categoria: Distruzione creativa
Dal FinTech alla finanza integrata, ecco un altro effetto della pandemia
Post di Matteo Tarroni, co-founder e ceo di Workinvoice –
Il FinTech italiano è ufficialmente entrato nella sua fase due. Oggi, le corporate e le istituzioni finanziarie vogliono integrare le tecnologie digitali nell’offerta ai loro clienti. Un’evoluzione attesa, in parte accelerata dalle misure di contenimento della pandemia. Un’ibridazione inevitabile: dopo 6 anni di crescita e raffinamento, alcune FinTech italiane hanno ormai un patrimonio tecnologico difficilmente replicabile, una notevole mole di dati, e sono pronte a raggiungere nuovi segmenti di mercato.
Un’evoluzione resa possibile da una convergenza di eventi che hanno trasformato il mondo dei servizi finanziari, così come quando nel 2008 si realizzò la “tempesta perfetta” che portò alla creazione della finanza alternativa. Allora le cause del Big Bang furono la crisi finanziaria, la diffusione della tecnologia cloud, e l’introduzione sul mercato di nuovi device, a cominciare dagli smartphone.
Nel 2020 i fattori scatenanti l’evoluzione verso l’embedded finance (finanza integrata, incorporata nell’offerta di terze parti) sono in primis la PSD2, la direttiva europea sui pagamenti digitali che permette ai clienti di decidere a chi dare accesso alle informazioni del conto corrente; l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria e l’open banking, un modello bancario aperto a operatori esterni al sistema.
Le caratteristiche che stanno alla base di questa evoluzione del FinTech sono essenzialmente tre. La prima è la pervasività: grazie ad una tecnologia flessibile, oggi aziende e banche possono incorporare servizi FinTech, per ottenere profitti aggiuntivi capitalizzando la fedeltà della propria base di clienti, o per assecondare la richiesta sempre più insistente di operare su canali digitali. È in questa direzione che sta andando un player come Enel X – la business line globale del Gruppo Enel – che ha appena lanciato un progetto insieme a diverse FinTech, tra cui Workinvoice. La ratio è che aziende e banche vorranno sempre più erogare servizi nativamente digitali: perché digitalizzare un servizio esistente non è neanche lontanamente efficace come adottarne uno che nasce già digitale.
La seconda caratteristica è l’ibridazione di tre poli: il brand, che sia la banca o la big corp che ha la base di clientela; gli sviluppatori di processi e tecnologie, ovvero il FinTech; e i soggetti dotati di licenze per operare nel circuito dei pagamenti, non riservati al sistema bancario. Va da sé che se tutto ciò è possibile oggi (e non ieri) è perché al fulcro c’è sempre la tecnologia, che permette di fondare una impresa in assenza di asset fisici.
La terza caratteristica, quella che chiude il cerchio, è sintetizzata nel concetto di marketplace digitale: qualsiasi processo caratterizzato da uno scambio bilaterale può diventare un mercato online in cui due o più parti comprano e vendono qualcosa. Ad esempio, il primo marketplace creato da Workinvoice nel 2015 riguarda i crediti commerciali, ma oggi abbiamo aperto la strada allo scambio dei crediti fiscali che si maturano con il Superbonus 110% per l’efficientamento energetico.
Sarà interessante verificare sul campo i vari sviluppi dell’Embedded Finance in uno dei mercati storicamente più bloccati intorno al monopolio del sistema bancario, in cui tuttavia 3 mesi di lockdown hanno drasticamente incrementato la consapevolezza delle necessità del cliente.
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