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Le donne e l’obiettivo della piena parità: ecco 10 punti chiave da cui partire
Post di Azzurra Rinaldi, responsabile della School of Gender Economics e del corso di laurea in Economia del turismo all’università di Roma Unitelma Sapienza –
Nell’introdurre Hillary Clinton in un evento durante la sua corsa alle presidenziali USA del 2016, la già Segretaria di Stato Madeleine Albright disse: “There’s a special place in hell for women who don’t help each other” (ovvero “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne”). E, nel suo intervento introduttivo al Women’s Forum G20 da lei organizzato, Chiara Corazza ha aggiunto “None of us will go there” (“nessuna di noi ci andrà”).
Il G20 rappresenta i due terzi della popolazione mondiale, l’85% del PIL globale, il 75% dell’interscambio commerciale mondiale. Si tratta dei paesi più avanzati, che dovrebbero guidare con l’esempio anche sul piano della parità di genere. Ed invece sono lontanissimi dall’obiettivo dell’equità. La quota delle donne nelle posizioni di senior management nei paesi del G20 è ferma al 29% (dati 2019). In Europa, sebbene rappresentino il 52% della popolazione, le donne guidano solo il 30% delle start-up. Per le imprese femminili, l’accesso al credito rappresenta tuttora un nodo problematico: solo l’11% delle aziende che ottengono supporto finanziario tramite venture capital sono guidate da donne, percentuale che scende al 2% se consideriamo le aziende high-tech. Il problema è molto più ampio, ovviamente, se si pensa ad esempio che nel mondo, 1,3 miliardi di persone vivono in condizione di povertà e che, per il 70%, si tratta di donne. Ed il Covid ha allontanato di altri 35 anni la prospettiva del conseguimento della parità di genere, ampliando, tra le altre, anche questa disuguaglianza.
Perché il Recovery sia uno she-covery, come richiamato anche dal titolo dell’evento, è però necessario che ad impegnarsi siano sia governi nazionali che le aziende. È stata quindi molto incoraggiante, nella mattinata di apertura del Women’s Forum, la firma che che i e le 30 CEO Champions (iniziativa lanciata nel 2010 con l’obiettivo di guidare l’avanzamento delle donne nel mondo) hanno apposto sul documento “Women’s Forum CEO Champions Commitment” affinché alle donne vengano garantite le medesime opportunità degli uomini nel mondo del lavoro. Gli impegni che i CEO hanno sottoscritto riguardano: la rimozione dei pregiudizi che, anche inconsapevolmente, si tendono ad applicare nei processi di assunzione e promozione; la fissazione di obiettivi specifici di recruiting ed avanzamento per le lavoratrici; il supporto rispetto alla ritenzione ed all’avanzamento del talento femminile; la garanzia che la parità salariale a parità di mansione sia realmente messa in pratica; la misurazione, il monitoraggio e la valutazione regolare dei progressi compiuti in ciascuna delle aree appena menzionate.
Ma per raggiungere questi obiettivi, occorre partire dai dati. Ed infatti, il Women’s Forum for the Economy and Society ha condotto una ricerca attraverso un questionario somministrato a 9.500 rispondenti nei 19 Paesi del G20 (Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Regno Unito, Russia, Stati Uniti, Sud Africa, Corea del Sud e Turchia,). I risultati della ricerca sono stati riportati e commentati nel Report “Barometer on Gender Equity within the G20 countries”.
Alcuni degli esiti contenuti nella pubblicazione? Ad esempio, che l’84% delle persone intervistate ritiene che l’uguaglianza di genere sia da considerarsi come una priorità chiave e richiede sia ai governi che alle imprese di farsi protagonisti di misure forti che vadano in tale direzione. Ma anche che il 48% di loro è certo che la piena parità di genere come obiettivo mondiale non sarà mai raggiunta (interessante poi notare come questa affermazione sia vera per il 44% degli uomini e per il 51% delle donne).
Ma quali sono i passi da compiere per andare verso l’obiettivo della piena parità? Al termine della due giorni, è la stessa Chiara Corazza a presentare dieci punti chiave da cui partire, ovvero:
1. Dedicare il 3% del 15% dell’imposta globale alla parità sulle imprese, stabilita dal G20 per il 2021, per supportare la parità di genere nell’istruzione in ambito STEM;
2. Sviluppare dei programmi di formazione continua in ambito STEM rivolti alle donne, qualunque sia il settore produttivo nel quale lavorano;
3. Prevedere specifiche agevolazioni fiscali per le compagnie che implementino processi e strumenti di Intelligenza Artificiale che siano realmente inclusivi;
4. Dare vita all’International Women Climate Fund;
5. Supportare le aziende che rispettano l’eguaglianza di genere nel public procurement, attribuendo loro punteggi addizionali;
6. Allocare il 10% del bilancio sanitario nazionale alla ricerca su malattie e disturbi specifici delle donne;
7. Stabilire che sia obbligatorio a livello nazionale un gender quality index con l’obiettivo di conseguire la parità salariale ed eque opportunità di carriera
8. Adottare congedi di paternità obbligatori ed a piena retribuzione pari a due settimane, inclusi due giorni prima del parto
9. Allocare almeno il 50% delle risorse per l’assistenza allo sviluppo internazionale in progetti volti a raggiungere l’uguaglianza di genere, nel contesto di una strategia nazionale per la diplomazia femminista
10. Raggiungere almeno il 40% di rappresentanza femminile in tutti gli organi di governo pubblici e privati entro il 2030.
E, accanto a questi, numerosi gli spunti emersi durante gli interventi, tutti accomunati da profondità e prospettiva. Come quello della Direttrice ISTAT Linda Laura Sabbadini, che fissa le richieste da cui non si può prescindere: il 50% di donne nelle posizioni ai vertici, un miglioramento sia della qualità che della quantità del lavoro per le donne, l’abbassamento del carico fiscale per le piccole e medie imprese guidate da donne nell’ambito STEM, un piano per superare gli stereotipi. Anche perché, come evidenzia Alessia Mosca, Segretaria Generale Associazione Italia-Asean e già cofirmataria della legge Golfo-Mosca, grazie alle quote di genere non è solo aumentata la presenza delle donne nei Consigli di Amministrazione, ma ne è migliorata anche la qualità complessiva.
Ed è infatti necessario, come evidenziato da Giovanna Galli, Partner e Direttrice del Global Board di Spencer Stuart, che la diversità inizi ad essere trattata come una priorità nelle aziende, anche perché, ci piacciano o no, le quote sinora hanno velocizzato un processo di inclusione che altrimenti avrebbe richiesto molto più tempo (cosa che, peraltro, ci viene confermata da ampia letteratura). Il mondo ha bisogno delle donne, del loro approccio circolare anche ai meccanismi ed ai processi di produzione, della loro etica della restituzione, che fanno bene al pianeta, come evidenzia Antonella Centra, Vicepresidente e General Counseling di Gucci: “Tutte e tutti noi dovremmo dare vita ad un circolo virtuoso al cui centro non vi sia solo il prendere, ma anche il restituire”.
Il mondo ed i suoi o processi, per come li conosciamo ora, sono stati creati dagli uomini e per gli uomini, ma è arrivato il momento di cambiare e la chiave del cambiamento non può che essere l’inclusione. Perché, come ha puntualizzato Audrey Tcherkoff, Managing Director del Women’s Forum for the Economy & Society, “non vogliamo aspettare 135 anni per vedere un mondo in cui la parità di genere sia una realtà”. O, come ha sintetizzato Emma Marcegaglia: “Siamo stanche delle parole, ora vogliamo i fatti”.
Twitter @laprofrinaldi
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