categoria: Vicolo corto
Prezzi e scarsità delle materie prime, innovazione cruciale per la crescita
Post di Riccardo Sotgiu, amministratore delegato della Loson e consigliere del gruppo meccatronica di Assolombarda –
Sulla ripresa e sul sistema industriale si è abbattuta la tempesta dei prezzi. In parte prevista, una domanda sostenuta – dopo la fine dell’emergenza pandemica – sta facendo i conti con un sistema – quello dei beni energetici e delle materie prime, oltre che della logistica – dalle capacità produttive al momento inadeguate. I fattori di rischio maggiore, in grado di minare la ripresa economica, sono essenzialmente due. Il primo è rappresentato dai costi dell’energia, il secondo dalla scarsità delle materie prime. L’ultimo allarme, in ordine di tempo ha coinvolto la produzione dell’alluminio.
Queste difficoltà sistemiche impongono un cambiamento. Una svolta in grado di coinvolgere tutti i protagonisti del sistema Paese. È necessario introdurre una cultura tecnologica, ripensare la filiera di approvvigionamento fino ad innovare i processi e i prodotti che si realizzano all’interno delle fabbriche.
Solo grazie a un ecosistema innovativo, possiamo contrastare con efficienza i cigni neri, che in questi giorni assumono le sembianze dei costi e della scarsità.
Innovare significa essere competitivi, essere competitivi implica una filiera industriale resiliente ed efficiente. Un passo che l’Italia fatica a prendere con decisione e per questo il proprio sistema industriale è più fragile. La premessa al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), presentato lo scorso aprile, sostiene chiaramente che “tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nell’adottare nuove tecnologie e muoversi verso produzioni a più alto valore aggiunto”.
Se siamo consapevoli del ritardo strutturale e culturale, nello stesso tempo dobbiamo essere convinti che questi sono i tempi dove abbiamo grandi opportunità: la rivoluzione digitale, l’ innovazione.
Il nuovo palcoscenico – scolpito dalla pandemia – si presenta come un intreccio tra innovazione evolutiva (ovvero innovazione che migliora un prodotto secondo le aspettative dei clienti) e innovazione che da rivoluzionaria (innovazione rivoluzionaria inaspettata che non influisce sui mercati esistenti), diventa realtà da cogliere. Il risultato potremmo definirlo innovazione responsiva, ovvero in grado di potersi adattare ai diversi combinati che presentano le variabili, sia positive sia negative. È una definizione presa a prestito dal web, il sito “responsive” si adatta su ogni device – desktop, tablet, cellulare – e si mostra nella maniera più efficiente all’utente/lettore.
Come agisce questa innovazione “adattiva” nel sistema?
Nel caso della scarsità delle forniture, il dato oggettivo è il seguente: l’Italia e più in generale l’Europa non possono dipendere da altri Paesi per avere la disponibilità di prodotti e materiali strategici. Il caso della carenza di microchip nel settore dell’automotive è emblematico. La risposta è ripensare le politiche di delocalizzazione. Grandi player industriali si stanno già muovendo in questa direzione. Toyota, per esempio, per sopperire alla carenza (e ai prezzi più alti) del litio, sta puntando sulle batterie allo stato solido, la chimica degli ioni fluoruro che permette di raggiungere una densità teorica 7-10 volte maggiore rispetto ai livelli attuali.
L’emergenza della scarsità impone nuovi sistemi produttivi.
Per rispondere alla domanda iniziale: si passa a una localizzazione efficiente e sostenibile.
L’altro piano sul quale si dipana l’innovazione responsiva coinvolge il prodotto. Spesso è rivoluzionario – non ha un mercato ed è costoso -, poi diventa conveniente perché il prezzo scende – per cause esogene ed endogene alla produzione – e nello stesso tempo diventa efficiente, dunque conveniente utilizzarlo. La tecnologia innesca onde deflattive in grado di calmierare i prezzi.
Basta considerare gli schermi led e poi oled, sempre più efficienti che hanno abbattuto il costo dei visori. Le fibre ottiche che hanno abbattuto i costi della comunicazione e le memorie ad alta capacità, che abbattendo i costi per byte dell’informazione salvata hanno consentito la nascita di nuovi mercati (come i social).
Il settore dei compositi – nella quale opera la mia azienda – in questo momento è un esempio di come l’ innovazione sia la soluzione e il miglior investimento possibile.
Il materiale composito garantisce alle aziende l’efficienza (minori consumi energetici), una maggiore produttività e una stabilità dei prezzi e delle forniture. Il composito in fibra di carbonio ha una densità 2 volte inferiore all’alluminio e oltre 5 volte meno dell’acciaio. Di conseguenza, in un componente delle stesse dimensioni, la sostituzione dell’alluminio con fibra di carbonio ridurrà il suo peso del 50%. Minor peso significa minor consumo, maggiore produttività ed efficienza. La filiera produttiva è praticamente in Italia e in Europa, non esistono centri di produzione in Oriente o in altre aree del mondo instabili, come è successo per l’allumino dopo il colpo di Stato in Guinea. Questo significa certezza delle forniture, un problema che in questi tempi si aggira come uno spettro tra i buyer di tante aziende.
In assenza di innovazione, se non comprendiamo a fondo il suo potenziale, le imprese – e il sistema Italia – saranno sempre in balia dei fattori esogeni. Dunque, è esiziale per la crescita investire nelle opportunità della tecnologia al fine di costruire un nuovo orizzonte industriale e sociale. Occorre prenderne atto per costruire con i fatti il “patto economico, produttivo, sociale del Paese”, invocato recentemente dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, all’assemblea di Confindustria.