categoria: Draghi e gnomi
Quali sono i tre motivi che hanno fatto crollare l’hedge fund Archegos?
Ha fatto molto scalpore sui mercati la notizia del crollo del hedge fund Archegos Capital Management di Sung Kook Hwang, detto Bill, ex fondatore di Tiger Asia a Hong Kong e già condannato per insider trading dalla SEC americana nel 2012.
Il fondo hedge di Hwang, un family office, presentava un attivo di 10 miliardi di dollari USA in asset con una esposizione complessiva al mercato di oltre 50 miliardi, derivante da un’estrema assunzione di leva resa possibile dal financing di banche di investimento e prime broker di Wall Street come Goldman Sachs e Morgan Stanley.
La strategia del fondo era molto semplice, fare poche scommesse su singoli titoli, dunque con posizioni estremamente concentrate, costruite tramite strumenti derivati fortemente a leva. Questo prima di tutto pone in luce uno dei principali elementi di rischio che è proprio la mancanza di trasparenza per queste tipologie di operazioni.
In particolare, il Gordon Gekko dell’Asia aveva investito nei titoli Viacom Cbs e Discovery Inc. facendo crescere notevolmente le loro quotazioni nonostante un mercato in generale non favorevole. Tuttavia, neanche Gordon Gekko riesce ad andare contro il mercato. L’andamento negativo delle società in cui Archegos aveva puntato ha determinato un effetto devastante in termini di margin call richiesti da parte dei prime broker esposti con il fondo. Questi ultimi, per tutelare il proprio rischio controparte hanno liquidato i titoli delle società che erano state poste a copertura della posizione in leva del fondo.
Come conseguenza si è registrato un effetto dirompente sul mercato in quanto le posizioni liquidate rappresentavano circa il 10% del circolante. Il continuo aggravarsi del calo dei titoli ha poi fatto scattare ulteriori vendite di altri fondi causando un «fire sale» generale a danno dei singoli risparmiatori che hanno visto crollare in un giorno le quotazioni del 27%.
Inoltre, sono state coinvolte anche banche di investimento come Nomura che stima una possibile perdita di circa 2 miliardi di dollari oltre a Credit Suisse che rileva un impatto «molto significativo e materiale» sui propri economics.
Le conseguenze, insomma, non impattano solo il fondo che ha generato questo failure ma tutto il mercato.
Le conseguenze, insomma, non impattano solo il fondo che ha generato questo failure ma tutto il mercato. Il danno collaterale subito da chi deteneva i titoli, crollati da un giorno all’altro, rappresenta un ulteriore elemento di come questo crollo sia davvero un catastrofico esempio di mancanza di risk management. Proprio perché è con il Risk Management che si cerca di evitare queste situazioni.
Il Risk Management è una disciplina professionale in continua evoluzione sia in termini di strumenti a disposizione sia in termini di procedure e processi. Il merito di aver dato la spinta iniziale per la diffusione della cultura del rischio, formalizzata nei diversi accordi di Basilea, sicuramente è da attribuirsi al Regulator. È però lecito chiedersi se questo ennesimo disastro finanziario potesse essere evitato.
Certamente il progressivo inasprirsi dei capital requirements per le banche ha reso molto costoso fare lending ai fondi hedge ma ha come altra faccia della medaglia la creazione di un oligopolio di poche istituzioni finanziarie presenti sul business. Il dilemma che sorge è quello di individuare la migliore soluzione per tutelare i risparmiatori e quindi la stabilità finanziaria dei mercati.
Il fondo hedge di Hwang ha assunto rischi senza gestirli con alte concentrazioni unite da una forte leva. Dove era il risk manager?
D’altra parte, la mancanza di trasparenza e credere che si possa tutelare il risparmio lasciando l’onere ai prime broker di mitigare i propri rischi, cosa che hanno fatto con grossi margin call, non pare aver funzionato.
Generalmente, le posizioni rilevanti (almeno il 5%) in società quotate devono essere comunicate al mercato, questo non pare essersi verificato nel caso di Hwang perché la reale posizione era coperta da una struttura di equity swap utilizzati per costruire l’ingente scommessa su una singola società.
Insomma, investire maggiormente sul risk management, sia a livello di veicoli di investimento (fondi, family office, ecc.) sia a livello sistemico – per la stabilità finanziaria, appare ancora una volta una priorità che non possiamo disattendere.
Twitter: @pasqualemerella