categoria: Res Publica
Sanità post-Covid, un’integrazione mercato-sistema in 13 mosse
L’unico approccio ragionevole quando si parla di sanità è cercare di dare le risposte adeguate a questa domanda: “Date le risorse che la politica – e i cittadini votandola – decide di mettere a disposizione, qual è l’utilizzo migliore che se ne può fare per rispettare l’articolo 32 della Costituzione?
La sanità italiana oggi
Alcune premesse:
– La sanità italiana è tra le migliori nel mondo
– La spesa sanitaria sul PIL (pubblica e privata, 70/30) pre-covid era circa del 9% rispetto al 12% di Francia e Germania e 18% degli USA
– Il Sistema Sanitario Nazionale ha un ruolo centrale e l’universalità delle cure è la scelta giusta
– La preparazione media dei medici Italiani è eccezionale
– Abbiamo alcuni medici di fama scientifica e clinica internazionale di altissimo livello
– I servizi ospedalieri sino in alcune regioni italiane di altissimo livello
– La medicina di base, fondamento del sistema, è considerata in tutta la letteratura come la scelta corretta
– La sanità territoriale è quella rimasta più indietro rispetto ad altri ambiti
– L’epidemiologia, attraverso l’espansione delle malattie croniche, e la tecnologia, spingono verso un rafforzamento del territorio (Medicina di base, Specialistica e diagnostica, domiciliarietà)
– L’invecchiamento della popolazione, conti alla mano e a parità di modello, significa aggiungere almeno tra i 2,5 miliardi e i 4 miliardi all’anno di spesa corrente in più. Ricordo che dal 2008 al 2019 la spesa corrente è rimasta pressoché piatta. La pianificazione della spesa corrente post-investimenti PNRR invece va verso una tenuta o addirittura una diminuzione della spesa corrente in rapporto al PIL
– Gli ospedali sono luoghi pericolosi (a causa della densità di malati presenti e quindi loro capacità di attaccare malattie) e in cui andare se necessario.
– Gli ospedali sono luoghi costosi da fare e da gestire
– Ormai da molti anni la spesa in sanità si divide circa in un 70% di spesa pubblica e in un 30 di spesa privata. Cosa c’è dentro quel 30%? Circa la metà di prodotti (farmaci, occhiali, protesi) e metà servizi. Sui servizi in maggioranza si tratta di: odontoiatria, specialistica, diagnostica, psicoterapia, fisioterapia. Pochissimi servizi ospedalieri. In quel 30% il 90% circa è Out Of Pocket (pagato di tasca propria dal paziente) e 10% circa è assicurato. La base di soggetti assicurati si è allargata negli ultimi anni ma i premi individuali si sono abbassati e la qualità dei servizi a mio parere anche.
Sanità italiana, problemi e soluzioni
Detto questo entriamo nel merito. Cosa non funziona oggi nel nostro sistema e quindi come dovremmo cambiarlo? Ecco una lista di problemi che abbiamo come sistema sanitario in Italia e una lista di proposte su come affrontarli. Ovviamente ognuno di questi temi è tecnicamente complesso e non riesco oggi ad entrare nel merito tecnico di come si possa realizzare la soluzione. Vi chiedo però un po’ di fiducia: dietro a ogni proposta ci sono analisi abbastanza profonde anche dal punto di vista della sua implementabilità tecnica. Molte delle proposte tendono a essere piuttosto radicali e quindi per loro natura difficili da immaginare nel contesto Italiano.
Problema: mancata Interoperabilità dei dati tra erogatori, istituzioni, pazienti
Soluzione: Norma con l’obbligatorietà di esporre API (application programming interface ) 24/7 con i dati in formato standard (modello GDPR e PSD2 delle Banche, il cosiddetto Open Banking) e accessibile dal paziente o da soggetti da lui/lei delegati e uso del PNRR con grants per la transizione tecnologica degli erogatori. Dobbiamo standardizzare il linguaggio dei dati per permettere poi a ogni singolo erogatore di costruire l’ecosistema informatico che desidera, ma sempre con il vincolo che i dati devono poi poter essere scambiati con altri, in quel linguaggio specifico.
Problema: non ci sono e non ci saranno abbastanza medici di medicina generale (MMG) e l’età media è 59 anni; gli MMG lavorano in gran parte da soli in singole stanze e hanno un contratto tale da non soddisfare i bisogni di una medicina territoriale moderna.
Soluzione: fatti gli adeguati calcoli sul fabbisogno di MMG (a 1500 pazienti massimali) e capito il gap, si apre l’accreditamento di aziende pubbliche e private per l’erogazione di servizi di medicina di base e si permette ai cittadini di scegliere se andare con un MMG classico o con questo nuovo servizio. Nel concreto significherebbe ad esempio aprire ad una certa percentuale dei cittadini la possibilità di aderire a questo nuovo servizio. Questo permette di sperimentare forme organizzative nuove, in cui si faccia un uso delle tecnologie più spinto e si abbia una copertura dei bisogni diversa. Compito delle Regione è monitorare attentamente la qualità clinica erogata e la soddisfazione dei cittadini, confrontandola con quella del servizio attuale. Sulla base di questi dati si può procedere a definire i volumi futuri dei diversi servizi. In caso di buon funzionamento di queste sperimentazioni si può procedere a diminuire il carico dei singoli MMG aumentando quindi la qualità erogata. Quindi quello che qui si propone è uno spostamento dal “Medico di base” alla “Medicina di base” come servizio, con una particolare attenzione agli outcome clinici dei pazienti e alla loro soddisfazione rispetto al servizio, che comunque può essere valutata abbastanza facilmente dalla richiesta dei pazienti di andare dal servizio classico a quello nuovo. Ovviamente la parte remunerativa deve essere uguale nei due ambiti.
Problema: programmazione posti a Medicina, borse di specialità e professioni sanitarie sistematicamente sballati
Soluzione: dopo aver accreditato le università e gli ospedali, lasciare a ogni singola istituzione la decisione sui numeri di posti che vuole aprire, compatibili quindi con la propria dotazione di spazi, docenti e di domanda per quei posti. Questo permette di avere un aumento e diminuzione negli anni sulla base delle reali condizioni sul territorio e permette soprattutto di allargare le scuole migliori che avranno più domanda e che vorranno aumentare la propria capacità produttiva. Non vedo particolari problemi nell’accettare maggiori istituzioni private dentro a questo schema. Nel caso in cui ci sia un deficit di laureati, specializzati o professioni sanitarie lo Stato può incrementare il numero incentivando finanziariamente chi apre posti in tal senso.
Problema: allineamento degli interessi degli accreditati privati con gli interessi di sanità pubblica, in particolare l’interesse all’aumento sistematico della qualità erogata dai privati con i soldi pubblici. Oggi abbiamo un non-mercato con una situazione bloccata ai budget storici, che ha fatto diventare quei budget un asset che viene compravenduto sul mercato dei capitali sulla base della sua redditività. Questo ha creato quindi le condizioni per cui i valori di rimborso per prestazione determinano la politica sanitaria e soprattutto determinano le liste di attesa: paghi poco hai liste di attesa, paghi molto non ce le hai.
Soluzione: ogni anno si sposta il 5% del budget (tagliandolo agli operatori in essere in modo legato alla qualità clinica e la soddisfazione dei pazienti misurata) esistente rimettendolo a mercato tramite aste con la dichiarazione esplicita delle prestazioni necessarie alla Regione per sostenere la propria programmazione sanitaria. Negli anni si va quindi da un sistema di pricing per prestazione fissato uguale per tutti a un sistema nel quale ogni prestazione viene pagata quanto gli operatori che vincono l’asta sono disposti a ricevere. Questo sistema permette di avere una dinamica di allocazione dei budget che non permettono più la storicizzazione e tutti sono coinvolti in una competizione basata innanzitutto sul mantenimento dei criteri di accreditamento, poi nella qualità clinica, percepita ed erogata – e infine sulla sostenibilità economica dell’attività. Le Regioni possono così governare la propria politica sanitaria portando i privati a fare quello di cui hanno bisogno, alle tariffe corrette e migliorando continuamente. Ad esempio nei parametri di gara potremmo mettere l’obsolescenza tecnologica delle macchine diagnostiche usate differenziando quindi la remunerazione sulla base della qualità della dotazione tecnologica. Ancora più efficace sarebbe la creazione di una offerta in cui il budget non sia più quello dato a un erogatore ma quello in capo a un paziente, permettendo al paziente di spostarsi da un gestore ad un altro per l’intera gestione della sua salute. Ne ho parlato a suo tempo in questo articolo
Problema: abbiamo troppi pochi infermieri e altre professioni sanitarie rispetto ai medici e soprattutto li utilizziamo poco e male
Soluzioni: Sul numero non ci sono scorciatoie: bisogna pagarli di più e farli lavorare in condizioni migliori di oggi, bisogna essere più attrattivi su mestieri che sono destinati a crescere e che hanno e avranno un fortissimo ruolo anche con l’arrivo di nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale. Bisogna quindi programmare un aumento delle remunerazioni di queste professioni ma per ottenere tali aumenti bisogna dare alle persone maggiori responsabilità. Cominciare a creare dei team in cui c’è una suddivisione dei compiti maggiormente spostata dal lato medico a quello delle professioni sanitarie. Oculista/Ortottista, Ginecologa/Ostetrica, Fisiatra/Fisioterapista sono alcuni degli esempi più eclatanti. Ma il rapporto deve spostarsi dagli attuali 1 a 1 a rapporti nell’ordine di 1 a 4, come in molti altri paesi OECD. Questa rivoluzione porterebbe ad un modo di lavorare molto diverso rispetto a oggi, con una divisione dei compiti che sposta sui medici attività a più alto valore aggiunto e contestualmente aumenta il valore del lavoro fatto dalle professioni sanitarie. Dobbiamo smetterla di essere una organizzazione sanitaria dove tutto viene fatto dal medico. Il medico deve organizzare e coordinare, occuparsi delle diagnosi complesse e fare in modo che il proprio team eroghi servizi a numeri molto più elevati di persone grazie alla collaborazione tra medico e professionista sanitario.
Problema: oggi non differenziamo in alcun modo i migliori dai peggiori e questo crea una infinità di problemi
Soluzioni: Nel medio-lungo periodo i sistemi capaci di valutare e ri-definire in modo continuo dove mettere le proprie risorse aumentando quelle di chi ha performato meglio e contestualmente diminuendo quelle di chi ha performato peggio hanno un vantaggio competitivo mostruoso rispetto ai sistemi che questo lavoro non lo fanno. Per poterrlo fare però abbiamo bisogno della interoperabilità dei dati e di una capacità di trasformarli in intelligence orientata alla valutazione di tutti i kpi che ci servono. La premialità deve essere orientata alle istituzioni che a loro volta devono decidere come usare quelle risorse aggiuntive in termini di nuove assunzioni, aumenti di stipendio, premialità, investimenti in tecnologie e organizzazione.
Problema: oggi chi fa la composizione dei servizi è il paziente stesso, che deve quindi anche occuparsi di trovare l’erogatore dei singoli servizi, di prenotarli e di seguire il proprio percorso clinico, essendo largamente abbandonato dal sistema
Soluzioni: All’interno dell’SSN ci devono essere meccanismi e soluzioni informatiche che permettono di prendere in carico i bisogni di salute dei pazienti e costruire per loro dei percorsi chiari all’interno dei quali il paziente viene curato. Nel concreto significa che ad ogni step il paziente esce sapendo esattamente dove, quando, con chi fare cosa e avendo le prenotazioni fatte. Questo risulta possibile solo se abbiamo disponibili in un unico sistema tutte le agende dell’offerta SSN e di conseguenza sia possibile per ogno erogatore di un servizio prenotare per quel paziente lo step successivo. Ovviamente questo significa avere erogatori dotati di tecnologie e organizzazione capace di gestire anche questa parte del servizio, senza la quale non esiste una reale e concreta presa in carico del paziente.
Problema: la cronica presenza di liste di attesa inaccettabili nell’SSN
Soluzioni: dalla teoria delle code sappiamo che la creazione di una lista di attesa è semplicemente un arrivo di richieste maggiori rispetto alla capacità del sistema di gestirle. In sanità sappiamo che l’aumento della capacità erogativa non risolve il problema da sola perché automaticamente aumentano anche le richieste, per una serie di meccanismi studiati nel dettaglio in molta letteratura. Quindi l’unica strada che abbiamo è il governo del prescritto e di conseguenza una dotazione di capacità erogativa del tutto coerente con il prescritto. Questo può essere fatto se il prescritto viene analizzato in modo continuo: sia nelle sue caratteristiche micro (il singolo medico, il singolo paziente, il singolo reparto ospedaliero) che permettono di fare confronti, andare alla ricerca delle migliori pratiche e di intervenire invece sulle peggiori pratiche; sia nei suoi aspetti macro, con la continua valutazione dell’offerta necessaria per onorare la richiesta, allargando a volte la geografia di offerta o spostando risorse da un servizio a un altro se necessario per tenere i tempi di attesa sotto controllo. Le Regioni devono avere una specie di sala di controllo in cui vedono i flussi di entrata e uscita e sanno quindi come e dove intervenire in tempo quasi reale. Le ASL e ATS devono poi agire nei confronti dei singoli prescrittori ottimizzando in modo continuo la politica sanitaria adottata rispetto alle risorse disponibili.
Opportunità: Wearable pazienti e in che modo possono cambiare la medicina
Cosa esattamente: Una quota sempre più ampia della popolazione ha a disposizione dei cosiddetti wearable che monitorano in modo continuo parametri vitali rilevanti per diagnosticare, monitorare, dare feedback agli utenti. Oggi questi dati sono utilizzati solo dai pazienti mentre potrebbero diventare un pezzo dell’impalcatura di presa in carico dei pazienti, soprattutto sull’accompagnamento a migliori stili di vita. Per farlo però abbiamo bisogno di una struttura informatica che permetta di avere quei dati a disposizione dei medici e di app dedicate per analisi e feedback ai pazienti. Tecnologicamente e legalmente è già possibile farlo, basta quindi solo che gli erogatori si dotino di questi strumenti e comincino ad usarli, sapendo che ci sarà un lungo periodo di tempo di educazione sia dei pazienti che dei medici.
Problema: con la restrizione delle risorse il sistema sanitario sposta sempre più risorse dai sani ai malati. Questo provoca una minore attenzione a temi come la prevenzione e la gestione dell’insorgenza delle malattia croniche che poi evolvono più rapidamente e creano maggiori problemi e costi successivamente.
Soluzioni: la cura dei cosiddetti sani è come se fosse un’altro servizio rispetto alla cura degli acuti o dei cronici. Ha delle dinamiche, delle aspettative, dei costi, dei professionisti coinvolti diversi. Oggi i cosiddetti sani tendono a non curarsi o ad utilizzare i privati. Dobbiamo inquadrare le battaglie da combattere sui sani (largamente gli stili di vita) e su quelle mettere in pista dei programmi che diventino abitudini per i cittadini, come oggi lo è lavarsi i denti. Le case di comunità possono diventare i luoghi dove far nascere queste attività, nelle quali utilizzare anche risorse comunitarie e quindi meno costose per l’SSN e più vicine ad attività non-medicalizzate e quindi meglio accettate da parte dei cittadini. Inoltre dobbiamo rendere la medicina di base adatta ai tempi e al livello di attenzione dei sani, rendendola quindi meno burocratica e più attenta ad aiutare i sani a rimanere in salute e affrontare rapidamente i piccoli acciacchi.
Problema: l’odontoiatria è largamente erogata privatamente con costi a volte non sopportabili dalle famiglie. In particolare i minori, soprattutto quelli di famiglie meno abbienti, non hanno strategie di prevenzione pubbliche che permettano di arrivare alla maggiore età con denti sani in bocca
Soluzioni: l’SSN deve mettere in pista un processo di monitoraggio periodico e intervento sui minori in ambito odontoiatrico, con l’obiettivo di portare all’età adulta bocche sane
Problema: la salute mentale è il primo gruppo di patologie in termini di QALY persi e la meno dotata di risorse. In particolare nei due anni di Covid la situazione è peggiorata in modo sensibile e quindi la domanda sarà maggiore rispetto a prima
Soluzioni: almeno sulle patologie maggiori conclamate bisogna mettere a disposizione risorse per coprire la presa in carico di lungo periodo delle persone. In una prima fase bisogna accreditare molti professionisti privati e definire tariffe adeguate per le terapie.
Problema: c’è una fase della vita adulta delle persone in cui sono ancora largamente autosufficienti ma hanno diverse fragilità in termini di salute. Quella fase oggi viene gestita attraverso canali standard del SSN, largamente non adatti al bisogno. Il risultato è che la gestione passa in larga parte ai caregiver familiari, figli e nipoti, che non sempre riescono a gestirla
Soluzioni: bisogna fare investimenti per la creazione di strutture con minialloggi protetti da dare in affitto con il servizio di supporto sociosanitario integrato. Di fatto si tratta di fare vivere le persone in una propria casa, largamente in autonomia, ma all’interno di un contesto in cui è molto facile avere supporto per tutta una serie di servizi sociosanitari oltre a poter sviluppare relazioni che aiutino a non essere schiacciati dalla solitudine, che oggi è la principale fonte di malessere degli anziani.
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