Volontariato d’impresa: ossimoro o opportunità per tutti?

scritto da il 01 Marzo 2021

Post di Eleonora Maglia, giornalista. Eleonora svolge attività di ricerca e pubblicazione per il Centro di documentazione Luigi Einaudi di Torino –

L’insieme dei progetti con cui le aziende supportano in prima persona le Organizzazioni no profit o le comunità locali, attraverso donazioni in denaro o donazioni di beni oppure donazione di tempo e di competenze dei propri collaboratori, prende il nome di Volontariato d’Impresa, che in sé pare un ossimoro: possono le aziende, storicamente intese come strutture orientate al mero profitto, occuparsi di altro da sé e, per di più, in logica di gratuità?

Sì. Secondo le rilevazioni sul tema anche in Italia sono effettivamente presenti alcune sperimentazioni di questo tipo. Dall’analisi di un campione di aziende italiane di diverse dimensioni, rappresentative di oltre il 9% del PIL e di 255.000 dipendenti (Fondazione Sodalitas, 2019), risulta ad esempio che oltre la metà promuove attività di Volontariato d’Impresa in modo consolidato (da almeno 3-4 anni nel 70 per cento dei casi), soprattutto a favore dell’ambiente (44 per cento dei casi).

I progetti sono gestiti prioritariamente dalla funzione Corporate Social Responsibility (38 per cento dei casi) e dalla funzione Risorse umane (21 per cento dei casi), ma sono anche i dipendenti stessi e le Organizzazioni non-profit a proporre e stimolare le iniziative di Volontariato d’impresa (27 per cento dei casi). Nelle singoli fasi, prevale il ruolo delle Organizzazioni non-profit per la progettazione (56 per cento) e delle imprese nell’attuazione (50 per cento) e nella valutazione (67 per cento).

I target perseguiti con i progetti di Volontariato d’Impresa sono molteplici (infanzia, giovani, persone con disabilità o in condizione di fragilità materiale) per i quali le aziende mettono a perlopiù a disposizione tempo retribuito (questa è la modalità utilizzata nell’86 per cento dei casi), ma forniscono anche risorse economiche (65 per cento dei casi), prodotti (51 per cento) o spazi e strutture (34 per cento). Tra le formule utilizzate prevale il Volontariato in team (59 per cento dei casi), il Volontariato di competenza occasionale (44 per cento) e il Volontariato per svolgere attività di fundraising (30 per cento).

In alcuni casi, il progetto di Volontariato d’impresa viene stimolato direttamente dall’Organizzazione non-profit (31 per cento), perlopiù per opera del Corporate Fundraiser (27 per cento dei casi), soprattutto quando vi sia bisogno immediato per realizzare un’attività operativa specifica. Se poi l’Organizzazione riesce a sensibilizzare l’impresa creando un rapporto duraturo, le collaborazioni proseguono per ulteriori iniziative (38 per cento dei casi analizzati). Quale che sia l’innesco e la formula utilizzata, il risultato ampiamente riconosciuto dai rispondenti alla ricerca consiste in un miglioramento del radicamento territoriale (27%) e nell’avvio di rapporti continuativi con gli stakeholder locali (come Pubbliche amministrazioni e Università).

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I benefici di tutto ciò si estendono ad un gran numero di soggetti. I vantaggi per le imprese consistono in una maggiore motivazione e fidelizzazione del personale, minore conflittualità nelle relazioni industriali, accresciuto consenso e visibilità presso la comunità locale. Inoltre, sviluppando reti nel territorio in cui operano, le aziende si differenziano rispetto ai concorrenti e investono in reputazione, aumentando così il proprio valore. Cooperando con imprese for profit, invece, le Organizzazioni sociali hanno l’opportunità di promuovere e diffondere la propria mission in contesti differenti da quelli abituali. In più ottengono maggiori risorse, competenze e persone per realizzare il proprio scopo con maggior successo. Inoltre, nelle comunità oggetto di interventi di Volontariato d’impresa, migliorano la qualità della vita e i servizi sanitari ed educativi; l’economia e la cultura si sviluppano e le relazioni sociali si stabilizzano.

All’interno di questo orientamento virtuoso, gli impatti della pandemia come è noto hanno interessato molti comparti (secondo le rilevazioni Istat soltanto tra marzo e aprile 2020, 4 imprese su 10 hanno registrato un calo del fatturato di oltre il 50 per cento), tra cui anche il Terzo Settore (solo in Lombardia la Fondazione Cariplo stima per il 2020 una perdita media per organizzazione di circa 30mila euro e, per l’intero settore, di 1 miliardo di euro), con rischi elevati di continuità operativa e conseguenti danno per gli utenti e gli operatori (fino ad un quarto potrebbero non essere confermati nell’incarico). A fronte di una mobilitazione generale per re-inventare il modo in cui svolgere le attività quotidiane, anche il Volontariato d’Impresa può essere ri-orientato in logica virtuale (formula che assicura maggiore accessibilità, inclusione, abbattimento delle barriere e flessibilità), dando così modo alle imprese di sostenere la società donando competenze o tempo per assicurare che alle Organizzazioni non-profit una continuità di servizio. Da una rassegna di case histories sul tema (Sodalitas, 2020), si ricavano una serie di consigli per le imprese interessate, da cui emerge ad esempio l’importanza di [1] selezionare piattaforme adeguate alle proprie esigenze (sull’esperienza di Coca-Cola HBC Italia), [2] attivare interventi centrati, concreti e contestualizzati (KPMG) e [3] assecondare la creatività dei volontari (SNAM- Fondazione SNAM).