categoria: Res Publica
Riforma delle aliquote Irpef: questo accordo sia solo un primo passo
Post di Francesco Armillei, assistente di ricerca in pre-dottorato presso lo STICERD (London School of Economics) e socio del think-tank Tortuga –
L’accordo raggiunto sulle aliquote
I partiti di maggioranza hanno raggiunto un primo accordo relativo ad una parte dell’attesa riforma dell’imposizione fiscale. Come raccontato da diverse testate, l’accordo per il momento riguarda una riduzione del numero degli scaglioni dell’ IRPEF, che passano da 5 a 4. La fascia di reddito imponibile fino ai 15mila euro mantiene una aliquota marginale al 23%, mentre l’aliquota relativa ai redditi tra i 15 e 28mila scende dal 27% al 25%, quella relativa ai redditi tra i 28 e i 55mila diminuisce dal 38% al 35%, mentre oltre i 55mila si passa direttamente al 43% (mentre attualmente l’aliquota è al 41%, salvo poi salire al 43% sopra i 75mila euro). Il grafico sotto mostra in maniera molto semplice questi cambiamenti: in blu vediamo lo scenario attuale, in rosso lo scenario post-riforma. Le linee continue rappresentano le aliquote marginali, mentre quelle tratteggiate le aliquote medie. Astraiamo qui da ogni deduzione e detrazione, per focalizzarci solo sull’effetto del cambio della struttura delle aliquote. È evidente come vi sia una generale riduzione del carico fiscale, maggiormente concentrata tra i redditi compresi tra i 30.000 e i 70.000 mila euro (mentre il gap tra la aliquota media attuale e post-riforma è più contenuto sia sopra che sotto tali soglie).
Gli effetti della riforma
Il sistema fiscale italiano è ovviamente molto più complesso e per valutare gli effetti di una simile riforma il grafico sopra è insufficiente. Possiamo quindi ricorrere ad una microsimulazione effettuata con la piattaforma EUROMOD, che consente di simulare gli effetti complessivi di un cambio della struttura fiscale del nostro paese, tenendo conto anche di tutti gli altri aspetti del sistema (come deduzioni e detrazioni, ma anche contributi e sostegni di welfare). Il primo dato che emerge riguarda il costo della riforma. Un simile cambio di aliquote si stima abbia un costo di circa 6,7 miliardi di euro, in linea con le previsioni del governo. Tuttavia occorre qui fare una precisazione: questa cifra (e ragionevolmente anche quelle a disposizione del governo) è aggiornata a prima della pandemia. I dati che abbiamo a disposizione infatti non ci consentono ancora di effettuare previsioni affidabili sulla base della situazione fiscale degli italiani nel 2020 e nel 2021. Questo potrebbe essere un problema serio, dal momento che la pandemia ha rappresentato una fortissima fonte di squilibrio per tutto il sistema economico italiano. Una riforma delicata come quella del fisco dovrebbe poggiarsi su solide basi, ma le cifre di cui disponiamo oggi potrebbero dimostrarsi fragili fondamenta, che sgretolandosi sotto il peso della crisi pandemica rischiano di trascinare con sé tutta l’impalcatura della riforma.
Ma veniamo ora ai risultati più interessanti della microsimulazione, ovvero quelli relativi a chi beneficerà della proposta di riduzione dell’ IRPEF. Il grafico sotto mostra in blu la variazione percentuale di tasse pagate a livello di nucleo famigliare per ciascun decile di reddito, mentre in rosso viene mostrato l’aumento del reddito disponibile (sempre a livello famigliare). Risulta evidente come a beneficiare in misura maggiore del taglio proposto dai partiti siano i decili più ricchi della popolazione. Non è una sorpresa, dal momento che a essere ridotte sono le aliquote sui redditi più elevati (e che ogni aliquota, se ridotta, si ripercuote su tutti i contribuenti che hanno un reddito superiore ad un determinato scaglione, oltre a quelli che si collocano in mezzo ad esso). Le famiglie che rappresentano il 20% più povero della popolazione (sulla sinistra del grafico) sperimenteranno in media un taglio delle tasse del 0,7% e un aumento del reddito disponibile dello 0,1%: cifre irrisorie. Le famiglie che rappresentano il 20% più ricco (sulla destra del grafico), invece, avranno una riduzione media delle tasse pari al 2,7% e un conseguente aumento del reddito disponibile del 1,2%.
Un’altra cifra della simulazione cattura l’attenzione: sul totale delle risorse assorbite dalla riforma, oltre un terzo (2,2 miliardi) viene trasferito agli individui del decile più ricco, e circa un quinto (1,4 miliardi) viene assorbito dal secondo decile più ricco. Il grafico a torta sotto mostra le percentuali per gli altri decili, che vanno via via riducendosi man mano che si guarda ai decili più poveri della popolazione. Per tutti questi motivi, la microsimulazione segnala anche un leggere aumento della disuguaglianza dei redditi disponibili e una diminuzione della forza redistributiva del sistema fiscale.
La strada ancora lunga da fare
La scelta di come allocare le risorse economiche a disposizione di una società è una scelta puramente politica. I partiti, scegliendo di allocare i miliardi disponibili seguendo un simile schema riforma, perseguono uno schema redistributivo preciso, con precisi obiettivi politici. Il compito dell’analisi tecnica è quello di mostrare al decisore politico le conseguenze delle sue scelte o, in alternativa, i mezzi necessari per raggiungere determinati obiettivi politici. Ciò che preme ribadire in chiusura, tuttavia, è che sarebbe un errore ridurre la riforma fiscale al semplice ritocco delle aliquote marginali. Come anche sottolineato nel documento sulla riforma fiscale approvato dallo stesso Parlamento questa estate, il governo è chiamato ad uno sforzo più ambizioso: semplificare le procedure di adempimento tributario, razionalizzare il sistema delle deduzioni e detrazioni al momento fuori controllo, compiere scelte coraggiose sul perimetro della base imponibile oggi così frammentata. La strada da fare è ancora lunga, l’auspicio è che l’accordo sulle aliquote sia solo un primo passo.
Twitter @FArmillei