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Con il giudice monocratico giustizia tributaria veloce ma anche giusta?
Post di Costantino Ferrara, vice presidente di sezione, Corte di Giustizia Tributaria di Roma. Già Got del Tribunale di Latina. Presidente Associazione Magistrati Tributari della Provincia di Frosinone –
Con la conversione in legge del “Decreto PNRR” è stato stabilito che, per i ricorsi tributari notificati dal 1° luglio 2023 e di valore fino a 5.000 Euro, sarà competente il giudice monocratico tributario, figura introdotta dalla recente riforma del processo tributario (legge n. 130 del 31 agosto 2022), con una soglia inizialmente fissata in Euro 3.000 e poi variata con il recente, richiamato provvedimento.
Considerando il gran numero di controversie tributarie c.d. “di modico valore”, che rappresentano una grossa fetta del contenzioso tributario, si tratta di una novità di assoluto rilievo e di ampia portata.
Giudice tributario monocratico, non nuovissimo ma…
L’organo monocratico si caratterizza, come è facile intuire dal nome, per la presenza di un solo magistrato nella funzione decisoria. Essa si contrappone alla composizione collegiale a cui partecipano una pluralità di soggetti che possono rivestire la qualità di togati o di laici. La scelta dell’una o dell’altra composizione è stabilita dal legislatore in ragione della maggior garanzia o ponderazione nelle decisioni presa da un organo collegiale rispetto a quella del giudice unico.
Da considerare come l’organo monocratico era già presente nel giudizio tributario, con riferimento ai giudizi di ottemperanza fino a ventimila euro o per il pagamento dello spese di giudizio, dunque controversie dalla portata “decisoria” limitata rispetto a quelle ordinarie.
Tuttavia, se la figura del giudice unico già è ben nota all’ordinamento italiano e addirittura viene utilizzata in ambito penale, con il Tribunale Monocratico che si occupa di determinate materie (in generale, reati punibili fino a 10 anni e reati in materia di stupefacenti ex art. 73 del DPR 309/90), non si può non accogliere favorevolmente l’introduzione della stessa anche in ambito tributario, seppur con le dovute cautele e con i necessari accorgimenti.
Cosa cambia per i contribuenti
A livello pratico, per i contribuenti cambierà poco o nulla. Al giudizio celebrato dinanzi al giudice monocratico, infatti, si applicheranno pressoché le stesse regole dell’ordinario giudizio tributario, in forza dell’articolo 4-bis, comma 3, del D.lgs. n. 546/92, secondo cui “Nel procedimento davanti alla corte di giustizia tributaria di primo grado in composizione monocratica si osservano, in quanto applicabili e ove non derogate dal presente decreto, le disposizioni ivi contenute relative ai giudizi in composizione collegiale”.
Una differenza, invece, si riscontra nella modalità di svolgimento delle udienze, dove la c.d. udienza “a distanza”, cioè con collegamento da remoto, diventa “la regola”, mentre la classica udienza “in presenza” diventa “l’eccezione”, poiché qualora venga richiesta dal contribuente, costui dovrà specificare le ragioni per cui intende comparire di persona e non a mezzo telematico. Anche qui l’obiettivo è la digitalizzazione e in generale lo snellimento delle procedure, con una mano tesa alle tecnologie che ormai pervadono ogni aspetto della vita quotidiana.
Per il resto, le decisioni del giudice monocratico potranno essere impugnate con l’ordinario ricorso in appello, accedendo quindi al secondo grado di giudizio tributario, senza differenze rispetto alle decisioni collegiali.
Giudice monocratico, meno garanzie?
La riforma si inserisce nel più ampio contesto di misure richieste dall’Europa al nostro paese per l’efficientamento deli sistema Giustizia (non a caso la modifica è contenuta nel decreto PNRR), ormai necessario, anzi indispensabile per affrontare il futuro.
Ben venga, quindi, un giudizio monocratico che si occupi di cause di modico valore e, al contempo, mantenga inalterati i diritti dei contribuenti, che possono esperire i rimedi classici contro le decisioni del giudice unico proponendo appello in Corte di Giustizia Tributaria di II Grado.
Di contro, uno sbilanciamento ulteriore a favore di tale figura, con il rischio di una fisiologica riduzione della garanzia nella decisione posta a tutela del contribuente, risulterebbe, a mio avviso, del tutto inopportuno, anche in ragione del contesto attuale di riferimento in cui il giudizio tributario, ad eccezione delle cause pendenti in Cassazione, si svolge con una tempistica del tutto accettabile e non paragonabile rispetto alle lungaggini che si vedono nelle altre magistrature. Sono dati di fatto, che si evincono dalle relazioni annuali sull’andamento della Giustizia tributaria che, insomma, non sarà una “velocista”, ma neppure può definirsi una “lumaca”.
Una misura che sarà valutata nel tempo
Per cui, in definitiva, ben vengano le misure volte a snellire e semplificare i processi; ma sempre con moderazione e tenendo presente il ruolo fondamentale svolto dalla Giustizia in generale, a cui non fa eccezione quella Tributaria, che è quello di assicurare delle decisioni che siano prima di tutto “giuste” e poi, magari, anche veloci, perché no.
Ad ogni modo, come ogni riforma che riguarda la Giustizia, l’unico metro efficace sarà il tempo, l’esperienza e la misurazione degli effetti concreti che le nuove misure apporteranno.