Chi ha un’idea non fa innovazione: la lezione dell’OCSE

scritto da il 08 Novembre 2021

L’innovazione coincide con l’ideazione? Sì o no? Qualche giorno fa l’annuncio da parte di Facebook di Metaverse, la piattaforma per la realtà virtuale che ci permetterà – ha spiegato il CEO Mark Zuckerberg – di «teletrasportarci al lavoro, a un concerto o a una riunione di famiglia in forma di ologramma», facendoci risparmiare tempo e preservando l’ambiente per mancati spostamenti. A seguire, poche ore dopo, Microsoft ha annunciato che renderà disponibili agli utenti spazi personalizzati e immersivi per incontrarsi durante lo svolgimento del lavoro.

È la corsa (sacrosanta) all’innovazione (e a chi la finanzia) che, da sempre, caratterizza il business. Fermiamoci a riflettere su cosa significhi innovare così da mettere nella nostra cassetta degli attrezzi alcune frecce competitive. Partiamo dalla definizione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse).

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OCSE: INNOVATORE È CHI CREA VALORE E LO PORTA SUL MERCATO

Secondo l’OECD, l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico nata nel dopoguerra e con sede a Parigi (OCSE nell’acronimo italiano), «l’innovazione è la realizzazione di nuovi (o significativamente migliorati) prodotti (siano essi beni o servizi), processi, metodi di marketing o metodi organizzativi nelle pratiche di business, nell’organizzazione del lavoro e nelle relazioni con gli attori esterni». In queste 35 parole, contenute nell’Oslo manual: guidelines for collecting and interpreting innovation data del 2005, sono enucleati i tre fattori distintivi dell’innovazione: la novità, la creazione di valore e la sua implementazione. Laddove c’è la novità, ma non la creazione di valore o la sua realizzazione pratica, non si può parlare di innovazione. Non basta, in sostanza, individuare una novità: occorre che essa apporti nuovi significati e arrivi sul mercato.

CARATTERISTICA 1 DELL’INNOVAZIONE: NOVITÀ PER CONSUMATORI E PRODUTTORI

Soffermiamoci su queste caratteristiche con l’aiuto delle riflessioni di Roberto Verganti, docente di innovation strategy alla business school del Politecnico di Milano. L’innovazione, per essere tale, deve essere portatrice di una novità: «Il concetto di novità è soggettivo – insegna Verganti –. È soggettivo, perché dipende da chi la osserva. Si possono distinguere due prospettive: quella dell’utilizzatore e quella del produttore». Ci sono innovazioni “nuove per il mercato”, che costituiscono una “novità per l’utilizzatore finale” e altre che sono “nuove per chi le produce”. Un esempio, per uscire dall’ambito della collaborazione professionale virtuale annunciata da Facebook, è quello del beverage: negli anni Cinquanta Royal Crown Cola lanciò la prima Cola dietetica, battezzata Diet Rite. «Si trattava di un’innovazione senza precedenti, “nuova per il mercato” a cui seguì nel 1964 la Diet Pepsi. In questo secondo caso non si trattava più di un’innovazione nuova per i consumatori, ma nuova per il produttore», ossia nuova per PepsiCo.

La novità, inoltre, possiede diversi gradi di intensità: può essere marginale oppure significativa. Il grado di novità – aggiunge Verganti, autore di Overcrowded: il manifesto di un nuovo modo di guardare all’innovazione – «indica la differenza rispetto a quanto l’utilizzatore usava precedentemente o la differenza rispetto a quanto il produttore faceva precedentemente. Determina, dunque, la complessità della trasformazione».

CARATTERISTICA 2 DELL’INNOVAZIONE: VALORE GENERATO

Il secondo aspetto che va considerato quando si parla di innovazione riguarda i benefici prodotti. Anche in questo caso possiamo distinguere la prospettiva dell’utilizzatore e quella del produttore: «Per l’utilizzatore – dice Verganti – il valore differenziale deriva da un miglioramento nelle prestazioni o nel poter svolgere nuove prestazioni che hanno più senso. Per il produttore il valore differenziale deriva dalla creazione di profitto e di asset strategici quale il posizionamento competitivo o il rafforzamento del brand».

 CARATTERISTICA 3 DELL’INNOVAZIONE: REALIZZAZIONE

Terza e ultima caratteristica dell’innovazione indicata dall’OCSE è la sua realizzazione. L’annuncio di un’innovazione non coincide con la sua realizzazione. A questo proposito è utile riprendere le considerazioni di Christopher Freeman, l’economista inglese, uno dei pionieri dell’economia dell’innovazione e fondatore della Science Policy Research Unit (SPRU) presso l’università di Sussex: l’innovazione – ci ha insegnato – si realizza quando essa impatta sul mercato. Non c’è innovazione, dunque, fino a quando non c’è la vendita di un prodotto o di un servizio.

OCCHI PUNTATI (E DITA INCROCIATE) SU FACEBOOK E META

Tiriamo le somme: un conto è l’ideazione, un conto è l’innovazione. Avere una bella idea, nuova per i consumatori o per i produttori, non significa essere innovativi. Solo una piccola parte delle idee arriva sul mercato. Per questa ragione gli ideatori sono tanti, mentre gli innovatori – fermo restando la definizione dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – sono pochi.

Impossibile, ex ante, dire se Metaverse sarà un’innovazione. Lo scopriremo ex post, una volta che avrà generato valore (per i consumatori e i produttori) e avrà portato l’idea della collaborazione professionale virtuale sul mercato. Non ci resta che attendere e sperare in un nuovo universo del lavoro che aiuti tutti a compiere le mansioni nel modo più efficace ed efficiente. E in una modalità sempre più collaborativa.

Twitter @filippo_poletti