categoria: Il denaro non dorme mai
Dobbiamo ancora credere alla teoria che esistano mercati azionari buoni?
Post di Carlo Giannone, strategy consultant e fondatore di Pillole di Politica –
Nel 1970, il celebre economista americano Milton Friedman pubblicò un editoriale sul New York Times dal titolo “The Social Responsibility of Business is to Increase Its Profits”. Con questo articolo, Friedman poneva le basi della celeberrima “Shareholders’ Theory” con cui si affermava la necessità per i manager di condurre le loro attività con l’obiettivo di perseguire un ritorno per gli shareholder (azionisti). Spettava a questi ultimi definire se il ritorno desiderato fosse economico o sociale.
Gli azionisti ottengono un ritorno economico dal loro investimento in due diversi modi: i dividendi che vengono erogati alla fine dell’esercizio annuale e la possibilità di vendere le loro azioni ad un prezzo più alto rispetto a quello a cui esse sono state acquistate, perseguendo quindi un capital gain.
La teoria di Friedman fu ampiamente accolta dagli azionisti delle grandi società convincendoli a legare la remunerazione dei manager all’incremento annuale dei prezzi azionari. Tale azione sembra avere un buon effetto potenziale in quanto i manager dovrebbero essere incentivati ad operare bene per perseguire un aumento del valore azionario della società e dunque un conseguente miglior salario a fine anno.
Questa teoria ha diverse implicazioni. Non è importante ciò che l’azienda sacrifica, l’unica cosa che conta è il profitto. Questa logica ha condotto nel tempo a drastici tagli del personale e riduzione degli investimenti in ricerca e sviluppo in quanto deleteri per I risultati economici di breve-termine. Il Sistema può inoltre essere eluso facilmente acquistando ad esempio azioni proprie della società (il cosiddetto shares buyback), fenomeno che spinge artificialmente in alto il prezzo delle azioni.
La realizzazione della Shareholders’ Theory per molti anni ha portato la gente comune ad associare i mercati azionari a spirali di inganno, crudeltà e ricerca della ricchezza ad ogni costo.
Gli ultimi 10 anni hanno tuttavia portato alla ribalta la cosiddetta Stakeholders’ Theory postulata da Edward Freeman nel 1984 secondo cui un’azienda deve creare valore non solo per gli shareholder bensi per tutti gli stakeholder (fornitori, clienti, distributori, comunità) con cui essa si interfaccia. Secondo Freeman, le aziende hanno una responsabilità sociale da preseguire nei confronti di tutti gli attori in gioco.
Questa teoria cambia il paradigma di funzionamento dei mercati azionari. I potenziali acquirenti non guardano più solo ai potenziali risultati economici dell’azienda nel breve/lungo termine prima di acquistare le azioni bensì valutano anche altre dimensioni dell’attività aziendale come il rispetto dei dipendenti, gli investimenti in ricerca e sviluppo, le azioni a favore della sostenibilità aziendale, la qualità e sicurezza dell’intera catena di fornitura.
Il puro capitalismo, come teorizzato da Friedman, fa spazio al capitalismo sociale in cui il ritorno economico non è più l’unica variabile che viene valutata dai potenziali nuovi azionisti. Questi hanno ora l’enorme potere di utilizzare il mercato azionario per spingere le aziende e i loro manager a perseguire fini nobili e socialmente utili.
Rimane tuttavia una sottile linea di ipocrisia di fronte agli annunci sociali delle tante aziende di oggi. Se sostenibilità significa anche rispetto dei lavoratori, come si giustifica che il salario di questi sia aumentato solo del 18% tra il 1978 e il 2020 a fronte di un aumento del 1322% per il salario dei CEO? (1)
È necessario rivedere il funzionamento della compensazione dei CEO legando essa al perseguimento di una serie di obiettivi di sostenibilità sociale ed economica. Il nuovo ruolo mondiale delle aziende impone di essere in prima linea nella lotta alle diseguaglianze sociali ed economiche.
Sarebbe dunque opportuno che l’era degli annunci terminasse a favore dell’era delle azioni concrete per avere una piena realizzazione della Stakeholders’ Theory di Freeman e un impatto positivo sul mondo.
1) Fonte: Economic Policy Institute, S&P 500