Il senso dell’inflazione e della patrimoniale per l’enorme diga della finanza

scritto da il 14 Aprile 2022

La dimensione della ricchezza mondiale è sfuggente, e la finanza ne è una rappresentazione che privilegia il grado di liquidità degli asset: un fondo, un’azione e un’obbligazione sono infatti più “finanza” rispetto a una casa perché immediatamente trasformabili in liquidità spendibile. Le stime sulle dimensioni della ricchezza/finanza mondiale soffrono di una inevitabile sfumatura di “potenzialità”, se così si può dire: il valore di un asset infatti è in sé teorico, fino a che non si traduce in un valore di mercato emerso da una transazione reale, fatta eccezione per gli asset liquidi e per la moneta, reale o digitale, che sono valore puro immediatamento trasformabile.

Tuttavia alcune stime della Bank of International Settlements (Bis, la Banca dei Regolamenti Internazionali ovvero la banca delle banche centrali) e di Visual Capitalist ci forniscono alcune quantità di riferimento in miliardi (billion, bn) e migliaia di miliardi (trillion, tr) di dollari dei principali asset, finanziari e non, nel mondo:

Base monetaria ampia (96tr di cui monete e banconote 6,6tr), criptovalute (250bn),

i  miliardari (8tr),

riserve di oro (11tr),

le imprese Fortune 500 (23tr),

capitalizzazione di Borsa (100tr),

debito globale (253tr),

asset immobiliari residenziali (220tr),

commerciali (33tr),

agricoli(27tr),

ricchezza globale complessiva (361tr),

derivati over the counter (fuori listino) (610tr di valore nozionale; 12,6tr di valore di mercato).

Sul valore dei derivati si rischia la confusione fra nozionale e mercato, come è spiegato in Bestiario di Finanza. C’è, infine, la finanza ombra, stimata in decine di trilioni.

A titolo esemplificativo, la Banca d’Italia stima la ricchezza finanziaria degli italiani attorno ai 5000 miliardi, un multiplo del Pil.

L’insieme dei valori degli asset appena citati costituisce una massa di denaro (immediato o potenziale) che può essere trasformata in beni e servizi a seconda del grado di liquidità e della valuta in cui è espressa, principalmente dollari e euro: a livello internazionale, trasformare dollari in beni reali è più facile che trasformare pesos argentini in beni reali. Naturalmente questa massa non viene mai convertita o venduta tutta insieme per acquistare altri beni reali: specialmente nella sua parte liquida o quasi liquida resta pur sempre una ricchezza potenziale.

Immaginando di avere stime sull’ammontare dei beni e servizi disponibili ad essere venduti, dai terreni agli impianti alle risorse naturali alle merci di consumo e di investimento, si potrebbe individuare un rapporto fra la finanza/ ricchezza potenziale mondiale e la ricchezza reale disponibile ad essere acquistata. Un’operazione che qui viene soltanto immaginata, e non concretizzata.

Su questa base, e con un po’ di equilibrismo maieutico, si può attribuire alla finanza una delle caratteristiche della opzione call, una gigantesca opzione sulla ricchezza mondiale, cioè il diritto a trasformarsi in beni, servizi e asset reali: una opzione che, se venisse esercitata per intero, non riuscirebbe a realizzarsi perché troppo più grande rispetto alla ricchezza reale su cui si “appoggia” e che ne giustifica l’esistenza. Una gigantesca opzione che costituisce quindi, sotto questo profilo, un’illusione per la parte che non si realizza effettivamente in scambi virtuale-reale.

foto di Ibrahim Boran per Unsplash

foto di Ibrahim Boran per Unsplash

A differenza delle opzioni call tuttavia, la finanza come opzione non ha un prezzo che dipende dalla differenza fra la aspettativa del valore futuro di realizzo e il valore dello strike price (il prezzo a cui ci si impegna nel presente). E non è acquistata sul mercato ma accumulata da risparmi, profitti rendite e eredità. La pressione esercitata da questa gigantesca opzione virtuale è tanto più forte quanto più alto è il rapporto fra questa e i beni reali: l’inflazione dei prezzi degli asset può essere interpretata anche come un meccanismo di autoregolazione e svalutazione generato dalle dimensioni eccessive della bolla finanziaria, meccanismo che riporta l’opzione virtuale in un contesto più “realistico”, se così si può dire.

Allegoricamente, la massa di ricchezza finanziaria appare come una gigantesca diga che sta sopra l’economia reale, una diga che con le sue scosse, anche piccole, può causare grandi turbolenze a valle. Proseguendo nell’allegoria, lo svuotamento parziale della diga appare come una policy ragionevole: l’inflazione e la patrimoniale sulla finanza sono le pompe che servono allo scopo, la prima non senza effetti collaterli indesiderati per i redditi fissi e i creditori.