza della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario – si tradussero in: 1) un aumento dell’imposizione fiscale e un taglio della spesa pubblica del 30 per cento, grazie a: una riduzione dei salari del 22 percento; un aumento dell’età pensionabile (il 42 percento dei lavoratori andava in pensione prima dei 57 anni, il 58 percento fra i 58 e i 61 anni); il taglio di benefit e tredicesime; e 2) privatizzazioni e vendite di infrastrutture: il porto del Pireo è ora proprietà di una impresa statale cinese e 20 aeroporti – tra cui 14 regionali – sono di una impresa statale tedesca. Dal 2017 la Grecia è tornata a crescere. B) Irlanda – tra il 2010 e 2013 ricevette 40,2 miliardi di euro per sostenere il sistema bancario colpito dal crollo del mercato immobiliare nel 2007. C) Portogallo – fra il 2011-2014 ricevette 50,3 miliardi, la maggior parte a finanziare il bilancio e a ricapitalizzare le banche. D) Spagna – tra il 2012 e il 2013, per 18 mesi, ricevette 41,3 miliardi di euro per ristrutturare il settore bancario in crisi dopo lo scoppio della bolla immobiliare e la recessione economica del 2011. E) Cipro. tra il 2013 e il 2016 ricevette 6,3 miliardi per far fronte alla crisi e alle perdite finanziarie. Il Paese avviò riforme per risolvere le debolezze strutturali della propria economia, legata a quella greca. Nel 2017 l’economia iniziò la ripresa. Dal 2016 nessuno dei Paesi aderenti al Mes ha più chiesto prestiti. Il 27 gennaio 2021 i Paesi dell’Ez firmarono un’intesa per riformare il Mes, aggiungendo: 1) una verifica preliminare della capacità di ripagare il prestito; 2) un ruolo attivo del Mes nell’erogazione dell’assistenza finanziaria e nel successivo monitoraggio; 3) criteri più stringenti per la concessione delle linee di credito precauzionali: potranno essere utilizzate solo dai Paesi con i conti a posto, ma in momentanea difficoltà; 4) per contenere i rischi di contagio di eventuali crisi bancarie, un ruolo integrativo al Fondo di risoluzione unico (il Fondo che soccorre le banche in difficoltà, alimentato dai contributi versati da tutte le banche dell’Ez – atteso a pieno regime nel 2024, quando raggiungerà i 60 miliardi di euro). La Ce rimarrà responsabile della valutazione complessiva della situazione economica dei Paesi e la loro posizione rispetto alle regole del Patto di stabilità. Nel 2023, la Germania potrebbe trovarsi a chiedere l’utilizzo del Mes, spinta dall’esposizione di Deutsche Bank (42 miliardi di prodotti finanziari).
[14] L’area compresa tra il Mediterraneo occidentale (Marocco, Algeria, Libia), i confini sud-orientali dell’Ue (Turchia, Ucraina, Georgia) e il Golfo (Arabia Saudita, Iran) è tanto fragile quanto strategica per: 1) la sicurezza energetica; 2) il controllo dei flussi migratori; 3) la lotta al terrorismo; e 4) la gestione delle crisi. In tal modo, il governo potrà gestire i propri interessi strategici, mantenendo indipendenza e influenza; per esempio, promuovendo (con strumenti multi e bilaterali) sicurezza, diritti umani e sviluppo economico.
[15] La dipendenza energetica dell’Italia è fra le più alte d’Europa (Istat 2022 e 2023a). Nel 2021, il 77 per cento del fabbisogno è stato soddisfatto da importazioni di combustibili fossili (gas, petrolio e carbone) e solo il 23 per cento da fonti energetiche nazionali (principalmente rinnovabili). Per soddisfare il proprio consumo di combustibili fossili (di cui solo il 5 per cento è coperto da produzione nazionale), l’Italia dipende dalla Russia (25 per cento del consumo), Algeria (15 per cento), Azerbaijan (13 per cento) e Libia (9 per cento). Rispetto alla media europea, l’Italia – che non impiega energia nucleare – presenta un maggiore consumo di gas (39 per cento del totale), petrolio (35 per cento) e di fonti rinnovabili (19 per cento) ma un minor consumo di carbone (5 per cento).
[16] Le parole conclusive del Candide di Voltaire (2013) sono: “… il faut cultiver nôtre jardin”.
[17] Per sviluppare il paese e garantire coesione non è sufficiente rivendicare diritti, ci vogliono i doveri (Cicerone, 2012; Tommaso d’Aquino 2009; Mazzini, 2010). I valori prevalenti – egalitari e comunitari – vanno integrati con valori altrettanto importanti: l’etica del lavoro, il merito, il civismo e la responsabilità sociale. Quasi fosse una nuova religione, bisogna iniziare a premiare chi crea valore aggiunto, assumendosi le responsabilità richieste dal proprio ruolo nella collettività.