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Astensionismo, minaccia sul voto: una proposta e una provocazione
L’autore di questo post è Costantino Ferrara, vice presidente di sezione della Commissione tributaria di Frosinone, giudice onorario del Tribunale di Latina, presidente Associazione magistrati tributari della Provincia di Frosinone –
Secondo alcuni sondaggi, il 40% degli elettori deciderà solo dopo le ferie se recarsi alle urne oppure no ed in ogni caso almeno il 20% di elettori si asterrà dall’esprimere le proprie preferenze all’imminente tornata elettorale. Appare evidente, dunque, che il nemico numero uno da battere sia chiama astensionismo. Proviamo ad individuare qualche possibile rimedio.
Ritengo, in primis, che non si possa limitare il voto al solo giorno festivo del 25 settembre, sia perché, rispetto ad altre consultazioni, queste si verificano a ridosso del periodo vacanziero, sia perché è un fatto pacifico e dimostrato che l’affluenza alle urne sale quando si protrae la votazione anche al giorno lavorativo successivo.
Quindi sarebbe opportuno votare domenica e lunedì, come del resto si è quasi sempre fatto.
Sarebbe illogico che, alla luce dei predetti sondaggi sull’assenteismo alle urne, si optasse per una scelta differente,
L’elevato astensionismo che ha caratterizzato le recenti elezioni, poi, dimostra, oltre alla naturale disaffezione dei cittadini, un preoccupante segnale di vera e propria sfiducia nei confronti della politica. L’opinione pubblica ha perciò bisogno di trovarsi al cospetto di un assetto politico chiaro, costruito intorno a determinati valori condivisi e sostenuti da partiti caratterizzati da una visione non contrastante sui grandi temi dell’attualità e non interessati soltanto alla distribuzione dei seggi tra parlamentari uscenti.
Seggi che si sono ridotti a 400 per la camera e a 200 per il Senato. Questa della riduzione dei parlamentari è stata una battaglia del Movimento 5 Stelle, ma che ora si ritorce contro chi l’ha portata avanti, almeno stando alle recenti stime sul voto. Anche perché il risparmio che avrebbe dovuto lanciare questo “cavallo di battaglia” ha prodotto risultati irrisori in termini economici, se si pensa ai numeri di una manovra economica o a quante risorse impiegano misure come il reddito di cittadinanza (circa nove miliardi di euro di costo, a fronte dei 60 milioni di euro che si sono risparmiati tagliando i parlamentari, lo 0,7%!).
Se si voleva risparmiare sui conti pubblici, per esempio, si potevano sopprimere i 100 enti statali e parastatali inutili, che da 30 anni risultano nelle liste da abolire che invece sono ancora lì con tutto il loro fardello.
Vogliamo fare un altro esempio? Le 30.000 auto blu che dovevano sensibilmente essere ridotte, invece da quest’anno ce ne sono 3.000 in più rispetto al passato. E poi ci stupiamo del come mai i cittadini non vadano a votare?
A mio parere, l’Italia avrebbe bisogno di professionisti della politica, cioè gente come “noi”, che vivendo i nostri problemi quotidiani, sia in grado di affrontarli e risolverli. Non servono i grandi professoroni, i tecnici migliori dello Stato, che senza dubbio possono e devono essere di grande aiuto con le loro capacità, sia al premier che ai ministri. Ma sono questi ultimi che devono trasformare i suggerimenti dei consulenti in provvedimenti politici per la gente.
Ricollegandoci al tema all’astensionismo, se pensiamo al sindaco di Roma eletto con appena il 41% degli elettori Romani, la questione appare abbastanza sui generis. Se 6 cittadini su 10 volevano un sindaco diverso, qualcosa vorrà pur dire. Una minoranza non può averla vinta sulla maggioranza.
Sarebbe stato più giusto tornare al voto sino a quando un candidato non avesse raggiunto il quorum del 51%, così come avviene per la validità di un referendum.
Nella scia di questo argomento, approfitto per parlare di un progetto che mi è caro da oltre 20 anni e che ho cercato di sottoporre all’attenzione della politica negli anni passati.
Assistiamo ogni volta a dei governi che non rappresentano la totalità degli elettori, ma al massimo il 50%. In ogni tornata elettorale, è ormai un mantra l’aumento inarrestabile dell’assenteismo, come conseguenza del distacco tra paese reale e paese legale, della dicotomia tra cittadini e classe politica. Penso che non sia comunque giusto che un governo rappresenti solo il 50% degli elettori cittadini, per quanto il restante 50% abbia consapevolmente scelto di non recarsi alle urne.
Per contrastare il fenomeno, provo ad immaginare una soluzione: nella premessa che non possano essere eletti politici in proporzione agli elettori che non sono andati a votare (che quindi in un modo o nell’altro hanno espresso una propria volontà) si potrebbe invece ridurre il numero degli eletti, in base alle percentuali dell’assenteismo. Ad esempio, se si dovessero votare 100 deputati, e si fosse presentato alle urne il solo 50% degli elettori, allora i parlamentari eletti potrebbero essere solo 50, anziché i 100 previsti. Tanti eletti quanti, in proporzione, sono gli elettori attivi, con i dovuti aggiustamenti. Scommettiamo che, in tale caso, la lotta all’assenteismo sarebbe fortemente sponsorizzata dagli stessi politici che aspirano ad una poltrona? Forse è una provocazione. O forse no.