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Le molte maschere del MES e la solitudine dell’Italia
Post di Bruno Salerno, Laureando in Politiche Europee e Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. Co-Founder di Pillole di Politica –
Sono tanti i temi su cui la politica italiana, insieme all’opinione pubblica, si è fortemente polarizzata per via di posizioni ideologiche immischiate a cattiva informazione. L’European Mechanism Stability, ad esempio, meglio noto come MES, è uno di quei temi su cui molti partiti nel corso degli anni hanno creato inutili allarmismi per soli fini propagandistici. In queste settimane e soprattutto in questi giorni se ne sta parlando tanto. Ma cosa è realmente? E perché interessa anche l’Italia?
Cosa è il MES?
In seguito alla diffusione in Europa della crisi del debito sovrano, figlia della crisi avuta in America, sono state diverse le risposte messe in campo: interventi della Banca Centrale Europea nell’ambito della politica monetaria, la creazione di un’Unione Bancaria, la realizzazione di meccanismi di consolidamento della finanza pubblica ed infine la creazione di meccanismi di salvataggio sul piano fiscale. Quando la Grecia rischiava il default perché non era più in grado di pagare il proprio debito, gli Stati capiscono di dover intervenire per evitare un effetto domino sul sistema bancario degli altri Paesi europei.
I due meccanismi temporanei
Per questo motivo creano due meccanismi temporanei, due salvagenti, uno intergovernativo (EFSF) ed uno europeo (EFSM): il primo, l’European Financial Stability Facility (EFSF), una società di diritto lussemburghese con 780 miliardi di euro i cui azionisti erano gli Stati della Zona Euro che assistevano Paesi in difficoltà come la Grecia; il secondo è l’European Financial Stability Mechanism (EFSM), uno strumento di diritto europeo finanziato con risorse di 60 miliardi di euro che provenivano dal bilancio europeo.
Il MES e le quote. Italia 125 miliardi
Il MES, noto anche come Fondo salva-stati, è un meccanismo che è stato creato per superare questi due strumenti. È una organizzazione internazionale creata nel 2012 con un trattato internazionale, tramite un accordo intergovernativo tra i 19 Paesi della Zona Euro. Il capitale totale del MES corrisponde a 700 miliardi di euro circa. Ogni Paese ha sottoscritto una propria quota, versando un proprio contributo, e l’Italia, insieme a Francia e Germania, ha sottoscritto una quota maggiore del 15% corrispondente a circa 125 miliardi di euro. Lo scopo di questa organizzazione è fornire aiuti finanziari tramite prestiti con condizioni agevolati ai Paesi della Zona Euro in difficoltà finanziaria quando questa difficoltà rappresenta un rischio sistemico per la stabilità della Zona Euro.
Solitamente, attivare il MES è una extrema ratio: i Paesi che non hanno la possibilità di chiedere altri prestiti, o perché non riescono ad accedere all’interno del mercato o perché gli interessi sui prestiti nel mercato sono talmente alti da non essere convenienti, possono attingere a questo salvadanaio con tassi di interesse molto bassi. È dunque uno strumento importante perché rappresenta un’ultima salvezza per tutti quei Paesi che non sono più in grado di finanziarsi. Questi Paesi possono chiedere aiuto facendo una richiesta al Consiglio dei Governatori (formato dai ministri delle finanze della Zona Euro) che dovrà esprimersi per i prestiti d’emergenza con una maggioranza qualificata dell’85% del capitale sottoscritto.
In principio era punitivo
In questo modo, Paesi come l’Italia, Francia e Germania che hanno sottoscritto più del 15% del capitale detengono il diritto di veto. Dopo aver avuto l’approvazione del Consiglio dei Governatori, la Commissione Europea, il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea (la cosiddetta Troika) ricevono l’incarico di negoziare l’accordo di aggiustamento macroeconomico con il Paese beneficiario.
Un accordo che prevede delle condizionalità: i soldi concessi dal MES sono prestiti che, oltre a dover esser tornati indietro, vengono erogati a patto che il Paese che riceve quei fondi faccia delle riforme dure al proprio interno. Questo perché l’idea iniziale di un meccanismo come il MES era di “punire” quei Paesi che si erano indebitati così tanto da andare in bancarotta e fallire.
La pandemia cambia i giochi: il MES sanitario
Durante la pandemia c’era il forte bisogno di creare degli strumenti per rialzare l’economia degli Stati Membri. Tra questi, nel marzo del 2020 è il momento del PEPP (molto simile al Quantitative Easing) attraverso cui la BCE comprava asset pubblici e privati con lo scopo di iniettare denaro nel sistema; successivamente la Commissione Europea, tramite bond europei garantiti dai bilanci degli SM, finanzia il programma SURE (dal valore di 100 miliardi di euro), un’assicurazione europea su tutte le casse integrazioni nazionali per combattere la disoccupazione. L’emergenza pandemica, però, si fa sempre più grave e gli strumenti messi a disposizione non bastavano. Per questo motivo l’intenzione di molti Stati fu quella di rimodulare il MES.
Il fantasma della Troika
Ricorderemo tutti quei momenti di lockdown in cui la parola MES, per via di polemiche politiche, è entrata nelle nostre case con le sembianze di un mostro maligno. In realtà la scelta di quel periodo fu rendere il MES uno strumento più adeguato alla situazione economica in seguito alla pandemia: il MES passò da essere il classico meccanismo che prevedeva condizioni rigide per i Paesi che beneficiavano i prestiti, ad essere una linea di credito per finanziare la spesa sanitaria (dunque per l’acquisto di medicinali, assunzione di medici, creazione di reparti) con condizioni molto leggere e per un ammontare pari al massimo 2% del proprio Pil. Da qui nasce il dibattito politico-ideologico, alle volte confuso, sull’utilizzo o meno di questo strumento. Il MES ricorda ancora i tempi bui della Grecia, il periodo della crisi del debito, l’intervento della Troika, e il solo nome fa venire i brividi all’intera classe politica.
La riforma del MES
Oltre alla decisione appena illustrata e che riguardava i prestiti per la spesa sanitaria tramite il “MES Sanitario”, l’eurogruppo decide anche di proporre una riforma del MES originario, ovvero una riforma del classico MES, quello che eroga fondi per fronteggiare una crisi (non sanitaria) all’interno di uno Stato. Come si legge dalla relazione del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in audizione a Commissioni riunite della V (Bilancio) e XIV (Politiche UE), la riforma interviene sui seguenti fronti:
1) La governance e i compiti del MES nell’assistenza finanziaria ai Paesi Membri –
la modifica del Trattato prevede per l’Amministratore delegato una maggiore indipendenza e un ampliamento dei propri compiti: l’AD diventa referente del MES nelle attività che concernono la concessione dei sostegni finanziari; Il MES con il proprio AD, insieme alla Commissione Europea, dovrà valutare la sostenibilità del debito pubblico e la capacità di ripagare il prestito erogato del Paese che fa richiesta di assistenza; l’AD, insieme alla Commissione Europea, avrà un ruolo anche nella negoziazione delle condizionalità che dovranno essere rispettate dal Paese beneficiario del sostegno del MES.
2) Le condizioni per la concessione dell’assistenza finanziaria –
su questo punto, come affermato dal Governatore Visco, la proposta di modifica non prevede sostanziali differenze. “Le condizioni per l’accesso ai finanziamenti del MES a seguito della riforma rimarrebbero sostanzialmente inalterate”[1]. Sia nel Trattato originario che nella modifica proposta è prevista una valutazione della sostenibilità del debito prima ancora che un Paese riceva l’aiuto del MES. Ciò che aggiunge la riforma è una valutazione della capacità di ripagare il prestito contratto dal Paese, a maggior tutela delle risorse che vengono erogate dal MES: per le Precautionary Conditioned Credit Lines (Pccl), ovvero le linee di credito concesse ai Paesi che rispettano il PSC[2] e che non hanno grandi squilibri macroeconomici, la riforma prevede vincoli più stringenti. “Al tempo stesso la riforma chiarisce che queste verifiche preliminari [..] sono condotte lasciando un <<margine di discrezionalità sufficiente>> alle autorità che le svolgono”[3].
3) L’introduzione del backstop del Fondo di risoluzione unico –
la riforma fornisce il backstop al Fondo di risoluzione unico. Ciò significa che la modifica del Trattato, cosi come proposta, consente di dare un sostegno al Fondo di risoluzione unico[4] nel caso in cui le risorse di cui dispone non sono sufficienti per finanziare gli interventi del MES. Il MES dunque diventa un garante del Fondo e va “nella direzione di rafforzare la credibilità e l’effettiva possibilità di intervento del Fondo e, per questa via, riduce il rischio che la gestione della crisi di un grande intermediario avvenga in maniera disordinata, con potenziali impatti sulla stabilità finanziaria complessiva”[5].
Perché se ne parla tanto in questi giorni?
Gli unici Paesi che non hanno ratificato il MES, riformato così come illustrato, sono soltanto due: Germania e Italia. Bisogna però fare le dovute differenze perché mentre l’Italia non ha mai ratificato tramite il proprio Parlamento per via di un empasse tutto politico, la Germania non ha ratificato per via di un empasse giuridico. In Germania infatti la ratifica non è mai arrivata perché alcuni deputati di area liberale avevano effettuato un ricorso alla Corte di Karlsruhe, ponendo alcuni interrogativi, che si è da poco pronunciata rigettando il ricorso contro il MES e dando così il via libera al Parlamento tedesco per la ratifica del trattato.
L’Italia ratifica o no?
Adesso è il momento dell’Italia, è il momento di decidere se scegliere di avere credibilità in Europa oppure isolarsi ed essere l’unico Paese che non ratificherà. Ma così come il dibattito sul MES è iniziato proprio per via di polemiche politiche ed ideologiche, anche la sua possibile ratifica potrebbe finire con uno scontro tra due fazioni: una maggioranza, che in questi anni si è opposta in maniera dura al MES e che oggi potrebbe e dovrebbe ratificarlo, ed una opposizione che qualche anno fa ha riformato il MES e che oggi, pregiudizialmente, potrebbe votare contro.
NOTE
[1] Le F.A.Q. di Bankitalia sul MES
[2] Patto di Stabilità e Crescita
[3] Il Governatore Visco sul funzionamento del MES
[4] Il Fondo di risoluzione unico è un fondo all’interno del quale vengono versati contributi da parte delle banche della Zona Euro. La funzione del Fondo sarà quella di sostenere economicamente l’applicazione delle misure di risoluzione per le banche in dissesto, garantendo allo stesso tempo un utilizzo minimo dei soldi dei contribuenti.
[5] Ibidem