Permacrisi: servono permainnovazione e permaottimismo

scritto da il 12 Gennaio 2023

Nell’era a.C. (avanti Covid-19) si parlava di crisi lunghe, ma a tempo determinato. Nell’era d.C. (dopo Covid-19) si parla sempre più insistentemente di permacrisi o crisi permanenti su molteplici fronti. Come dimostra l’analisi dei media (web, stampa, radio e tv) condotta per Econopoly dall’Eco della Stampa, dal 1° novembre a oggi la presenza della parola permacrisi si è intensificata: fattore scatenante è stato la scelta del dizionario Collins di indicarla come parola dell’anno per sottolineare – come ha spiegato Alex Beecroft, direttore generale di Collins Learning – «il periodo esteso di instabilità e insicurezza».

PERMACRISI: PAROLA DEL NOVECENTO, VIRALE DAL 2022

Permacrisi non è una parola nuova. Era già nota negli anni Settanta, utilizzata ad esempio dal politologo americano John Pearson Roche su The Lewiston Daily Sun il 20 dicembre 1975 per descrivere situazione di crisi permanente presente nel Medio Oriente e, in particolare, in Israele.

Tuttavia, è a Hans Kluge, direttore regionale per l’Europa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 2010 che nel 2022 – come attesta il monitoraggio fatto dall’Eco della Stampa – dobbiamo la riproposizione sul palcoscenico internazionale della parola permacrisi: risale allo scorso 27 settembre, infatti, la sua dichiarazione sulle «molteplici e importanti crisi» presenti in Europa, dalla pandemia all’emergenza sanitaria pubblica del vaiolo delle scimmie, fino al riemergere della poliomielite e alla «devastante guerra in Ucraina, che purtroppo non mostra segnali di de-escalation, e si aggrava con gli orribili attacchi alle strutture sanitarie e ai fornitori di assistenza sanitaria, causando anche una crisi di salute mentale di proporzioni immense». La novità, dunque, consiste nella presenza di tanti campanelli d’allarme e di tante emergenze.

È Christine Lagarde, della Banca centrale europea, a far tremare la finanza quando l’8 dicembre apre la sesta conferenza annuale dello Europen systemic risk board, denunciando la permacrisi attuale legata a «pandemia, emergenze energetica, caro prezzi e preoccupazioni per la guerra in Ucraina».

Permacrisi sui media italiani, L'Eco della Stampa, 2023

NON C’È TREGUA SUI MEDIA ITALIANI

La crisi odierna è senza tregua anche sui media italiani, dove si parla frequentemente dello spettro di una guerra atomica, dell’inflazione galoppante, del riscaldamento globale e del Covid con la variante Kraken. È ufficiale, siamo in permacrisis: è tornata di moda la parola coniata dagli inglesi negli anni ’70, titolava Dagospia lo scorso 2 novembre. Trenta anni dal Trattato di Maastricht in coincidenza con la “ permacrisi ” rifletteva Ida Angela Nicotra su La Sicilia del 17 novembre. Permacrisi ha titolato il 2 gennaio Alessandro D’Avenia sul Corriere della Sera. Nelle spire della permacrisi è il titolo scelto dal supplemento Affari&Finanza di Repubblica per raccontare il 9 gennaio, con le parole di Walter Galbiati, lo scenario globale. Per Lagarde è “ permacrisi ”: stabilità finanziaria a rischio riflette Isabella Bufacchi da Francoforte per il Sole 24 Ore.

Le parole correlate a permacrisi, riscontrate oggi sui media italiani, sono tante: come dimostra il grafico dell’Eco della Stampa sottostante, ci sono pandemia, Ucraina, Russia, Stati Uniti, Cina, Pil e Bce. Protagonisti sono tanti Paesi europei come l’Italia, la Germania, la Francia con Parigi o il Regno Unito con Londra. Insomma, la crisi permanente è pervasiva.

Permacrisi, L'Eco della Stampa

VIA DA QUESTA CRISI CON LA PERMACRITICA

La situazione di acuta difficoltà ha determinato la “pandemia dell’insicurezza”, in cui ci sentiamo tutti più fragili e vulnerabili. Scriveva bene Leonardo Becchetti su Avvenire lo scorso 30 dicembre: Via da questa “permacrisis”. Gli ha fatto eco D’Avenia: «La permacrisi può diventare una nascita: non finisce il mondo ma un mondo, perché ne nasca uno più autentico. Sta a noi decidere se, nel nostro ambito di azione, far venire al mondo questo mondo nuovo o lasciarci paralizzare dalla paura (non resilienza ma resistenza, cioè ri-esistenza, esistenza nuova)», ha riflettuto lo scrittore, suggerendo a tutti di essere «permacritici, ossia svegli e attenti a separare la paglia dal grano in ogni cosa».

PERMAINNOVAZIONE PAROLA CHIAVE DEL 2023

A questi suggerimenti manca una considerazione di metodo ossia su come affrontare in azienda la permacrisi: la chiave per affrontare il 2023 non può che essere la permainnovazione, intesa come innovazione permanente in Italia. Nel suo libro Da zero a uno, Peter Thiel, co-fondatore di PayPal, invita a costruire il futuro delle aziende creando cose nuove, evitando di percorrere la strada dell’innovazione incrementale e optando per quella radicale. A suo giudizio, serve ridisegnare il mondo, partendo da nuove nicchie.

Nuove o già presenti sul mercato, le aziende devono adottare la strategia dell’innovazione aperta, ricercando idee, tecnologie e competenze anche al di fuori dei propri confini organizzativi per alimentare con continuità il proprio processo di innovazione. L’innovazione chiusa, basata sul know-how, le idee e le competenze maturate all’interno dell’azienda non è più sufficiente. Come ci ricorda nel nostro MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose Josip Kotlar, docente di strategia alla business school del Politecnico di Milano, «in contesti sempre più complessi, dove nessun professionista o organizzazione può avere tutto il know-how necessario, disegnare un futuro migliore per tutti, che sia in grado di rinnovarsi in modo consistente e sostenibile, dipende molto dalla nostra capacità di attingere al sapere distribuito, il know-where».

Permacrisi

Fonte: Blog Collins Dictionary

20 ANNI FA LA TEORIA DELL’INNOVAZIONE APERTA: PERMAINNOVAZIONE E PERMAOTTIMISMO

Esattamente vent’anni fa – era il 2003 – Henry Chesbrough pubblicava Open innovation: the new imperative for creating and profiting from technology. In questo libro di successo invitava tutti i professionisti ad aprirsi al mondo, siano essi clienti, fornitori, imprese operanti in settori diversi dal proprio, startup, università, individui e comunità di risolutori di problemi come le piattaforme InnoCentive, NineSigma, Presans o YourEncore, su cui è possibile risolvere problemi nel campo della ricerca e dello sviluppo grazie a esperti di vari settori.

Accanto alle comunità di risolutori ci sono tante altre vie dell’innovazione aperta: si va dalle piattaforme di innovazione online proprietarie, sviluppate da aziende (come Supplier Innovation di Philips), agli accordi di sviluppo congiunto tra aziende e partner esterni (come università o centri di ricerca, come il Joint Research Center del Politecnico di Milano), dai fornitori di servizi di innovazione (spesso startup o giovani imprese innovative come l’italiana BlueThink) agli acceleratori e incubatori di startup, fino ai programmi di corporate venture capital finanziati da imprese con investimenti nell’equity di startup innovative.

Le vie della permainnovazione sono tante. A ciascuno la sua. Così si vincono la permacrisi e il permapessimismo per abbracciare il permaottimismo.

Twitter @filippo_poletti