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Criptovalute, gli exchange decentralizzati non scompariranno ma…
Post di Gabriele Confalonieri e Giuliano Graziani, dottorandi in Economics and Finance presso l’Università Bocconi –
Le criptovalute nascono per non essere controllate da autorità centrali. Nonostante ciò, ad oggi sono scambiate prevalentemente su exchange centralizzati, in cui gli utenti delegano la gestione di fondi e transazioni ad un intermediario. Il recente crollo di FTX e gli scandali ad esso associati hanno evidenziato i rischi di questo sistema, se non regolamentato. Hanno inoltre puntato i riflettori su nuove forme di mercato, in cui le transazioni sono gestite autonomamente da algoritmi. Gli exchange centralizzati sono destinati a scomparire?
No, o almeno non in un futuro prossimo. Recenti analisi empiriche mostrano che le piattaforme di scambio centralizzate sono attualmente di qualità superiore, offrendo ad esempio maggiore liquidità agli utenti. Inoltre, la letteratura economica mostra che un sistema finanziario totalmente decentralizzato sarebbe troppo vulnerabile e instabile, nonché irrealizzabile. L’alternativa all’exchange centralizzato sembra ancora acerba.
Exchange centralizzati vs. decentralizzati
I mercati delle criptovalute ruotano intorno a due tipologie di piattaforme di scambio o exchange. Un operatore può decidere di comprare o vendere asset tramite una piattaforma centralizzata (CEX, Centralized Exchange), in cui un intermediario centrale gestisce e facilita la transazione. Può altrimenti scambiare asset su un exchange decentralizzato (DEX, Decentralized Exchange), dove domanda e offerta si incontrano mediante algoritmi. Descriviamo brevemente queste due forme di mercato.
Le piattaforme centralizzate, o CEX, agiscono come un intermediario custodendo i fondi degli utenti e facilitando gli scambi di criptovalute. Ad oggi, la maggior parte delle transazioni avviene in questi mercati[1], di cui fanno parte FTX, Coinbase e Binance. Le piattaforme centralizzate sono simili per il loro funzionamento agli exchange tradizionali, in cui gli investitori scambiano titoli azionari[2].
In particolare, questi exchange gestiscono l’incrocio tra domanda e offerta tramite un registro elettrico, il limit order book. La piattaforma riporta in tale registro le richieste di chi vuole comprare o vendere un asset ad un prezzo specifico, ed esegue gli ordini solo quando due utenti sono disposti a commerciare ad un prezzo favorevole per entrambi. I CEX possono quindi essere visti come un’estensione degli exchange tradizionali al mondo delle criptovalute, con un’importante differenza: attualmente sono meno regolamentati e controllati.
Come funzionano gli exchange decentralizzati
Le piattaforme decentralizzate, o DEX, sono un esempio di finanza decentralizzata (DeFi), termine che indica servizi finanziari offerti senza la presenza di intermediari centralizzati. Nei DEX, non è presente alcuna entità che abbia controllo sui fondi degli utenti o sulle transazioni. Il funzionamento di questi exchange ruota intorno alla blockchain, un registro condiviso e immutabile che tiene traccia di tutte le transazioni effettuate. Ogni operazione viene registrata sulla blockchain da un gruppo di validatori (miners), che chiedono in cambio il pagamento di una commissione, la “gas fee”.
Nei DEX, gli utenti possono scambiare criptovalute direttamente tra loro, senza bisogno di un intermediario che prenda in custodia gli asset, verifichi ed esegua le transazioni. Questo è reso possibile dall’utilizzo di smart contract, programmi automatizzati che eseguono certe azioni al verificarsi di condizioni predefinite. I prezzi e gli ordini vengono determinati ed eseguiti automaticamente.[3]
La recente crisi di FTX ha evidenziato i potenziali rischi di una gestione centralizzata, opaca e non regolamentata dei fondi degli utenti. Nonostante ciò, gli exchange centralizzati rimangono ancora la piattaforma principale per lo scambio di criptovalute. Negli ultimi mesi si è registrato un aumento dei volumi nei mercati decentralizzati, ma crediamo che difficilmente questi rapporti di forza verranno stravolti in tempi brevi.
L’illusione della decentralizzazione
I DEX sono un’applicazione di finanza decentralizzata, e condividono molte delle vulnerabilità che rallentano la diffusione di questo nuovo paradigma. Avere un sistema finanziario totalmente decentralizzato è probabilmente irrealizzabile: come evidenziato da studi di ricercatori della Banca dei Regolamenti Internazionali, esso sarebbe eccessivamente vulnerabile, e una qualche forma di governance centrale risulta indispensabile per il suo corretto funzionamento[4]. Perché?
Innanzitutto, una corrente della letteratura economica argomenta che non è possibile scrivere contratti che coprano tutte le possibili eventualità future[5]. Ad esempio, affinché un’azienda possa regolare i rapporti con i propri fornitori e lavoratori è necessaria una governance centrale, l’imprenditore, che prenda decisioni[6]. Questa idea può essere applicata anche in ambito DeFi: difficilmente si possono scrivere algoritmi e codice che coprano tutti i possibili scenari futuri e che siano esenti da bug. Una qualche entità centrale deve poter prendere decisioni in tempi difficili, e indicare una direzione per lo sviluppo futuro.
Gli exchange decentralizzati e il problema della leva
Molti dei sistemi di governance DeFi fino ad ora sviluppati ruotano intorno ai “governance tokens”, che permettono ai loro detentori di votare proposte. Questo meccanismo favorisce una concentrazione dei poteri decisionali nelle mani di pochi agenti, dando potenzialmente vita a conflitti di interesse[7]. Inoltre, alcuni dei sistemi sviluppati per aumentare la scalabilità e diffusione della blockchain possono creare disincentivi e permettere a pochi, influenti agenti di avere enorme potere e agire malevolmente[8].
In un sistema finanziario decentralizzato, e soprattutto non regolamentato, si pone poi il problema dell’alto livello di leverage (o leva), che può creare problemi di stabilità finanziaria. Tipicamente i prestiti DeFi richiedono una grande quantità di collaterale, anche superiore al 100% dell’importo richiesto. Tuttavia, i fondi ottenuti possono essere utilizzati come nuovo collaterale per altre operazioni, permettendo di aumentare notevolmente la leva. Il sistema risulta così estremamente pro-ciclico, vulnerabile e instabile. Il tutto è esacerbato dalla mancanza di un organismo che possa operare nei momenti di difficoltà e assorbire gli shock, come una banca centrale.
La qualità di mercato, i CEX sono più liquidi
Un altro motivo per cui i DEX faticano ad imporsi riguarda la qualità di mercato, l’insieme delle caratteristiche che rendono un exchange efficiente e attraente per gli operatori. Recenti analisi empiriche confrontano direttamente la qualità di DEX e CEX e mostrano come gli exchange centralizzati offrono una qualità di mercato superiore rispetto a quelli decentralizzati[9].
Ad esempio, i CEX risultano essere mercati più liquidi, è cioè più facile scambiare asset ad un prezzo vicino al valore di consenso[10]. Gli exchange decentralizzati sono meno liquidi perché presentano dei costi di transazione maggiori: registrare le operazioni direttamente sulla blockchain implica il pagamento di gas fees elevate. I DEX iniziano ad essere competitivi solo per transazioni di grande volume, superiori ai 100.000 dollari.
Dal volume delle transazioni alla regolamentazione, altri punti critici
Ci sono diversi altri aspetti, più tecnici, che riducono la qualità dei servizi offerti dai DEX, e quindi la loro diffusione[11]. Tuttavia, queste criticità non sono insormontabili. Ad esempio, un aumento del volume delle transazioni, reso possibile da gas fees più basse, potrà rendere questi mercati più liquidi e attraenti per gli investitori. Questo potrà essere raggiunto mediante l’innovazione, sia tecnologica che finanziaria.
Infine, il futuro dei DEX dipenderà fortemente dalla regolamentazione adottata[12]. Essa non è solo indispensabile per proteggere gli utenti, ma anche per chiarire se gli investitori istituzionali potranno utilizzare queste piattaforme, con grandi implicazioni per il funzionamento e la struttura dei mercati. Regolamentare i DEX senza stravolgerne la natura è forse la sfida più complicata, che mostrerà se questa nuova piattaforma, con i suoi potenziali vantaggi, potrà anche essere adottata per lo scambio di asset tradizionali.
NOTE
[1] Attualmente, circa il 90% del volume scambiato è su CEX.
[2] Un esempio è il New York Stock Exchange (NYSE).
[3] Uno dei sistemi più utilizzati è noto come Automated Market Maker (AMM): gli utenti depositano le loro criptovalute in un pool comune, e un algoritmo determina in modo automatico i prezzi a cui vengono eseguiti gli ordini.
[4] S. Aramonte, W. Huang, A. Schrimpf, DeFi risks and the decentralisation illusion, Bank for International Settlements, Dicembre 2021
[5] R. Coase, The nature of the firm, Economica, vol 4, no 16, pp 386–405, 1931
[6] S. Grossman, O. Hart, The costs and benefits of ownership: a theory of vertical and lateral integration, Journal of Political Economy, vol 94, pp 691–719, 1986
[7] V. Buterin, Moving beyond coin voting governance
[8] È il caso, ad esempio, dei meccanismi di validazione proof-of-stake. R. Auer, C. Monnet, H. S. Shin, Distributed ledgers and the governance of money, BIS Working Papers No 924, Gennaio 2021
[9] A. Barbon, A. Ranaldo, On the Quality of Cryptocurrency Markets, Aprile 2022
[10] T. Foucault, M. Pagano, A. Roell, Market Liquidity: Theory, Evidence, and Policy, 2013
[11] Ad esempio, i prezzi sui DEX risultano essere meno efficienti ed informativi. Questi mercati sono anche più esposti a manipolazione, come nel caso delle strategie di front-running. Si veda Barbon e Ranaldo (2022) per maggiori informazioni.
[12] Sul tema c’è un dibattito in corso. Ad esempio, non è chiaro se i DEX possano essere considerati un’estensione di un exchange tradizionale, si veda S. Altschuler, Should Centralized Exchange Regulations Apply to Cryptocurrency Protocols?, Stanford Journal of Blockchain Law & Policy, 2022.