categoria: Draghi e gnomi
Così la politica ha danneggiato il sistema bancario. Non in Italia, in Germania
Nei giorni scorsi la stampa ha dato grande evidenza al salvataggio di quattro banche italiane – Banca Marche, Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti – ma è passata quasi sotto silenzio la notizia dell’ennesimo salvataggio di una banca tedesca. Si tratta della HSH Nordbank che nel 2014 superò per il rotto della cuffia gli stress test della Banca Centrale Europea. Il 19 ottobre scorso la Commissione Europea ha dato il via libera all’attivazione di nuove garanzie dello Stato tedesco pari a 3 miliardi di euro che permettano una vendita o una liquidazione ordinata.
HSH Nordbank, banca di Amburgo, è specializzata nei crediti alla navigazione mercantile. La forza della Lega anseatica ha favorito la nascita di istituti dedicati. Non è superfluo ricordare con Wikipedia che:
“La Lega anseatica (dal latino medievale hanseaticus, derivato dell’alto tedesco medio Hanse «raggruppamento»), o Hansa, fu un’alleanza di città che nel tardo medioevo e fino all’inizio dell’era moderna mantenne il monopolio dei commerci su gran parte dell’Europa settentrionale e del mar Baltico. La sua fondazione viene fatta risalire al XII secolo”. Non è un caso tra gli azionisti vediamo il Comune di Amburgo insieme al Land dello Schleswig-Holstein. Già in due occasioni a partire dal 2011 la HSH Nordbank ha ricevuto sostegno sotto forma di aiuti.
Le banche tedesche nel loro insieme dal 2007 al 2013 hanno ricevuto 240 miliardi di euro di aiuti di Stato. La tanto deprecata Italia ha aiutato – con i cosiddetti Tremonti bond – alcune banche italiane con qualche miliardo di prestito (ripagato ampiamente con tassi di interesse ben remunerativi).
Non tutti sanno che gran parte del sistema bancario tedesco – dove operano 1.775 istituti – è a controllo pubblico. I politici dei singoli Länder – le regioni-stato, per capirci, che compongono la Repubblica federale – desiderano ardentemente (sehnen+dativo, in tedesco) godere dei “benefici privati del controllo”. A fronte della forza del sistema manifatturiero tedesco, abbiamo assistito negli ultimi 10 anni alla débâcle del sistema bancario tedesco.
Con ordine:
– Nel 2001 Dresdner Bank viene acquisita dal colosso assicurativo Allianz;
– Nel settembre 2008 Dresdner Bank – il cui modello bancario-assicurativo non funziona -viene acquisita dalla fragile Commerzbank; due debolezze non possono fare una forza;
– Nel 2009 Commerzbank è costretta a chiedere agli azionisti 18 miliardi per effettuare un aumento di capitale. Nell’istituto tedesco acquisì una partecipazione del 10% Generali, costretta a svalutare anni dopo per il 70%;
– Su WestLB ci affidiamo a Wikipedia: “WestLB AG – derived from Westdeutsche Landesbank, i.e. Western German state Bank – was a European commercial bank based in Düsseldorf in Germany which was partly owned by the German state of North Rhine-Westphalia. German state banks are a group of state owned banks unique to Germany. They are regionally organised and their business is predominantly wholesale banking. As of 30 June 2012 WestLB was downsized and Portigon Financial Services AG became the legal successor of WestLB”. Traduzione: WestLB, fiaccata da operazioni di finanza strutturata molto aggressive, scompare.
– Nel 2006 HypoVereinsbank, sesta istituzione finanziaria tedesca, viene acquisita da Unicredit, che non fa certo un buon affare;
– In Europa le banche tedesche sono state tra le più toccate dalla crisi con circa il 40 per cento delle perdite della zona euro nel periodo 2007–2009. Come ha scritto Salvatore Bragantini, gli istituti teutonici si sono “fatti uccellare” (espressione amata dal compianto e indimenticato maestro del giornalismo sportivo Giuànn Brera) dalle investment bank statunitensi. Il sistema bancario è riuscito a recuperare grazie all’intervento del Governo, che da una parte ha gestito i salvataggi di alcuni istituti e dall’altra è riuscito a manovrare a Bruxelles la partita delle ristrutturazioni finanziarie dei paesi in difficoltà – Grecia in primis – riuscendo a proteggere gli istituti nazionali.
– Il 6 ottobre scorso escono i risultati di Deutsche Bank, che evidenziano perdite nel trimestre pari a 6,2 miliardi di euro. Nel giugno scorso su queste colonne, DB veniva definito “gigante malato”.
A fronte di quessta carrellata negativa, ci si chiede quali potrebbero essere le determinanti del mancato funzionamento del banking germanico. Ne ipotizziamo tre:
1) L’assenza di una politica coloniale da parte dei tedeschi, al contrario di inglesi, francesi, olandesi e spagnoli; avere colonie ha irrobustito il merchant banking – le banche d’affari – e la capacità di capire la bontà delle operazioni/interlocutori;
2) I tedeschi sono ossessionati dai processi, che sono funzionali ed efficaci nel mondo dei beni, mentre possono ingessare il funzionamento nel business dei servizi, dove le codifiche e i manuali sono sì necessari, ma non sufficienti;
3) Il protezionismo di Stato per anni ha impedito all’Unione Europea di bloccare la garanzia di Berlino sulle Landesbanken. Il basso costo del funding risultante dalla garanzia statale ha incentivato il moral hazard e le operazioni in derivati, fonte di perdite immense. Mario Monti, allora Commissario UE alla Concorrenza riuscì a mettere sotto accusa Microsoft ma non riuscì a scalfire questa vera e propria concorrenza sleale.
Una cosa è chiara. Ci vorrebbe Raffaele Mattioli per il sistema bancario tedesco. Il miglior banchiere italiano del Dopoguerra credeva nella politica di formazione continua. Oggi la definiamo life long learning. Nel caso tedesco bisognerebbe ripartire da scratch, dalle basi, back to basic.
Twitter @beniapiccone