categoria: Vendere e comprare
Il business del sostenibile ed ecologico online: chi controlla?
Post di Mariachiara Marsella, SEO Strategist & Digital Marketing Consultant –
C’è un dato di fatto incontrovertibile, come mostra Google Trends: l’aumento delle ricerche online legate a biologico, ecologico, sostenibile, ecosostenibile e organico. Sono queste le parole chiavi che negli ultimi tempi hanno accompagnato sempre di più le ricerche di acquisto espresse online, sul motore di ricerca, da
parte degli utenti.
Intanto c’è da dire che sebbene l’argomento biologico trovi numerose applicazioni rispetto al sostenibile, è però questo ultimo che genera un maggior volume di ricerche. Quindi sì, c’è un alto numero di ricerche collegate a biologico ma il volume di ricerche maggiore è del settore sostenibile.
E dietro, ovviamente, c’è tutto un business.
Per esempio, ricerche come turismo sostenibile, packaging sostenibile, agricoltura sostenibile, mobilità sostenibile, energia sostenibile, economia sostenibile ed edilizia sostenibile generano un alto volume di ricerche mensili che, senza entrare nel dettaglio, significa un notevole interesse da parte delle persone. E ricordiamo sempre che ciò che le persone cercano online non sono semplici “keywords”: le ricerche esprimono chiaramente un bisogno, una necessità del consumatore in questo caso.
E questo chi vende online lo sa, e bene.
Consideriamo, ad esempio, che soltanto ad oggi online (tra qualche mese i numeri saranno sicuramente cresciuti) su Google.it ci sono:
– 30.600.000 pagine web che parlano di energia sostenibile
– 28.400.000 pagine web che parlano di sviluppo sostenibile
– 26.200.000 pagine web che parlano di economia sostenibile
– 25.200.000 pagine web che parlano di mobilità sostenibile
– 21.900.000 pagine web che parlano di turismo sostenibile
– 9.670.000 pagine web che parlano di abbigliamento sostenibile
– 9.110.000 pagine web che parlano di edilizia sostenibile
Dell’argomento, insomma, si fa un gran parlare e sempre più spesso vediamo e-commerce aggiungere etichette sulle loro schede prodotto, quali “prodotto sostenibile”.
E non è un caso: le persone acquistano online più volentieri se i prodotti sono sostenibili, anche se sono più cari, come emerge dal sondaggio che ho condotto di recente su un panel di 500 utenti italiani mediante la piattaforma professionale Google Surveys.
Il sondaggio
A 500 utenti italiani ho posto la seguente domanda e le relative 4 risposte: quando leggi su un sito web che i prodotti in vendita sono sostenibili:
1. sono più propenso ad acquistare su questo sito web anche se ha prezzi più alti
2. non mi fido, d’altronde come faccio a controllare che sia vero?
3. Cerco sul sito se ci sono informazioni dettagliare sui certificati di sostenibilità
4. Nessuna di queste.
Quindi, se il 29% cerca sul sito i certificati di sostenibilità, ben il 28% acquista più volentieri anche se quei prodotti costano di più. Con alcune differenze se si guarda all’età dei rispondenti. Ad esempio, la fascia di età nella quale si registra la più alta percentuale in riferimento alla ricerca sul sito dei certificati di sostenibilità è quella tra 18 e 24 anni (41%). Guardando invece alla percentuale più bassa di coloro che acquistano anche se costano di più questa è rappresentata dalla fascia di età tra 55 e 64 anni (17%).
In generale, comunque, che in Italia le persone siano più predisposte all’acquisto quando si tratta di prodotti in qualche modo eco/sostenibili è confermato anche dal report di Statista 2019 intitolato Sustainable fashion consumption in Italy. Alla domanda Quanto spenderai per abbigliamento e accessori eco-friendly nel 2020, il 24% degli intervistati ha affermato che nel 2020 avrebbe speso di più rispetto allo scorso anno.
La mia perplessità
In fase di analisi di questa tipologia di ricerche ho cercato di capire se esistesse uno strumento online di facile utilizzo per il consumatore che gli consentisse, velocemente (senza dover impiegare ore), di capire se quel certificato o quel sito venda – davvero – prodotti sostenibili. Non ho trovato nulla.
Mi aspettavo un tool simile a quello del “bollino” delle farmacie abilitate a vendere online, insomma qualcosa che potesse fungere da bussola per il consumatore perché ad oggi chiunque può scrivere “sostenibile”: ma come controlliamo che sia vero? Quindi ho chiesto un parere a un’esperta, Teresa Agovino, ingegnere ambientale, alla quale sono arrivata grazie alla redazione di Geo, da sempre particolarmente attenta a queste tematiche.
La risposta di Teresa Agovino, ingegnere ambientale e consulente di turismo
sostenibile
Concordo con te sul fatto che non ci siano certificazioni degli standard di riferimento e quindi da questo punto di vista non è certamente chiara la situazione. Quel che è importante dire è che non può esistere un unico standard; ovvero lo standard deve essere collegato alla tipologia di prodotto. Possiamo quindi avere uno standard di certificazione per quanto riguarda la moda sostenibile, così come possiamo avere una
certificazione per il turismo sostenibile. C’è anche da dire che ci sono stati, negli ultimi anni, tentativi di uniformare la tassonomia, perché poi il problema principale non è solo identificare un unico standard, ma identificare uno standard che sia anche allineato con quelli internazionali.
Tuttavia, no, ad oggi non abbiamo alcun standard unico: questo genera inevitabilmente confusione nel consumatore. Ci sono invece diversi enti di certificazione privati, standard che effettivamente si sovrappongono e rendono difficile la comprensione da parte del consumatore. Sarebbe quindi necessario individuare, per ogni singolo ambito d’azione, uno standard e appunto una serie di criteri riconosciuti univoci riconosciuti.
Per quanto riguarda il controllo, è l’Antitrust che se ne occupa ma ovviamente non riesce a controllare a tappeto; il controllo è infatti fatto su segnalazione o in relazione a specifiche tematiche o a specifici casi. È molto difficile che si riesca ad avere un pieno controllo online, mentre potrebbe essere, invece, auspicabile un “riscontro” congiunto da parte del motore di ricerca Google.
La verità è che ad oggi, di fatto, l’unica arma che abbiamo è formare e informare correttamente i consumatori affinché diventino consapevoli di cosa è sostenibile e cosa non lo è. In tal modo potrebbe diventare più complesso spacciare un prodotto per sostenibile.
La mia proposta
Come già indicato in precedenza nell’articolo, fermo restando sia a priori necessario identificare uno standard come suggerito da Teresa Agovino, la soluzione per un check veloce e rispettoso del consumatore è mettere a sua disposizione uno strumento online, usabile, realizzato dall’istituzione preposta, nel quale a fronte di una semplice digitazione del codice alfanumerico e/o nome della certificazione, l’utente possa
immediatamente appurare se il prodotto è realmente sostenibile. Come dichiarato anche dall’ingegnere ci sono stati e ci sono casi nei quali si spacciano per sostenibili
prodotti che non lo sono, e questa – a casa mia – si chiama truffa.
Twitter @uale75