Ma che riforma tributaria è? Ecco i ritocchi di cui avrà bisogno

scritto da il 13 Settembre 2022

L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –

La tanto attesa riforma della Giustizia tributaria è giunta in porto, tuttavia accompagnata dalle proteste degli operatori del settore. In particolare, l’Associazione Magistrati Tributari ha indetto uno sciopero, proclamando l’astensione dalle attività giudiziarie e, in particolare, dalla partecipazione alle udienze pubbliche e dallo svolgimento di qualunque altro adempimento d’ufficio, nel periodo compreso tra lunedì 19 settembre 2022 e mercoledì 21 settembre 2022. Stessa reazione dei Dottori commercialisti, che resteranno a braccia conserte dalle ore 24:00 del giorno 18 settembre 2022 alle ore 24:00 del giorno 23 settembre 2022.

Se diverse parti in causa, peraltro rappresentanti interessi e funzioni diverse, decidono di protestare a gran voce, un motivo ci sarà. E il motivo c’è. Anzi, ce n’è più di uno.

Partiamo dall’individuazione delle principali novità introdotte dalla riforma.
In primis, le Commissioni tributarie cambiano la propria denominazione in “Corti di giustizia tributaria di primo grado e di secondo grado”. Mi ricorda il cambio nome con cui la vecchia Equitalia fu “trasformata” nella nuova Agenzia delle Entrate Riscossione. Cambiare nome per non cambiare nient’altro (o poco) di sostanziale.

Infatti, a parte le modalità di reclutamento dei giudici, tra l’altro con un percorso di passaggio a regime molto travagliato, di novità di rilievo non se ne vedono molte, mentre rimangono irrisolti taluni profili molto importanti che da sempre avevano mosso le invocazioni delle parti in causa.

riformatributaria

Il primo aspetto riguarda la terzietà. Il giudice, in ogni ordinamento giudiziario che si possa immaginare, coincide con una figura terza, imparziale. Questa terzietà, nel mondo tributario, non pare invece essere un dogma. Basti pensare che la giustizia tributaria dipende dal Ministero dell’economia e delle finanze, dal quale parimenti dipende l’Agenzia delle Entrate. Traducendo, il giudice e una delle parti in causa sono figli dello stesso padre. La più vistosa carenza della riforma è proprio il mancato rafforzamento dell’indipendenza del giudice tributario, in quanto il progetto non affranca l’organizzazione amministrativa delle Commissioni tributarie (o Corti tributarie, come le vogliamo chiamare) dalla dipendenza dal Ministero dell’economia e delle Finanze e rende i nuovi magistrati tributari dipendenti dello stesso Ministero, cioè del dicastero che è il titolare degli interessi sostanziali che sono oggetto delle controversie tributarie.

Come sottolinea l’Associazione Magistrati Tributari nei propri comunicati, la questione non è soltanto di “apparenza”, in quanto occorre preservare l’indipendenza del Giudice Tributario da qualsiasi interferenza esterna. Il Presidente Pertini affermò: “ Il giudice non solo deve essere , ma anche apparire indipendente”. La riforma, al contrario, addirittura rafforza il ruolo del MEF affidando allo stesso la gestione dello status economico e giuridico dei magistrati tributari e delle procedure concorsuali per il loro reclutamento.

D’altra parte, il distacco dal MEF era previsto in tutti i progetti di legge di iniziativa parlamentare e non si comprende perché ciò sia stato disatteso.

Di questo punto si dolgono, parimenti, i Commercialisti, anch’essi promotori dello sciopero per lo stesso motivo.

La terzietà, poi, viene parimenti trascurata sotto un altro punto di vista. L’istituto della mediazione tributaria, cioè quella fase prodromica rispetto all’instaurazione del giudizio, resta affidato allo stesso ente impositore che ha emesso l’atto, anziché ad un organo terzo. Anche qui c’è poco da commentare, se a dirigere la mediazione è una delle due parti in causa.

Le preoccupazioni, però, non finiscono qui. Il passaggio di consegne alla “nuova” magistratura tributaria appare tortuoso e rischia, soprattutto, di creare carenze d’organico, per via dell’applicazione dei nuovi limiti d’età previsti dalla normativa.

Il paradosso: l’obiettivo è velocizzare ed efficientare, ma si crea una carenza di personale praticamente già scritta, anticipando l’età di pensionamento di operatori tutt’ora in carica.

Ma i nonsensi non sono finiti. Non si può non citare l’esclusione del transito dei magistrati tributari di merito alla costituenda Sezione tributaria della Corte di Cassazione, fattore che porterà alla situazione di una funzione nomofilattica (propria del grado di Cassazione) affidata tuttavia a magistrati privi di quella conoscenza ed esperienza di merito necessarie per un più adeguato e consapevole esercizio della funzione di legittimità.

Insomma, almeno a parere di chi scrive (e non solo), questa riforma avrà bisogno di numerosi ritocchi in corso di causa. Sembra partorita in fretta e furia, e ciò è ancor più inaccettabile se consideriamo che se ne parla da anni, come di una priorità su cui intervenire.