categoria: Res Publica
Appalti pubblici: dalla centrale di committenza alla centrale di competenza
Post di Gaetano Scognamiglio, presidente Promo PA Fondazione e Mario Messuri, general manager Jaggaer Italia e vicepresidente South Europe –
L’ultimo, in ordine di tempo, a tornare sulla questione in modo chiaro, dalle pagine del Sole 24 Ore, è stato Luigi Donato, capo del dipartimento Immobili e Appalti di Banca d’Italia: senza una riduzione e una nuova qualificazione delle stazioni appaltanti italiane il PNRR, con la sua ottima progettualità, rischia di naufragare. E dal nostro punto di osservazione, come Promo PA Fondazione e come Jaggaer – che ha tra i suoi clienti di tecnologia alcuni delle principali amministrazioni pubbliche italiane – la disamina è identica.
Perché il piano di recovery funzioni al meglio, è necessario partire da un ridisegno dell’assetto organizzativo e delle competenze delle stazioni appaltanti
Stiamo proprio in questi giorni finalizzando una nuova indagine condotta sulle PA italiane per capire come si articola la spesa pubblica a livello centrale e locale: semplificando, chi spende per comprare cosa. Il disegno che appare, utilizzando la lente dell’analisi settoriale, è alquanto frammentato ed evidenzia una serie di inefficienze che potrebbero essere almeno parzialmente risolte con uno shift mentale e organizzativo: perché la logica territoriale non basta più o comunque, nel momento in cui viriamo al digitale – per definizione ubiquo – può diventare parziale.
La proposta che portiamo avanti è quella della centrale di competenza, cioè di una centrale di committenza che focalizza le proprie competenze sulle categorie di acquisto e sulla conoscenza elevata dei mercati di riferimento. All’esperienza per settore più che ai confini geografici.
Questi ultimi 20 anni trascorsi nella trasformazione digitale del procurement ci hanno portato spesso a riflettere su quanto l’interazione metodologica Pubblico-Privato potesse in qualche modo generare un percorso virtuoso. Non è raro trovare settori privati che adottano metodologie del mondo pubblico in termini di processo di appalto; più raro è captare l’utilizzo di metodologie di organizzazione e di acquisto tipiche del privato nel contesto pubblico.
Certamente la ragione sta nella rigorosa e stringente normativa pubblica, molto approfondita nelle fasi di allocazione della spesa (la gara), meno nella disciplina di programmazione ed esecuzione del bene, servizio o lavoro acquistato, soprattutto per quanto riguarda il ricorso al digitale. Nel mondo del privato esistono 3 implacabili giudici di un acquisto: il rispetto del Conto Economico, il cliente interno ed i clienti finali, siano essi imprese o consumatori. Questo approccio ha fatto sì che nel mondo degli appalti privati la “competenza” di acquisto sopravanzasse la “procedura”, favorendo decisioni di spesa più consapevoli perché supportate da esperienze più specifiche. Senza peraltro perdere il focus su governance e tracciabilità, grazie anche al sempre più diffuso utilizzo di tecnologie di e-procurement.
La nostra ricerca prova a sondare, in ottica di possibile sinergia tra modello pubblico e privato, tutti gli aspetti della spesa pubblica post Covid: la raccolta dei fabbisogni (Lavori, Beni e Servizi), le competenze di processo, le competenze di mercato, la progettazione, la questione dei tempi dell’appalto, ed il controllo dell’esecuzione. Crediamo che la ricerca “Dalla centrale di committenza alla centrale di competenza: la fattibilità di un modello di qualificazione delle stazioni appaltanti basato sulle categorie di acquisto”, i cui esiti saranno presentati il 24 giugno in un webinar, possa rappresentare un contributo concreto alla definizione dei parametri di qualificazione delle stazioni appaltanti, da tempo allo studio, anche alla luce delle opportunità offerte dall’innovazione tecnologica, peraltro sostenute dagli investimenti sul digitale previsti dal Recovery Plan. Con la viva speranza che questo lavoro possa stimolare gli Enti Pubblici ed il Legislatore ad immaginare un sistema di acquisti che possa trarre il meglio dalle esperienze di centralizzazione esistenti e dalle metodologie virtuose del privato, orientando le stazioni appaltanti sempre più verso quell’eccellenza che il nostro Paese merita e che il governo Draghi, e l’Europa, chiedono.