categoria: Res Publica
Salute e sicurezza sul lavoro: ogni euro investito ne genera due
Il 28 Aprile si celebra la Giornata della salute e della sicurezza sul lavoro (SLL), l’occasione per ricordare che coniugare il diritto al lavoro e anche alla salute è una priorità sociale ed un imperativo civile. L’Italia ottiene buoni risultati in proposito ma può fare di più verso l’obiettivo Zero Infortuni, anche cogliendo spunti dai progetti attivati in Europa e partendo dai propri primati.
Sicurezza sul lavoro: la situazione italiana in 4 grafici
L’analisi della serie di infortuni anche mortali nell’ultimo quinquennio ante Covid-19 (nel 2020 la pandemia con la profusione di lockdown e smart-working ha comportato dati non direttamente confrontabili con il periodo pregresso) mostra un effettivo miglioramento italiano in tema di sicurezza sul lavoro (rilevazioni Inail). Si registra infatti un calo del 5,1 per cento negli infortuni e -aspetto ancora più importante- una riduzione nel numero di morti sul lavoro di quasi un quarto. I dati mostrano anche che gli interventi in favore della promozione della salute andrebbero focalizzati soprattutto sul posto di lavoro (in percentuale i casi avversi in itinere sono molto contenuti).
Vi sono poi anche qui delle disparità di genere, che però in questo caso sono a sfavore degli uomini (soprattutto per quanto riguarda la mortalità che in oltre il 90 per cento dei casi interessa i lavoratori). Per quanto riguarda gli effetti pandemici si nota, invece, una maggiore esposizione femminile al contagio (solo un terzo dei casi registrati riguardano gli uomini) che è spiegabile con la maggior presenza di donne nei settori di cura.
Italia al pari di Norvegia, Svezia e Finlandia
Se i dati nazionali mostrano che l’approccio italiano alla promozione di ambienti di lavoro sicuri è sostanzialmente efficace, è interessante sottolineare anche un primato nazionale che emerge a livello europeo ovvero il coinvolgimento delle parti interessate in tema di sicurezza sul lavoro. I dipendenti italiani risultano infatti chiamati a partecipare all’elaborazione di misure a seguito di valutazione dei rischi nel 90 per cento dei casi, una percentuale che colloca l’Italia al pari di Norvegia, Svezia e Finlandia, quando invece in Francia, Spagna e Portogallo la percentuale di lavoratori che non viene “praticamente mai” coinvolta raggiunge anche il 35 per cento (dati indagine Esener 2019).
La propensione a logiche collaborative è un buon vettore per assicurare una completezza degli interventi grazie ad una visione a tutto tondo e alla convergenza di diversi punti di vista (Besana, 2018 e Minghetti, 2013) e potrebbe essere proprio il trigger per raggiungere l’obiettivo sfidante di Zero infortuni, visto che la motivazione e l’attenzione sul posto di lavoro è positivamente correlata al senso di controllo dell’incarico e dell’attività che si è chiamati a svolgere (Ariely, 2016).
Idee dagli altri Paesi Europei
Per trarre utili spunti di attivazione in risposta a specifici rischi professionali (come la compromissione muscolo-scheletrica) si può anche volgere lo sguardo a quanto succede in Europa.
Da una rassegna di casi di studio dell’Agenzia europea per le sicurezza e la salute sul lavoro risulta ad esempio che in Francia il programma TMS Pros co-finanzia (fino al 70 per cento dei costi) le imprese di meno di 50 dipendenti che avviano progetti interni di prevenzione (studi e piani di azione) e gestione (acquisto e mantenimento di attrezzature specifiche) e dimostrano di riuscire così a ridurre l’assenza dal posto di lavoro. L’ipotesi di co-finanziamento è una buona soluzione per le PMI che a causa delle ridotte dimensioni possono affrontare limiti economici o difficoltà nell’accesso a figure professionali esperte.
Per prevenire l’uscita precoce dal mondo del lavoro, in Finlandia e in Danimarca invece si realizzano corsi di riabilitazione medica orientata alle specificità lavorative, allo scopo di attivare cambiamenti nelle tecniche di lavoro e anche nella capacità fisica-muscolare, grazie a consulenze medico-fisioterapiche.
Con programmi di intervento precoce di questo tipo, in Spagna a seguito del progetto Fit to Work si è registrata una riduzione dei giorni di malattia pari al 40 per cento, una diminuzione dell’utilizzo delle risorse sanitarie del 45 per cento e un dimezzamento dei tassi di invalidità permanente.
Essenziali la parità di genere e la promozione in giovane età
A sostegno dell’evidenza che un approccio neutro al problema sia controproducente rispetto agli obiettivi di salute e sicurezza sul lavoro (Conti e Ninci, 2011), l’Autorità svedese per l’ambiente di lavoro realizza ispezioni sulla parità di genere, in cui promuove una riflessione sui motivi degli eventuali scostamenti tra i numeri dell’assenza dal lavoro per motivi di salute tra lavoratori e lavoratrici.In uno dei casi aziendali analizzati (una fabbrica di lavorazione del pesce), si è rilevato ad esempio un miglioramento della salute e anche della redditività organizzando il lavoro in modo paritario, piuttosto che attribuendo le funzioni di spostamento carichi e di guida dei carrelli sollevatori ai soli lavoratori e la linea di produzione alle sole lavoratrici.
Affinché i lavoratori siano preparati e attenti, è anche utile sensibilizzare dalla giovane età la prevenzione e la promozione della salute muscolo-scheletrica, e ad esempio in Germania con l’iniziativa Das bewegte Klassenzimmer (l’aula in movimento) avviata dal gruppo di lavoro federale per la promozione della postura e del movimento nelle scuole elementari, si promuove proprio un modello di apprendimento anche associabile al movimento, con soluzioni di sedute dinamiche, compiti pensati per integrare il movimento allo studio e pause in movimento da integrate nei programmi di insegnamento.
Investire in sicurezza sul lavoro è un affare
Oltre a costituire un adempimento degli obblighi normativi e un mezzo per migliorare l’immagine aziendale, gli investimenti in sicurezza sul lavoro sono un esercizio di efficienza per le imprese perché consentono di abbattere il numero di assenze, promuovere la permanenza sul lavoro per un numero maggiore di anni e migliorare la produttività.
A causa delle malattie professionali, in Europa si registrano perdite pari a 500 milioni di euro e, in Italia, ogni malattia professionale ha un costo di oltre 200 mila euro (stime dell’Agenzia europea per la sicurezza sul lavoro). Questi numeri dovrebbero far riflettere sui costi opportunità, come pure può aiutare ricordare in estrema sintesi che il ROP (return on prevention), la misura il ritorno dell’investimento in sicurezza e prevenzione da malattie e infortuni, è pari 2,2: ovvero ogni euro speso in SSL genera un valore più che doppio (analisi e-Labo su dati DGUV e EU-OSHA).