categoria: Il denaro non dorme mai
Mercati, fiducia in tech e rinnovabili per ripartire nel 2023
Il sentimento che ha accompagnato gli investitori durante il 2022 potrebbe essere riassunto dal titolo di un noto film italiano degli anni ‘80: “non ci resta che piangere”.
Già, perché poche (pochissime a dir la verità) sono state le asset class in grado di consolare in termini di performance il “bagno di sangue” registrato tanto sull’equity, quanto sui bond (un caso più unico che raro di inefficienza della diversificazione). Per capire come destreggiarci nel 2023 ci aiuta un’analisi di Investing.com, che ha condotto un sondaggio su circa 3300 investitori retail di tutto il mondo (Italia, Spagna, Turchia, Brasile e Stati Uniti).
Gli investitori retail stanno diventando “antifragili”?
La survey certifica un sentiment sicuramente più positivo in questo inizio di 2023, sebbene lo scenario non sia granchè mutato. In Italia 4 investitori su 5 mirano a pianificare investimenti a inizio 2023, mentre il 60% è convinto che questo sia l’anno della ripresa del cammino dei mercati azionari.
In generale, ciò che emerge dal sondaggio è un ritrovato sentimento di fiducia, nonostante l’anno appena concluso avrebbe potuto scoraggiare chiunque. Pare affermarsi una nuova versione dell’investitore retail, per certi versi più “antifragile”, per usare una definizione del noto saggista Taleb.
Lo stesso Jesse Cohen, Senior Analyst di Investing.com, identifica una «nuova generazione di investitori retail» che negli ultimi tempi si è abituata a «comprare al ribasso, indipendentemente dalle condizioni di mercato, dai problemi di valutazione e dalle preoccupazioni macroeconomiche. Per molti versi, questo investitore è diventato una forza collettiva più potente dell’investitore professionale e semplicemente non si preoccupa delle stesse cose degli esperti».
Gli italiani sono i meno ottimisti sull’evoluzione dei mercati
Se da un lato infatti gli investitori istituzionali stanno gradualmente svuotando il portafoglio della parte equity, i portafogli degli investitori retail mostrano ancora un forte peso dell’azionario (85% negli Stati Uniti, 78% in Italia, 74% in Brasile, 68% in Spagna e 67% in Turchia). Se confrontati con gli altri, gli investitorii italiani appaiono però anche i meno ottimisti sull’evoluzione dei mercati, con 8 investitori su 10 che pianificano per il 2023 (in Turchia sono il 95%, in Brasile il 94% e in Spagna l’89%).
Settori preferiti: tech e energie rinnovabili
I settori potenzialmente da monitorare con grande attenzione sono la tecnologia e le energie rinnovabili. Per quanto riguarda la prima, veniamo da un annus horribilis per il settore tecnologico, con il NASDAQ Composite che ha subito un crollo di oltre il 30%, registrando la peggiore performance dal 2008.
Per capire meglio che tipo di annata sia stata è sufficiente analizzare la performance dei primi 5 titoli per capitalizzazione inclusi nell’indice: Apple -27%, Microsoft -30%, Amazon -51%, Meta (Facebook) -66% e Alphabet (Google) -34%. In presenza di questi “sconti”, un riposizionamento (anche graduale) sui tech è quasi d’obbligo per investitori di lungo periodo.
I riflettori dei mercatisono però puntati anche su un altro settore, quello legato alle energie rinnovabili, indicato da molti degli intervistati come uno dei campi con maggior potenziale. La transizione energetica è già iniziata e l’illimitata disponibilità di energie rinnovabili (unita al progressivo calo dei flussi di denaro verso petrolio e gas) sta stimolando un crescente interesse da parte degli investitori retail.
Mercati e criptovalute. Che 2023 sarà?
L’universo cripto continua a rimanere attraente per gli investitori sui mercati, sebbene pecchi ancora di forte instabilità. Dall’intervista condotta da Investing.com emerge che 1 investitore italiano su 4 investe in criptovalute, mentre negli Stati Uniti c’è stato un dimezzamento degli investitori in valute digitali. Le criptovalute rappresentano oggi un’asset class ancora troppo sensibile al rischio.
Bitcoin (BTC) e Ethereum (ETH), i due progetti più mainstream, nel 2022 hanno perso rispettivamente il 67% e il 69%. Al momento, con una volatilità pressochè indecifrabile, resta complicato considerare le criptovalute sia nell’ottica di una pianificazione finanziaria strutturata, sia in ottica di bene rifugio.