categoria: Res Publica
Proposta: come risolvere il problema dei crediti del superbonus
Post di Costantino Ferrara, vice presidente di sezione, Corte di Giustizia Tributaria di Roma. Già Got del Tribunale di Latina. Presidente Associazione Magistrati Tributari Provincia di Frosinone –
L’attuale Governo ha compiuto una scelta impopolare, ma probabilmente necessaria, nel porre un freno al superbonus 110%. La decisione ha suscitato diverse proteste e generato preoccupazioni e problemi per i cittadini e gli operatori del settore: ciò determinerà un sicuro rallentamento degli interventi di riqualificazione energetica degli edifici, soprattutto in un contesto economico non brillantissimo come quello attuale.
Alla resa dei conti, è inutile nasconderlo, la misura si è rivelata un flop. Sono le conseguenze di scelte politiche che suscitano “clamore” e puntano al miglioramento della popolarità elettorale (obiettivo neppure, in verità, conseguito). Sin dal principio, l’intervento era sembrato eccessivamente sbilanciato, andando di fatto a “drogare” un settore, quello edilizio, che ha visto lievitare i prezzi dei materiali, nonché delle strutture. Adesso che i bonus sono pressoché finiti (o comunque molto ridimensionati), i prezzi sono però gli stessi! Una pesante eredità da smaltire.
L’eredità del superbonus: i crediti
Ma forse l’eredità più pesante che ha lasciato questa misura è la mole enorme di crediti accumulati nei cassetti fiscali degli operatori che hanno lavorato con il cosiddetto “sconto in fattura”, convinti di poter liquidare queste somme cedendole agli istituti bancari: effetto che si è però esaurito pian piano, al raggiungimento dei plafond massimi stabiliti dagli istituti in base alle loro necessità. Non hanno aiutato, poi, le incertezze normative e i cambi di rotta anche sotto questo specifico aspetto.
Fatto sta che, ad oggi, tantissime imprese si trovano con l’acqua alla gola: cassetti fiscali pieni e tasche vuote.
In realtà, lo stop imposto dal Governo alla misura ha cominciato a produrre effetti positivi anche in questo ambito. E’ evidente che, se i crediti d’imposta abbondano, e l’offerta eccede la domanda, gli stessi diventano meno appetibili e difficili da vendere. Di contro, lo stop alla nascita forsennata di nuovi crediti, ha fatto si che quelli maturati ritornassero ad acquisire un certo “appeal”, non soltanto tra gli istituti di credito, ma nell’ottica di qualunque altra impresa interessata ad acquistarli per compensare le proprie imposte e i propri contributi.
Una leggera ripresa
Il mercato dei crediti, in sostanza, ha fatto registrare una piccola ripresa, effetto proprio (probabilmente) dello stop imposto dal Governo al proliferare degli stessi.
Il punto “debole” dei crediti da super bonus è la possibilità di utilizzo degli stessi in quote annuali future: a fronte di un credito di 100 euro, per esemplificare, la quota fruibile nell’anno è pari ad un quinto (20 euro) o ad un quarto (25 euro), a seconda della tipologia, mentre le restanti quote saranno utilizzabili negli anni a venire.
Quindi, un’impresa che oggi decide di acquistare questi crediti, potrà compensare soltanto la quota annua relativa al 2023 e dovrà attendere i 4 anni a venire per compensare il resto. In alternativa, si può acquistare anche soltanto la quota già fruibile nel 2023 e compensarla per intero nell’anno in corso.
Quali crediti hanno maggior mercato?
E proprio qui sta il punto: le imprese interessate ad acquistare i crediti sono propense ad acquistare soltanto le quote fruibili nell’immediato (le quote 2023 e al massimo quelle 2024). Ciò perché per un operatore di dimensioni più contenute, e che ha necessariamente meno liquidità di una banca, risulta difficile operare una pianificazione così lunga nel tempo e pagare oggi per una cosa che utilizzerà fra 3, 4 o 5 anni.
Il risultato è che i crediti più “attuali” hanno mercato tra tutti gli operatori, mentre quelli più “lontani” rimangono ad ingolfare i cassetti fiscali delle imprese che li hanno accumulati.
Sbloccare l’impasse del superbonus è possibile?
Una possibile soluzione per sbloccare l’impasse, potrebbe essere quella di consentire un’anticipazione nell’utilizzo delle quote di credito future, applicando magari un tasso di attualizzazione.
Facciamo un esempio per chiarire il concetto. La norma potrebbe prevedere la possibilità di rendere attuale, cioè immediatamente utilizzabile, il credito fruibile nell’anno 2024, applicando allo stesso un tasso di attualizzazione del 90%. Fatto 100 Euro il credito 2024 acquistato, si potrebbe perciò “portarlo” al 2023 applicando la decurtazione, e compensando quindi 90 Euro a fronte dei 100 di valore nominale dello stesso.
E così via per gli anni a venire, applicando ovviamente una decurtazione, ovvero un tasso di attualizzazione, tanto maggiore quanto più è “lontano” il credito.
In questo modo, molto probabilmente, l’appetibilità dei crediti da superbonus crescerebbe in maniera notevole, ampliando la platea dei potenziali acquirenti interessati (sostanzialmente tutti coloro che pagano imposte e contributi). E i cassetti fiscali ingolfati, potrebbero finalmente alleggerirsi, dando linfa vitale (moneta, in questo caso) alle imprese rimaste impantanate in questo “pasticcio”.