categoria: Vicolo corto
Sei validi motivi per cui lavorare in presenza ha ancora il suo perché
L’autore del post è Luca Bianchetti. Laureato in ingegneria e psicologia, ha un MBA. Ha fatto il consulente direzionale con società multinazionali, si è occupato di molti progetti di trasformazione e di ridisegno dei processi.
Tutti pensiamo che il rapporto in presenza sia più ricco di quello a distanza. Cerchiamo in qualche modo di recuperare alcuni elementi che perdiamo, abbiamo imparato ad adattare i nostri rapporti alle modalità a distanza, possiamo migliorare ancora, ma certi aspetti sembrano esclusivi del contatto diretto. In diverse occasioni in video si genera una situazione di maggiore focalizzazione ed efficienza, ma spesso avvertiamo una sensazione di straniamento e soprattutto spesso, dopo che abbiamo terminato i collegamenti, ci domandiamo cosa ci stiamo perdendo.
Gli elementi che perdiamo sono veramente importanti? E se sì, perché? Rispetto a quali esigenze? Esiste un modo per riprodurli, magari in forma concentrata, nel tempo che prima o poi passeremo insieme?
La maggior parte delle aziende si sta orientando per l’estensione delle modalità di lavoro a distanza quando sarà finita l’emergenza, mantenendo una quota di presenza in sede e lasciando gradi variabili di libertà di scelta agli impiegati. Vodafone, azienda certamente rappresentativa delle tendenze più avanzate, ha recentemente firmato un accordo sindacale con la quota di lavoro a distanza del 60% su base mensile per tutti gli impiegati, tranne gli operatori dei contact center cha avranno l’80%. Altre aziende hanno preso decisioni simili e altre seguiranno. Come e per cosa sarà più conveniente utilizzare quella presenza, che sarà in generale decisamente minore di quella attuale? Come sarà meglio regolare la compresenza tra le persone che interagiscono abitualmente, ancora più ridotta a causa della flessibilità di scelta di ognuno?
Per affrontare la questione dobbiamo innanzitutto riconoscere quali elementi della relazione esistono solo in presenza.
Disponibilità degli altri
La mera presenza genera di per sé conoscenza e consuetudine, come testimoniano la storie di chi sposa un vicino di casa. Consente di sperimentare l’accessibilità degli altri e di iniziare il contatto, per ottenere indicazioni e informazioni implicite ed esplicite. La presenza mette potenzialmente in relazione con tutte le persone in prossimità, senza bisogno di predisporre nulla. Banalmente, la presenza contemporanea è di per sé un’occasione di interazione spontanea non formalizzata che mette in relazione e moltiplica il passaggio di informazioni e l’apprendimento.
Osservare gli altri
Il contatto diretto con gli altri abilita l’apprendimento per modellamento, cioè guardare come fanno gli altri, che è la modalità con cui apprendiamo la maggior parte della cose che sappiamo e, soprattutto, che sappiamo fare. Inoltre consente di osservare le esperienze degli altri e quindi di comprendere il funzionamento delle relazioni all’interno dell’organizzazione, in definitiva di leggere il contesto e le intenzioni. Questo meccanismo di intersoggettività è ciò che rende comuni le interpretazioni dentro l’organizzazione e costituisce la base del clima organizzativo e della cultura aziendale. Le modalità a distanza eliminano quasi del tutto l’osservazione degli altri, limitandola alle relazioni in cui si è direttamente coinvolti e ad un contesto sempre formale e predisposto.
Sincronia/contagio emotivo
Molti o tutti gli elementi che caratterizzano il funzionamento del gruppo di base, inteso come le dinamiche naturali del gruppo sottostanti a quelle finalizzate all’attività e agli scopi espliciti del lavoro, funzionano in modo inconscio. Non sono completamente soppressi dalla modalità a distanza ma sono ridotti e soprattutto filtrati e distorti. Il coinvolgimento, la motivazione e, di conseguenza, la mobilitazione delle proprie risorse emotive e la soddisfazione, risultano fortemente penalizzati, soprattutto nei gruppi costituiti a distanza non già prima esistenti e collaudati.
Trasferimento inconsapevole di informazioni
La frequentazione casuale e l’osservazione di eventi inattesi forniscono il materiale per i salti di conoscenza che stanno alla base dell’arricchimento e dell’innovazione, anche quella minima. La disseminazione di informazioni e la possibilità di fungere da stimolo per altri è pressoché azzerata dalle modalità a distanza, che sono quasi sempre fortemente finalizzate.
Esercizio della leadership
Due aspetti dell’azione di guida sono particolarmente penalizzati dalla relazione a distanza: la capacità di comprendere le necessità delle persone di essere aiutate e l’affidabilità dei messaggi che vengono scambiati, fortemente legate a comunicazioni non verbali o triangolate, e l’efficacia degli elementi ispirazionali e carismatici della leadership.
Mentalizzazione/Empatia
La mancanza della gran parte degli elementi non verbali della comunicazione limita la capacità di comprendere gli stati emotivi degli altri e porta diverse conseguenze, dalla maggiore cautela, al possibile scompenso emotivo, al franco fraintendimento. Risultano fortemente penalizzate le dinamiche di attaccamento, cioè di esercizio dell’autonomia e di accettazione/affidamento della delega, così come la possibilità che il conflitto emerga e sia affrontato adeguatamente.
Le aziende dovranno dare supporto ai loro gruppi con professionisti dedicati, che aiutino i singoli gestori di risorse, fino al livello intermedio, a comprendere quali elementi della relazione sono più importanti per loro e più sacrificati dalla condizione in cui si trovano. Insieme dovranno organizzare il lavoro in presenza per rispondere al meglio, oltre che alle esigenze dell’operatività, del miglioramento e dell’innovazione, anche al bisogno di valorizzare gli elementi essenziali della relazione in presenza.
Come ci capita di sperimentare alcune volte nella vita, talora anche in modo traumatico, è solo quando ci viene a mancare qualcosa che ne comprendiamo l’importanza. Non è detto quindi che questa scoperta non ci porti a beneficiare della presenza più di prima, quando ne avevamo in abbondanza.
Oltre all’organizzazione del lavoro, cioè attività, obiettivi, metodologie, consegne e composizione dei gruppi e dei responsabili, si potranno prevedere degli interventi finalizzati, condotti da professionisti dedicati, per riprodurre e concentrare l’azione positiva dell’interazione diretta, in un percorso parallelo e interconnesso all’attività ordinaria dei gruppi. Una versione continuativa e integrata con l’attività reale degli eventi formativi più tradizionali, destinati a migliorare il funzionamento dei team e a favorire il consolidamento di base dei gruppi.
La scala di questi interventi dovrà essere più ampia di quella tradizionale in termini di esposizione delle persone dell’azienda, ma piuttosto ridotta in termini di numero di partecipanti ai singoli eventi, per preservare le dinamiche del gruppo di lavoro.
Questa filosofia di intervento conferma la transizione in atto dentro l’organizzazione dei ruoli a contenuto psicologico, verso la loro progressiva incorporazione nei processi costitutivi dell’azienda. Dalla visione psicotecnica degli anni ’50-’60, a quella formativa/orientativa, faticosamente introdotta e sviluppata fino alla fine degli anni ’90 e poi gradualmente degradata nella ritualizzazione e nella banalizzazione. A quella esperienziale e del coaching affermatasi negli ultimi 15 anni, al modello di riferimento di questa epoca: l’organizzazione agile, con l’inclusione più stabile degli agenti di stampo psicologico nei gruppi di lavoro, l’affermazione di leader abilitatori, influenzatori e testimoni di valori e il coinvolgimento strutturale nei team, anche come dipendenti dell’azienda, di metodologi con autorevolezza da gestori sotto diverse etichette, tra cui agile coach.
Twitter @lbianchetti