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Yellen e le aspettative: più ne è schiava, più è difficile condurre il gioco
Aspettative. È tutto legato a quello. Più ne crei, più ne sei schiavo, più rischi di sbagliare. Parlottando del meeting del Federal open market committee (Fomc, cioè l’organo decisionale della Federal Reserve, riunito oggi e domani) con un amico, è emerso proprio questo punto. «Per me se ne sono create troppe, voglio dire: ora tutti credono che la Fed alzerà i tassi e via all’exit strategy. Peccato non sia proprio così», mi ha detto. Sapete che vi dico? Il mio amico ha ragione: non è proprio così.
Facciamo un piccolo passo indietro. Ricordate l’estate del 2007? Il congelamento di tre fondi di Bnp Paribas (Parvest Dynamic Abs, Bnp Paribas Euribor e Bnp Paribas Abs Eonia) ha dato ufficialmente il via alla crisi dei mutui subprime statunitensi su scala globale. Le prime cinque banche centrali al mondo, cioè Banca centrale europea (BCE) , Bank of England (BoE), Federal Reserve, Bank of Japan (BoJ) e Swiss National Bank (SNB) iniziarono a pompare liquidità nel sistema finanziario mondiale, tentando di raddrizzare la barra di una nave senza controllo. Poi arrivò il collasso di Lehman Brothers, il 15 settembre 2008. Poi la crisi dell’eurozona. Morale: da quasi dieci anni il mondo vive in una bolla di liquidità senza precedenti. Qualcuno la chiama droga monetaria. Probabilmente è un termine adatto.
Questo è il bilancio della Fed. In esso potete osservare tutti i round di Quantitative easing (Qe). Numeri impressionanti, nevvero? Ecco. Questo è il mondo in cui viviamo ora. Quindi, domanda legittima: che cosa cambia se il Fomc decide di alzare il tasso di riferimento di 25 punti base, per esempio? Poco o nulla. E chi opera sui mercati giorno per giorno lo sa. Sa che siamo in una fase storica nuova. Sa che non si tornerà indietro. Sa che è probabile che non ci sarà mai una vera exit strategy. È questa la paura che circola dentro la Fed ora.
Come gestire la reazione degli investitori quando vedranno che il fenomeno di cui sopra, la nuova normalità dentro cui si trova l’economia mondiale, si è verificato? La creazione di aspettative, che siano più o meno razionali, è sempre un gioco difficile da gestire.
Prendiamo Mario Draghi, con il suo discorso alla Global Investment Conference di Londra del 26 luglio 2012. Lo ricordate? Era quello del “Whatever it takes”. In quel caso, Draghi è stato – per usare un termine brutale – vittima delle aspettative che ha creato. E tutto il suo mandato, ormai, viaggia su quei binari. Prima il Qe del gennaio scorso, poi il recente aumento della potenza di fuoco dello stesso sono figli di quella formazione delle aspettative.
Un economista del Board della Fed mi conferma questo circolo vizioso. «Sappiamo che siamo su un piano molto inclinato», mi scrive. Lo spillover maggiore, per la Fed, potrebbe essere proprio questo: disattendere le aspettative che lei stessa ha prodotto negli ultimi mesi. La Fed ha le mani legate. Sarà anche indipendente politicamente, ma è ostaggio dei mercati finanziari.
La domanda successiva potrebbe essere, quindi, “Come si esce da questa fase?”. Se avessi la risposta sarei già probabilmente nel board di una banca centrale, ma condivido la visione di Thomas Sargent, che ritiene che si possa uscire dalla schiavitù delle aspettative solo passo dopo passo, in un processo graduale. Il problema è che la Fed può anche avere tutta la pazienza del mondo, ma gli investitori ne avranno altrettanta?
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